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80° - Battaglia di Berlino

L'ultima grande offensiva del teatro europeo della Seconda Guerra Mondiale la sconfitta definitiva della Germania nazista. Il 16 aprile 1945 iniziava la Battaglia di Berlino tra le truppe naziste e l'Armata Rossa per espugnare Berlino, capitale tedesca ormai accerchiata. La battaglia, dopo il suicidio di Adolf Hitler, si concluderà con la resa incondizionata della Germania e la fine del conflitto in Europa.

La battaglia di Berlino, durata dal 16 aprile al 2 maggio 1945, fu l'ultimo scontro del teatro europeo della Seconda Guerra Mondiale. Segnò il definitivo crollo del regime nazista, con la morte o l'arresto di tutti i principali gerarchi, con oltre 800mila morti


La Wehrmacht tedesca, sotto gli ordini di Hitler, pur stretta a tenaglia su tre fronti dopo gli sbarchi in Italia e in Normandia e l'avanzata sovietica a ovest, non si era attestata su una pura resistenza ma si era lanciata in una serie di controffensive disperate a partire da gennaio 1945. L'Operazione Northwind veniva lanciata in Alsazia, la Konrad nel settore di Budapest assediato dall'Armata Rossa e la Bondeplatte nei cieli del fronte occidentale contro le soverchianti forze aeree degli Alleati si conclusero tutte con sanguinosi fallimenti, accelerando la disfatta tedesca.
Era in particolare a est che la situazione era particolarmente critica: le armate sovietiche avevano in pochi mesi raggiunto il fiume Oder a soli 80 km da Berlino. Hitler e i suoi ultimi generali erano però riusciti ancora una volta a ricostituire un fronte solido e a impegnare le truppe sovietiche in logoranti combattimenti nei Paesi baltici, Prussia Orientale, Pomerania e Ungheria. 
Stalin, di fronte alla crescente resistenza delle residue truppe tedesche, all'indebolimento delle sue forze dopo la rapidissima avanzata meccanizzata per oltre 500 km e ai pericoli di uno stallo proprio di fronte alla capitale tedesca che avrebbe potuto ridurre il suo vantaggio mentre erano in corso le difficili trattative diplomatiche con le potenze occidentali dopo la Conferenza di Jalta, aveva preferito rinunciare a un attacco immediato a Berlino e organizzare preliminarmente la distruzione delle forze nemiche ancora asserragliate sui fianchi del cuneo principale dell'Armata Rossa giunto sull'Oder.
All'inizio di marzo 1945, mentre l'Armata Rossa era impegnata in sfibranti e sanguinosi combattimenti per distruggere le ingenti forze tedesche ancora in azione in Pomerania, Slesia e Prussia orientale, la situazione strategico/militare ebbe una improvvisa svolta decisiva sul fronte occidentale, dove le difese della Wehrmacht, di fronte alla schiacciante superiorità delle armate del generale Dwight Eisenhower, apparivano vicine al crollo definitivo. Il 7 marzo 1945, mentre le armate alleate completavano l'occupazione della Renania e del Palatinato, alcuni reparti corazzati americani riuscirono con un'audace avanzata a sorpresa a conquistare intatto l'importantissimo ponte sul Reno a Remagen e a costituire una decisiva testa di ponte a est del grande fiume che, progressivamente rafforzata, permise alle unità americane di estendere rapidamente la loro avanzata in Germania occidentale. Le residue forze tedesche all'ovest, molto indebolite e prive di rinforzi, vennero in gran parte accerchiate o disperse entro la prima settimana di aprile. 
Le colonne corazzate americane avanzarono quasi liberamente verso la linea del fiume Elba, mentre un sempre maggior numero di soldati tedeschi cedeva le armi. Il 19 marzo 1945 Hitler diramò la sua direttiva sulla "terra bruciata" (conosciuta anche come "ordine di Nerone") con cui ordinava la distruzione di tutti gli impianti produttivi, delle installazioni, degli stabilimenti e delle vie di comunicazione sullo stesso territorio tedesco, per ostacolare in ogni modo l'avanzata nemica. I suoi ordini tuttavia in pratica non vennero eseguiti; il ministro degli armamenti Albert Speer si impegnò personalmente a impedire le distruzioni previste dalla direttiva di Hitler, mentre le massime autorità militari della Wehrmacht e lo stesso Heinrich Himmler iniziarono a ipotizzare di cedere le armi sul fronte occidentale per rafforzare invece la resistenza contro la più temuta invasione dell'Armata Rossa, che minacciava direttamente Berlino.
Le notizie del crollo del Fronte occidentale tedesco e le informazioni dei servizi segreti sulle ambigue manovre in corso da alcune settimane in Svizzera tra agenti dei servizi segreti americani e il Generale delle SS Karl Wolff, dirette a favorire una fine dei combattimenti dell'esercito tedesco in Italia e una resa alle sole forze anglosassoni, in funzione antisovietica, allarmarono Stalin che riteneva che, mentre sul fronte orientale le truppe tedesche si battevano con il massimo vigore, sul fronte occidentale l'avanzata alleata sembrava straordinariamente facile. Il 16 marzo 1945 era infatti stata respinta con difficoltà l'ultima controffensiva dei mezzi corazzati tedeschi sul Lago Balaton in Ungheria, ma in Pomerania, Prussia orientale e Paesi Baltici i combattimenti continuavano accanitamente.
Le continue sconfitte su tutti i fronti apparentemente non indebolirono la fiducia di Hitler e la sua volontà di continuare a combattere ostinatamente: il Fuhrer aveva già pianificato una nuova controffensiva sul fronte ungherese, destinando riserve corazzate a questo scopo anziché consolidare il fronte sull'Oder. il Capo di Stato Maggiore, il generale Heinz Guderian, riteneva che la guerra fosse ormai perduta, mentre il Führer, al contrario, in un colloquio il 9 marzo 1945 con il nuovo comandante in capo dell'esercito tedesco all'ovest, il feldmaresciallo Albert Kesselring, apparve ancora ottimista, ritenendo che fosse essenziale rinforzare il fronte orientale con tutte le truppe disponibili sottratte agli altri fronti per resistere alla prevedibile offensiva finale sovietica. Nel frattempo il fronte occidentale doveva guadagnare tempo con le limitate forze disponibili, in attesa dell'arrivo di nuove armi segrete per la Luftwaffe e per la flotta di sommergibili dell'ammiraglio Karl Dönitz.
In realtà anche tra i dirigenti politici e militari anglosassoni c'erano forti timori per l'estensione delle conquiste russe e per la situazione dell'Europa dell'Est dopo il crollo del Terzo Reich. Winston Churchill, in particolare, riteneva importantissimo arrestare l'avanzata dell'Armata Rossa; egli parlava ironicamente di "stringere la mano ai russi il più a est possibile". Il primo ministro britannico inoltre avrebbe voluto annullare le decisioni della Conferenza di Jalta che assegnavano Berlino ai sovietici e affrettare l'avanzata per raggiungere la capitale tedesca prima delle truppe di Stalin.
Queste considerazioni non erano però condivise dal generale Eisenhower, c
omandante supremo nel teatro occidentale, che invece aveva già deciso di rinunciare a una marcia diretta su Berlino e raggiungere invece la linea dell'Elba e la città di Lipsia per ricongiungersi con i sovietici e dividere in due parti il territorio del Terzo Reich, prevenendo anche la costituzione di un ipotizzato e temuto ultimo "ridotto alpino" di Hitler. La decisione di Eisenhower si basava solo su considerazioni strategiche militari, senza prendere in considerazione istanze di politica internazionale e il generale George Marshall, Capo di Stato Maggiore Usa, e il Presidente Franklin Delano Roosevelt, condivisero le valutazioni del comandante in capo, inviandogli un'approvazione formale del piano di operazioni. Eisenhower comunicò quindi a Stalin il suo piano strategico per l'occupazione della Germania, ufficializzando la sua rinuncia ad avanzare su Berlino.
I comandanti americani sul campo, però, non erano a conoscenza di queste decisioni e continuarono con il massimo slancio ad avanzare verso est nel cuore della Germania. Ad aprile il generale George Smith Patton avanzò rapidamente in Sassonia e in Baviera: le sue divisioni corazzate raggiunsero Chemnitz, Bayreuth, recuperarono in una miniera di sale le ultime riserve in oro della Reichsbank e proseguirono verso Praga. Nella Germania centrale, invece, il generale William Simpson raggiunse il fiume Elba e costituì una prima testa di ponte a Barby. I comandanti americani erano insomma molto ottimisti e contavano di poter avanzare rapidamente verso Berlino. Fu personalmente il generale Omar Bradley, comandante del XII Gruppo d'armate, che dovette comunicare che l'avanzata era finita. Le truppe dovevano fermarsi sulla linea dell'Elba in attesa dell'arrivo dei sovietici, senza marciare su Berlino. La guerra in Europa per gli Stati Uniti era sostanzialmente terminata.
Il 1º aprile 1945 Stalin convocò al Cremlino, per una conferenza decisiva riguardo ai piani per la conquista di Berlino, i marescialli Georgij Žukov, comandante del Fronte Bielorusso, e Ivan Konev, comandante del Fronte Ucraino, i due raggruppamenti di forze schierati lungo la linea dell'Oder e della Neisse di fronte a Berlino, insieme agli altri 7 componenti del Comitato di Difesa dello Stato. Stalin affermò che i "piccoli alleati" (le potenze occidentali) volevano togliere all'URSS il trofeo finale di Berlino e riferì di alcune informazioni riservate che parlavano di un'imminente offensiva del generale Montgomery verso la capitale. Stalin sospettava realmente che gli Alleati occidentali, sollecitati da Churchill, puntassero ad anticipare l'Armata Rossa e aveva ritenuto necessario ingannare il generale Eisenhower con la sua risposta al precedente messaggio del comandante in capo alleato: Stalin scrisse infatti che Berlino non rivestiva più importanza per i piani sovietici e che l'offensiva contro la città sarebbe iniziata solo nella seconda metà di maggio e con forze ridotte.
Tra i due marescialli Zukov e Konev, rivali tra loro, Stalin stabilì che la gloria della conquista di Berlino sarebbe spettata a chi avesse sfondato per primo, senza indicare una definitiva linea di separazione tra i settori del Fronte Bielorusso e del Fronte Ucraino. Stalin fissò i preparativi in 12/14 giorni, arrivando nei giorni successivi a stabilire l'inizio dell'offensiva per il 16 aprile 1945.
I preparativi dell'offensiva finale furono caratterizzati soprattutto dalla fretta, sotto la costante pressione delle massime autorità di comando e con la preoccupazione di un'avanzata anglo/americana che anticipasse i sovietici e alterasse l'equilibrio stabilito a Jalta. Il piano operativo originale aveva previsto che, oltre alle forze dei marescialli Žukov e Konev, partecipasse all'offensiva finale anche il 2º Fronte Bielorusso del maresciallo Konstantin Rokossovskij, che tuttavia all'inizio di aprile era ancora impegnato in aspri combattimenti per distruggere le ultime forze tedesche accerchiate in Pomerania. Il maresciallo Rokossovskij tuttavia non riuscì a completare in tempo il rischieramento delle sue armate lungo l'Oder e l'offensiva finale ebbe inizio mentre il 2º Fronte Bielorusso stava ancora trasferendo le sue unità principali.
La pianificazione operativa dello Stavka prevedeva di concentrare sul fronte di attacco una massa imponente di uomini e mezzi militari. L’impegno logistico richiesto per trasferire su lunghe distanze e concentrare le unità militari in circa 15 giorni fu realmente straordinario e venne completato con pieno successo, nonostante grandi difficoltà organizzative. In totale, 29 armate vennero riposizionate dopo trasferimenti su distanze fino a 500 km, mentre contemporaneamente la rete ferroviaria e stradale era impegnata al massimo per il trasporto delle riserve di carburante e munizioni. Le forze dell'Armata Rossa comprendevano, incluse le riserve, 2,5 milioni di soldati (di cui 155.900 polacchi), 6.250 carri armati e cannoni semoventi, 41.600 cannoni e mortai e a 7 500 aerei. I piani dell'alto comando sovietico prevedevano che l'offensiva sarebbe stata completata con successo entro 12/15 giorni, con la conquista di Berlino e il raggiungimento della linea dell'Elba.
Il raggruppamento principale, puntato direttamente contro la capitale tedesca, sarebbe stato costituito dal Fronte Bielorusso del maresciallo Georgij Žukov, che avrebbe schierato 7 armate sovietiche e 1 polacca, composte da 768.000 soldati, 1795 carri armati, 1360 cannoni semoventi, 2306 cannoni anticarro, 7442 cannoni, 7186 mortai e 1531 lanciarazzi. Le forze aeree contavano 1567 caccia, 731 aerei d'assalto, 762 bombardieri. Il piano tattico del maresciallo Žukov era semplice e diretto: prevedeva di concentrare 4 armate nella testa di ponte sull'Oder per attaccare direttamente e conquistare il principale caposaldo tedesco sulle alture di Seelow. Dopo aver ottenuto lo sfondamento sarebbero intervenute in massa altre 2 armate, che avrebbero impegnato i loro 1373 mezzi corazzati attraverso il varco e sarebbero avanzate direttamente su Berlino, di cui si prevedeva la caduta entro il 6° giorno. 
Alla sinistra del Fronte Bielorusso, avrebbe attaccato il Fronte Ucraino del maresciallo Konev, costituito da 5 armate sovietiche e 1 polacca, con 511.700 soldati, 1388 carri armati, 667 cannoni semoventi, 1444 cannoni anticarro, 5040 cannoni, 5225 mortai, 917 lanciarazzi, 1106 caccia, 529 aerei d'assalto e 422 bombardieri. Le forze d'attacco principali, costituite da 3 armate, avrebbero dovuto prima attraversare il fiume Neisse e costituire teste di ponte, quindi raggiuntgere e superare entro il 2° giorno il fiume Sprea, avanzando in direzione di Brandenburgo, Dessau  e Dresda. Il maresciallo Konev, tuttavia, pianificò fin una variante operativa che prevedeva la deviazione delle sue armate corazzate verso nord in direzione della periferia meridionale di Berlino. Sarebbe stato essenziale avanzare rapidamente, non sprecare le forze corazzate in combattimenti secondari e mantenere a disposizione equipaggiamento da ponte per attraversare in fretta il fiume Sprea.
L'alto comando sovietico temeva di dover affrontare difese solide ed estese in profondità; dal punto di vista tattico, quindi, venne deciso di concentrare al massimo le forze del primo scaglione d'assalto che avrebbe attaccato su fronti molto ristretti: un'armata si sarebbe schierata su appena 3/10 chilometri e un intero fronte avrebbe concentrato la sua forza d'urto su 35/44 chilometri. L'offensiva venne preceduta da una accurata ricognizione fotografica del terreno per individuare le linee difensive tedesche. Infine, i reparti del genio vennero particolarmente potenziati: furono costruiti 25 ponti e furono attivati 40 traghetti sull'Oder, mentre nel settore del maresciallo Konev furono preparati per attraversare il fiume Neisse 2440 imbarcazioni in legno, 750 ponti e 1000 sezioni di ponti.
Mentre procedeva a tappe forzate il raggruppamento e lo schieramento delle ingentissime forze richieste per l'Operazione Berlino, l'Armata Rossa continuava a combattere duramente negli altri settori del fronte orientale; nelle prime due settimane di aprile le armate sovietiche completarono l'occupazione dell'Ungheria e invasero il territorio austriaco, entrando a Vienna il 13 aprile 1945. Il 9 aprile 1945 invece si arrese la fortezza di Königsberg. La durissima resistenza delle truppe tedesche asserragliate in Prussia Orientale aveva causato perdite molto e la capacità combattiva dell'esercito tedesco era apparsa ancora intatta. Queste battaglie in territorio tedesco sembravano confermare l'opinione di Stalin: bisognava aspettarsi che i tedeschi si sarebbero battuti con la massima tenacia a difesa del cuore della Germania.
Infatti, nonostante le declinanti condizioni di salute fisica e psichica, Adolf Hitler continuava a mostrare la massima determinazione. Dopo aver lasciato il quartier generale occidentale di Ziegenberg, da dove aveva diretto l'offensiva delle Ardenne, era rientrato a Berlino e si era definitivamente trasferito nel bunker della Cancelleria, dove sarebbe rimasto fino alla fine. Sembra che in un primo momento non intendesse rimanere negli angusti sotterranei e che avesse progettato di partire da Berlino il 20 aprile, giorno del suo compleanno, per raggiungere l'Obersalzberg, da dove intendeva combattere l'ultima battaglia tra le montagne della Baviera.
Hitler continuò a mostrare grande ottimismo con i suoi generali, mentre tra i principali collaboratori rimasti accanto a lui nel bunker erano ancora diffuse illusioni su possibili cambiamenti dell'ultim'ora della situazione internazionale. Joseph Goebbels, in particolare, alimentava le speranze di un clamoroso rovesciamento di alleanze favorito da un evento "miracoloso", secondo il famoso precedente storico di Federico II di Prussia nella Guerra dei Sette Anni (1756-1763). Il 12 aprile 1945 il Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, rieletto da appena 2 mesi per un quarto mandato ma debilitato da ipertensione, fumo e insufficienza cardiaca cronica, moriva a soli 63 anni per emorragia cerebrale, lasciando il Paese in mano al Vice presidente Harry Truman. Si diffusero in Germania le speranze di una possibile rottura dell'alleanza tra gli occidentali e l'Unione Sovietica, presto svanite. In realtà, molti storici sono convinti che Hitler da tempo fosse consapevole che la sconfitta fosse inevitabile e avesse deciso, consapevolmente o meno, di rifugiarsi in un mondo irreale e dare un esempio di incrollabile tenacia combattendo fino alla fine come un guerriero dell'epica germanica.
I generali della Wehrmacht nel complesso rimasero fedeli a Hitler anche in quest'ultima fase della guerra e, pur mostrando scetticismo e rassegnazione, cercarono di eseguire le sue direttive. Tra questi vi era il generale Heinz Guderian, Capo di Stato Maggiore, che pure aveva consigliato al capo delle SS Heinrich Himmler di intraprendere un colpo di Stato contro Hitler e avviare negoziati con le potenze occidentali. Il 28 marzo 1945 Hitler destituì Guderian per un contrasto sui dettagli della difesa della testa di ponte di Küstrin, sostituendolo con il generale Hans Krebs. Come ultimo atto del suo servizio, Guderian riuscito a convincere il Führer a rimuovere Himmler dall'incarico di comandante del corpo d'armata schierato sull'Oder, che difendeva gli accessi diretti a Berlino, sostituendolo con il generale Gotthard Heinrici, veterano della guerra all'est e specialista di operazioni difensive,
Hitler era cosciente che fosse imminente una battaglia per Berlino e cercò sempre di rafforzare le linee del fronte tedesco opposto all'Armata Rossa. Il Fuhrer riteneva di poter sfruttare le caratteristiche del terreno, in parte paludoso, solcato da numerosi corsi d'acqua e poco transitabile, per ostacolare il nemico. L'artiglieria campale venne rafforzata e soprattutto furono schierate sulla linea dell'Oder le temibili batterie contraeree della FlaK, che furono ritirate dalla difesa antiaerea delle città tedesche ormai in rovina per essere impiegate come micidiale artiglieria anticarro; infine, furono scavate linee trincerate successive scaglionate in profondità.
Il generale Heinrici, comandante esperto e capace, si rese subito conto che difendere il fronte dell'Oder sarebbe stato quasi impossibile. Oltretutto, nel primo incontro con Hitler apprese che 4 divisioni meccanizzate di riserva sarebbero state trasferite a nord e che in cambio avrebbe avuto a disposizione giovani paracadutisti, marinai inesperti e SS. Nonostante la debolezza delle sue forze, il generale Heinrici mise a punto un piano tattico che prevedeva di evacuare all'ultimo momento la prima linea per evitare le perdite causate dal fuoco distruttivo dell'artiglieria sovietica e organizzare la linea di difesa principale più indietro, da dove i tedeschi avrebbero potuto colpire la fanteria nemica. Si sarebbe cercato di prolungare al massimo la resistenza sul fronte, ma non si intendeva in nessun caso combattere una sanguinosa battaglia urbana dentro Berlino: in caso di sfondamento, Heinrici aveva intenzione di ordinare la ritirata generale verso ovest. Fonti sovietiche riferiscono di 766.750 soldati con 1519 carri e cannoni d'assalto e 9303 pezzi d'artiglieria a disposizione della difesa tedesca, oltre a 502 mezzi corazzati, 148 cannoni anticarro e 65 cannoni antiaerei.
Alla vigilia della battaglia Hitler affermò ancora pubblicamente la sua fiducia in una vittoria contro il "nemico mortale giudeo/bolscevico" ed evocò la rovina della Germania in caso di sconfitta affermando che "i vecchi, i bambini, gli uomini saranno uccisi, le donne ridotte al ruolo di prostitute per soldati. Il resto marcerà verso la Siberia. Se ogni soldato farà il suo dovere, l'ultimo assalto dell'Asia sarà infranto, Berlino rimarrà tedesca, Vienna ridiventerà tedesca e l'Europa non sarà mai russa". Nello stesso momento anche il maresciallo Georgij Žukov presentava il suo proclama ai soldati sovietici dell'Armata Rossa; freddo e sintetico, esprimeva la inesorabile determinazione di concludere la guerra distruggendo il nazismo: "Il nemico verrà annientato lungo la via più breve per Berlino. La capitale della Germania fascista sarà presa e la bandiera della vittoria piantata su di essa".

Il generale Georgij Žukov fu il comandante del 1° Fronte Bielorusso dell'Armata Rossa, responsabile delle principali operazioni militari di accerchiamento di Berlino e combattimento nel centro della capitale tedesca. È stato definito "il generale che non ha mai perso una battaglia", ma anche "Spasitel", ovvero salvatore, "Ariete", "Uragano" e "Invincibile"

L'offensiva principale del Fronte Bielorusso e del Fronte Ucraino ebbe inizio alle 5 del 16 aprile 1945, ma venne preceduta due giorni di operazioni di ricognizione in profondità da battaglioni rinforzati di fucilieri sovietici, che riuscirono a infiltrarsi di alcuni chilometri nelle linee tedesche. Nella sera del 15 aprile venne sferrato un prolungato attacco aereo contro le posizioni di prima linea, estesa anche alla seconda posizione di resistenza tedesca.
Il generale Kazakov aveva schierato in prima linea oltre 8900 pezzi di artiglieria tra cannoni pesanti, mortai e lanciarazzi; in alcuni settori vennero disposti 270 cannoni per km di fronte. Il Fronte Bielorusso, che disponeva di 7 milioni di granate, ne impiegò oltre 1,2 milioni solo il primo giorno, con effetti apparentemente estremamente distruttivi. Il maresciallo Žukov ritenne che il fuoco d'artiglieria, breve e molto intenso, avesse avuto pieno successo e i primi rapporti, che riferivano di una resistenza debole, incoraggiarono il suo ottimismo; in realtà il generale Heinrici la sera prima aveva ordinato di evacuare prontamente la prima linea esposta al fuoco di artiglieria. Le forze principali della 9ª Armata erano state schierate sulla linea più arretrata, sulle alture di Seelow.
L'attacco principale sovietico dalla testa di ponte di Küstrin venne sferrato alle 3:30, dopo 30 minuti di fuoco d'artiglieria, che sembrava aver frantumato completamente le linee tedesche. L'assalto ebbe inizio con l'improvvisa accensione di 143 riflettori, azionati in gran parte da soldatesse; il maresciallo Žukov riteneva che l'impiego di questa nuova tattica avrebbe potuto sorprendere e terrorizzare le truppe tedesche, permettendo di avanzare con facilità. Il raggio di luce dei riflettori non venne indirizzato, come abitudine, verso il cielo per creare un crepuscolo artificiale e migliorare la visibilità, ma diretto in orizzontale contro le linee nemiche con la speranza di accecare temporaneamente i difensori. In realtà le luci non riuscirono a penetrare lo strato di polvere sospeso sul campo di battaglia dopo il tiro dell'artiglieria. Non Solo: i soldati sovietici, con le luci dei riflettori alle spalle, divennero ancor più visibili per i tedeschi. La situazione divenne ancor più sfavorevole quando i comandanti in prima linea chiesero di spegnere le luci: in un primo momento le truppe si trovarono nell'oscurità e poi rimasero abbagliate quando i riflettori vennero in parte riaccesi. La confusione e l'incertezza si accrebbero quando i reparti sovietici arrivarono alla prima linea tedesca, che trovarono in gran parte già abbandonata. I tedeschi, più arretrati, colpirono duramente con il fuoco di artiglieria, carri armati e armi leggere la fanteria sovietica in parte confusa e disorganizzata.
Le alture di Seelow erano presidiate dalla migliore formazione dell'ordine di battaglia tedesco: il 56º Panzerkorps del generale Helmuth Weidling, unità relativamente ben equipaggiate e guidate da comandanti esperti, che avevano avuto il tempo di organizzare un accurato schema di fuoco. In questo modo riuscirono a infliggere pesanti perdite ai soldati russi, ostacolati anche dalla presenza del canale Haupt-Graben, che vennero fermati ai piedi della scarpata delle alture. Il generale Čujkov, sotto forte pressione, riorganizzò quindi le sue truppe, richiese l'intervento massiccio delle forze aeree per neutralizzare l'artiglieria tedesca e ordinò di portare in avanti le batterie di artiglieria per colpire le postazioni nemiche. Lentamente la fanteria sovietica riuscì ad aprire il passo attraverso le prime due linee tedesche, ma la terza linea, accessibile solo attraverso la strada per Seelow, bloccò nuovamente l'avanzata.
Il maresciallo Žukov era irritatissimo per il ritardo dei suoi piani, perché temeva di perdere la corsa per Berlino ed essere anticipato dal maresciallo Konev; alle 13, quindi, estremamente nervoso e impaziente, prese la decisione di mettere da parte tutti i piani già predisposti, che prevedevano di attendere lo sfondamento della fanteria prima di impiegare le 2 armate corazzate e invece di impegnarle subito. 
Le caratteristiche del terreno, come previsto, favorivano i difensori tedeschi; le solide posizioni delle alture di Seelow permettevano di dominare il terreno più in basso della valle dell'Oder e offrivano un campo di tiro ottimo per colpire un nemico in avanzata allo scoperto. Inoltre il terreno del bacino del fiume, fortemente paludoso e costellato di piccoli corsi d'acqua melmosi, non permise ai sovietici di far affluire tempestivamente i reparti di rincalzo e i rifornimenti e costrinse i mezzi corazzati a muoversi solo sulle poche strade e i sentieri transitabili che potevano essere facilmente individuati e colpiti dall'artiglieria anticarro tedesca. Il maresciallo Žukov e il generale Čujkov ricevettero subito i primi rapporti sulle difficoltà in corso e sulla crescente confusione tra le file sovietiche.
Le due armate corazzate del Fronte Bielorusso erano formazioni poderose, con 709 e 667 mezzi corazzati, ma impiegate in massa in uno spazio ristretto e già occupato dalle unità di fanteria, impegnate in duri scontri con i tedeschi solidamente trincerati sulle alture, non poterono dispiegare la loro potenza d'urto. Al contrario, intralciarono ancor più le operazioni, occuparono tutte le strade principali, ostacolarono i movimenti della fanteria e dell'artiglieria e vennero ben presto rallentate sul campo di battaglia sotto il tiro dei cannoni nemici. Le limitate riserve corazzate tedesche intervennero e e addirittura contrattaccarono, respinte a fatica. Nel primo giorno di offensiva, insomma, l'esercito sovietico non era riuscito a sfondare la linea principale e dovette disperdersi in piccoli gruppi a sostegno della fanteria, senza raggiungere risultati decisivi. L'avanzata complessiva variava tra i 3 e gli 8 km.
Il maresciallo Žukov era molto contrariato per il fallimento del primo giorno di offensiva, ma non aveva alcuna intenzione di fermare l'attacco. Al contrario: ordinò che le truppe e i mezzi corazzati continuassero l'offensiva anche durante la notte, senza preoccuparsi delle perdite, e preparò un altro assalto per la mattina del giorno successivo, preceduto da un nuovo sbarramento di artiglieria. Infatti, Zukov aveva parlato per telefono con Stalin, riferendo che lo sfondamento era riuscito ma i tedeschi stavano resistendo ancora sulle alture di Seelow, ricevendo in risposta che il maresciallo Konev non stava invece incontrando particolari difficoltà. A tarda notte il maresciallo chiamò nuovamente Stalin, illustrandogli la situazione più nel dettaglio: il dittatore a quel punto criticò l'impiego prematuro delle armate corazzate e mise in dubbio che le alture di Seelow sarebbero state realmente conquistate. Il maresciallo Žukov replicò che, in ogni caso, era un vantaggio se i tedeschi avessero sprecato tutte le loro forze sulla linea dell'Oder, perché sarebbero stati troppo deboli in seguito per difendere Berlino; Stalin rispose che, in ogni caso, il maresciallo Konev avrebbe potuto marciare sulla capitale da sud.
Le operazioni del Fronte Ucraino sulla linea della Neisse, infatti, avevano avuto un andamento molto più favorevole per i sovietici. Il piano tattico di Konev prevedeva di raggruppare 3 armate in un settore di 30 km, attraversare il fiume e attaccare la zona sud-orientale della capitale. 
Le operazioni di superamento del fiume e di costruzione da parte dei genieri di ponti mobili si svilupparono rapidamente con pieno successo sotto la copertura della nebbia causata dai bombardamenti; dopo solo 20 minuti venne costituita la prima testa di ponte a ovest della Neisse e i mezzi corazzati passarono il fiume e si spinsero in avanti, senza curarsi di mantenere il collegamento con la fanteria, per raggiungere subito il fiume Sprea e anticipare la costituzione di una linea difensiva. Dopo poche ore, 2 armate iniziavano anche la loro avanzata verso Dresda.
Nonostante le ottimistiche assicurazioni del maresciallo Žukov, il nuovo attacco del Fronte Bielorusso, preceduto da un altro bombardamento di artiglieria e attacchi aerei, non ottenne invece risultati decisivi. Solo in serata dopo enormi sforzi, l'Armata Rossa conquistò finalmente il villaggio di Seelow. Per tutto il 17 aprile, invece, il maresciallo Konev continuò a spingere in avanti le sue armate corazzate, raggiunse il fiume Sprea e tentò immediatamente di attraversarlo, visto che l'acqua sembrava profonda solo circa 1 metro, con successo. La difesa tedesca a sud era debole, il fronte sembrava ormai completamente sfondato e il maresciallo riprese a proseguire in avanti, senza preoccuparsi delle retrovie e dei fianchi, prendendosi un enorme rischio in un'avanzata così frenetica in uno stretto corridoio mentre le forze di copertura sui fianchi e nelle retrovie erano molto più indietro. La possibilità, però di recuperare il rivale Žukov, pur compiendo molta più strada, e di arrivare per primo a Berlino, pareva inaspettatamente concreta.
Il maresciallo Konev era però convinto di aver raggiunto una posizione tattica decisiva al centro delle difese tedesche. Raggiunto al telefono, Stalin chiese se sarebbe stato possibile far passare le armate corazzate del Fronte Bielorusso attraverso il varco aperto dal Fronte Ucraino sulla Neisse. Konev, colto di sorpresa, si disse contrario: la manovra di trasferimento sarebbe stata troppo complicata e le sue armate corazzate avevano forze sufficienti per marciare autonomamente su Berlino da sud. Stalin, avuti alcuni chiarimenti tattici, rispose: "Ottimo. Sono d'accordo. Dirigi le tue armate corazzate verso Berlino". Era l'ordine che il maresciallo aspettava, diramato alle 2:47 del 18 aprile.
Il maresciallo Žukov venne informato da Stalin in persona delle nuove decisioni operative e della rapida avanzata delle forze del maresciallo Konev. Il comandante del Fronte Bielorusso, sorpreso, iniziò perfino a temere che le sue forze si sarebbero completamente logorate se si fosse prolungata la battaglia sulla linea dell'Oder e che quindi non sarebbero più state in grado di raggiungere e conquistare Berlino. Era quindi necessario accelerare le operazioni a ogni costo: ritirate e indecisioni non sarebbero state tollerate, tutti i mezzi corazzati, i cannoni e le truppe dovevano essere portate in avanti e concentrati per l'attacco. Il maresciallo Žukov non mancò di minacciare punizioni draconiane, destituzioni immediate e trasferimenti nei battaglioni di punizione per ogni comandante che avesse mostrato debolezza e insufficiente determinazione.
All'alba del 18 aprile 1945, quindi, le armate del Fronte Bielorusso ripartirono all'attacco. L'esercito tedesco resisteva, ma la situazione dei difensori divenne sempre più critica, con assoluta necessità di rinforzi, che non furono in grado di arrivare. Dopo ore di combattimento, i russi arrivarono a Batzlow, terza e ultima cintura difensiva tedesca. Il ministro degli Esteri Joachim von Ribbentrop, venuto di persona ad informarsi sull'andamento della battaglia, ordinò di resistere a tutti i costi e, se necessario, sacrificare i giovanissimi soldati della Hitlerjugend.
Il Fronte Bielorusso perse circa 30.000 soldati nella battaglia per le alture di Seelow, ma alla fine, dopo 3 giorni di sanguinosi combattimenti, il generale Čujkov aveva conquistato la posizione decisiva del fronte tedesco sull'Oder; anche le altre armate sovietiche stavano avanzando: al termine della giornata, la fanteria diede l'assalto finale a Batzlow, che infine venne conquistata completamente all'alba del 19 aprile.
Il maresciallo Žukov era comunque molto deluso per l'andamento della battaglia: dopo 4 giorni di aspri combattimenti le sue truppe si trovavano ancora ad oltre 30 km dalla periferia di Berlino e non erano riuscite a sfondare tutte le linee difensive tedesche e a raggiungere il terreno libero per accelerare finalmente l'avanzata. Sarà solo il 19 aprile il giorno in cui l'armata tedesca, sotto i colpi sovietici, venne irrimediabilmente frammentata in 3 tronconi, che iniziarono a battere in ritirata. 
L'intervento frammentario e intempestivo delle limitate riserve meccanizzate tedesche non poté assolutamente evitare il crollo finale del fronte sull'Oder, con la caduta dei due pilastri difensivi di Wriezen e Müncheberg. Il maresciallo Žukov era riuscito finalmente a sfondare tutte e tre le cinture difensive tedesche, aprendo un varco di 60 km di ampiezza e 30 di profondità nel fronte nemico.
Il maresciallo Konev, nel frattempo, continuava a premere sui comandanti delle sue armate corazzate affinché affrettassero l' avanzata verso Zossen e Potsdam. Le armate arrivarono fino a Baruth ma, a corto di carburante a causa della rapidità dell'avanzata, dovettero fermarsi, bloccati anche dalla resistenza tedesca. Baruth venne comunque presa dopo poche ore, così come Luckenwalde, Jüterbog, Cottbus e Spremberg. Nonostante questi successi, il maresciallo Konev non era soddisfatto del ritmo dell'avanzata e, per evitare ingorghi, dispose che avrebbero dovuto attraversare la Sprea solo i convogli del carburante e delle munizioni e stabilì che quella notte stessa si sarebbe dovuti entrare a Berlino.

Al termine della guerra era distrutto in un grado irrecuperabile il 20% degli edifici di Berlino, il 50% nei quartieri centrali, 28,5 km² del territorio urbano erano coperti da macerie e non erano più abitabili 600.000 appartamenti. La città, come il Paese, venne divisa in 4 settori di occupazione, poi dirotti a 2, divisi dal 1961 dal Muro di Berlino

Il maresciallo Žukov era informato dell'avanzata di Konev e, quello stesso 20 aprile, era finalmente riuscito ad arrivare in campo aperto dopo aver superato 3 cinture difensive nemiche e avanzava rapidamente su Berlino da nord e da est. alle 11 l'artiglieria del Fronte Bielorusso aprì per la prima volta il fuoco direttamente sulla città, entrando a Bernau e nella periferia nord-est di Berlino, a Zepernick. Il maresciallo Žukov, tuttavia, era sempre preoccupato e temeva di essere preceduto a Berlino dal  rivale. Nella notte del 20 aprile anche lui diramò un ordine tassativo: i carri armati dovevano entrare nei sobborghi di Berlino entro le 4 di notte.
Il 20 aprile era anche il giorno del compleanno di Hitler e, nonostante la disastrosa situazione al fronte, tutti i dignitari del regime arrivarono a Berlino e si recarono al bunker della Cancelleria per partecipare al ricevimento, tra cui Martin Bormann, Joseph Goebbels, Hermann Göring, Heinrich Himmler, Albert Speer e Joachim von Ribbentrop. Il ricevimento si svolse in un'atmosfera di imbarazzo e disagio: la maggior parte degli ospiti era soprattutto desiderosa di affrettare i tempi e ripartire al più presto da Berlino per evitare di rimanere bloccati dentro la città e tutti, tranne Goebbels, invitarono Hitler a fuggire a sua volta e rifugiarsi nella Germania meridionale. Alcuni di questi, in particolare Göring, Himmler e Ribbentrop, coltivavano ancora la speranza, senza Hitler, di poter mantenere il potere collaborando con le potenze occidentali contro i sovietici. Hitler non accolse i loro inviti e dopo il ricevimento uscì per l'ultima volta dal bunker sotterraneo, passando in rassegna un reparto di Waffen-SS e alcuni giovanissimi membri della Hitlerjugend. Appariva in pessime condizioni fisiche, ebbe qualche espressione di conforto e apprezzamento per i giovani ragazzi e dopo poco tempo ridiscese nel sottosuolo.
Subito dopo Hitler presenziò a una riunione militare, in cui gli venne illustrata la situazione strategica in rapido peggioramento: Berlino era in imminente pericolo e rischiava di essere completamente isolata dal resto della Germania. Il generale Heinrici richiese per 3 volte l'autorizzazione a far ritirare le ultime truppe sull'Oder per ripiegare verso ovest, ma Hitler rifiutò, insieme alla richiesta di rinforzi. Il 20 aprile era anche entrato in campo il 2º Fronte Bielorusso del maresciallo Rokossovskij, dopo avere finalmente completato il difficile raggruppamento delle sue forze impegnate in Pomerania. 
Alle 13:50 del 20 aprile 1945, mentre era in corso la riunione, l'artiglieria sovietica del 79º Corpo d'armata della 3ª Armata d'assalto aprì per la prima volta il fuoco contro il centro di Berlino. Vennero sparate solo poche salve, soprattutto a scopo simbolico per intimorire il nemico proprio nel giorno del compleanno di Hitler, mentre veri colpi di cannone avevano in precedenza raggiunto aree più periferiche della capitale. Nei giorni seguenti l'artiglieria dell'Armata Rossa avrebbe costantemente incrementato il fuoco d'artiglieria: vennero sparati 25 600 tonnellate di colpi, corrispondenti a oltre la metà del quantitativo di 45.500 tonnellate di bombe sganciate in 5 anni delle forze aeree anglo/americane sulla città.
Sul campo di battaglia continuava la sfida tra i marescialli Žukov e Konev: nel primo mattino del 21 aprile comparvero vicino a Zossen, il più grande comando operativo tedesco, i primi carri armati del secondo, a seguito del quale Hitler diede l'autorizzazione a evacuare il complesso per stabilire la difesa verso il centro. I carri armati sovietici entrarono nell'edificio sotterraneo, senza trovare opposizione e poterono ispezionare i mezzi altamente tecnologici di comunicazione e controllo che avevano permesso al comando tedesco di dirigere tutte le proprie armate in Europa. 
Contemporaneamente, il maresciallo Žukov stava organizzando i suoi piani finali per l'attacco alla città: 3 armate sarebbero avanzate dentro Berlino da nord e nord-est, mentre altre 3 armate sarebbero entrate da est e sud-est. Il comandante del Fronte Bielorusso intendeva infatti accelerare le operazioni dentro l'area urbana, rinunciando a un vasto movimento aggirante a nord-ovest e marciare invece direttamente dentro Berlino, dando il via a un massiccio bombardamento di aree densamente abitate. 
Il maresciallo Žukov continuava a temere di essere anticipato dalle forze del maresciallo Konev e rinnovò i suoi ordini categorici: attacchi continui, in modo da raggiungere entro 3 giorni i quartieri meridionali della città. Nel giro di 24 ore, le forze di Zukov finirono a soli 25 km da quelle di Konev, in avvicinamento da sud.
Contemporaneamente, nel bunker sotto la Cancelleria, Hitler stava architettando i suoi piani di contrattacco. Sempre più distaccato dalla realtà e psichicamente e fisicamente logorato, pretendeva che tutte le forze del Fronte Bielorusso sovietico fossero attaccate da sud, dalla 9ª Armata, e da nord, da Eberswalde. Il generale Heinrici non condivideva affatto l'entusiasmo di Hitler e riteneva che la 9ª Armata fosse in pericolo di essere accerchiata e non fosse assolutamente in grado di contrattaccare.
I piani di intervento del raggruppamento si rivelarono ovviamente inapplicabili, in primo luogo per la mancanza di forze adeguate, ma anche per la costante pressione e i lenti progressi delle armate del 2º Fronte Bielorusso del maresciallo Rokossovskij sul fronte del basso Oder, che avevano costretto il generale von Manteuffel ad impegnare tutte le sue forze per cercare di contenere la testa di ponte sovietica nel settore di Stettino, rinunciando ad ogni progetto di contrattacco da nord verso Berlino.
La situazione nel bunker ebbe una svolta drammatica nel pomeriggio del 22 aprile; Hitler apprese che l'attacco da nord non era iniziato e che anzi la 9ª Armata del generale Busse era praticamente accerchiata. Hitler ebbe un completo collasso nervoso, ammise per la prima volta che la guerra era perduta, accusò i generali di codardia e annunciò che sarebbe rimasto a Berlino fino alla fine per poi suicidarsi. Il generale Alfred Jodl cercò di calmare il Führer, affermando che non tutto era perduto e che la 12ª Armata del generale Wenck, schierata in quel momento sull'Elba, avrebbe potuto essere dirottata in soccorso di Berlino; marciando su Potsdam, avrebbe potuto collegarsi con la 9ª Armata e contrattaccare, mentre anche i generali Steiner e von Manteuffel sarebbero intervenuti da nord. 
I primi reparti sovietici però combattevano già nell'area urbana di Berlino, ormai quasi completamente accerchiata. Il maresciallo Konev, da sud, dovette fermarsi per qualche ora solo per la presenza del profondo e largo sbarramento d'acqua costituito dal canale Teltow, fortificato e fortemente difeso dalle truppe tedesche. 
Nella notte tra il 22 e il 23 aprile 1945 Stalin prese alla fine la sua decisione operativa definitiva per la fase finale della battaglia di Berlino, delineando le nuove linee di separazione tra i settori di Konev e Žukov, a cui venne assegnata, come da accordi, a missione principale di raggiungere e conquistare le aree centrali più importanti di Berlino. 
Il pomeriggio del 23 aprile giunse inaspettatamente nel bunker della Cancelleria di Berlino il generale Helmuth Weidling, comandante del 56º Panzerkorps che, dopo una estenuante ritirata, si trovava alla periferia meridionale di Berlino, pronto a continuare la ritirata verso sud-ovest. Weidling era arrivato fortunosamente nel rifugio sotterraneo dopo aver attraversato la città sotto il fuoco e aver superato i posti di controllo e intendeva chiarire la sua situazione direttamente con Hitler, essendo venuto a conoscenza che era stato destituito e condannato alla fucilazione immediata per diserzione. Il generale replicò con veemenza alle accuse, narrò le cruente vicissitudini delle sue truppe e convinse rapidamente il Fuhrer della falsità delle accuse di codardia. Il generale, inaspettatamente, ricevette l'ordine di trasferire subito in città le sue forze e assumere immediatamente il comando in capo della difesa di Berlino. Hitler riprese fiducia e diramò per radio un altisonante ordine del giorno, in cui affermava che Berlino non si sarebbe mai arresa ai bolscevichi e che la truppe del fronte ovest avrebbero dovuto abbandonare la linea dell'Elba e marciare verso est in soccorso della capitale, salvando a tutti i costi il Führer a Berlino. In realtà il generale Wenck, comandante del fronte ovest, voleva soprattutto aprire un corridoio tra la regione di Berlino e l'Elba per permettere alle unità tedesche di salvarsi e arrendersi agli angloamericani. Le voci sull'arrivo dell'"Armata Wenck" si diffusero comunque tra i comandi e le truppe tedesche, che però credevano che il compito di questa forza di salvataggio fosse impossibile e consistesse semplicemente nell'aprire la strada alle forze americane perché occupare Berlino prima o insieme ai sovietici.
L'euforia di Hitler fu di breve durata. Nella stessa serata arrivò un clamoroso cablogramma di Hermann Göring in cui comunicava che, dopo la decisione di Hitler di rimanere a Berlino, avrebbe assunto i pieni poteri sul Terzo Reich se non avesse ricevuto nuove comunicazioni in senso contrario entro poche ore. Avvertito del crollo morale di Hitler e della sua decisione di rimanere nella città assediata, Göring aveva ritenuto che, essendo il Führer in pratica incapacitato ad esercitare la sua funzione, fosse divenuto operativo il decreto emesso nel 1941 sulla successione del potere in caso di scomparsa di Hitler, che prevedeva appunto che il successore avrebbe dovuto essere lui. Hitler reagì brutalmente a quello che considerò immediatamente un meschino tradimento diretto a cedere le armi e iniziare trattative con il nemico. Hitler inviò alle 21 un altro cablogramma di risposta in cui affermava di avere il completo controllo della situazione, proibiva l'apertura di qualsiasi trattativa e ordinava di arrestare Göring, che si trovava all'Obersalzberg, sulle Alpi meridionali, privato di tutti i suoi titoli, incarichi e prerogative.
Nelle prime ore del mattino del 24 aprile 1945 avvenne il primo contatto diretto tra le truppe del Fronte Bielorusso e del Fronte Ucraino. L'incontro colse di sorpresa il maresciallo Žukov che, sempre temendo di essere anticipato a Berlino dal maresciallo Konev e non informato ancora delle decisioni strategiche finali di Stalin, diede in escandescenze. Le truppe dei due fronti cercarono di organizzare una linea di separazione ordinata, allineandosi lungo il canale Teltow, che sbarrava da sud l'accesso alle aree centrali di Berlino.
Dopo un giorno di preparativi e dopo aver concentrato la sua artiglieria pesante, alle 6:20 del 24 aprile iniziò l'attacco e e alle ore 11 iniziò il passaggio dei carri armati. Alle 12 i sovietici, nonostante le perdite, avevano respinto tutti i contrattacchi tedeschi e ripresero l'avanzata raggiungendo l'anello della metropolitana di superficie.
Il 25 aprile 1945 le truppe del Fronte Bielorusso del maresciallo Žukov e del Fronte Ucraino del maresciallo Konev completarono la doppia manovra d'aggiramento dell'area metropolitana di Berlino, chiusero il cerchio intorno alla capitale, isolandola e concentrarono per l'assalto finale dentro l'area urbana le 6 armate del maresciallo Žukov, tra cui 2 corazzate, e 2 armate del maresciallo Konev. Nello stesso giorno si congiunsero a Torgau, sull'Elba, i primi reparti sovietici e americani, dopo anni di guerra iniziati sui due poli opposti d'Europa. L'evento scatenò grande entusiasmo e impegno propagandistico per pubblicizzare l'incontro; gli ufficiali e i soldati delle due parti mostrarono simpatia reciproca e buona volontà e l'atmosfera fu amichevole e ricca di festeggiamenti. Il residuo territorio europeo ancora controllato dal Terzo Reich era ormai diviso in 2 parti non più collegate tra loro, mentre Hitler era bloccato dentro Berlino. Sull'Oder i generali Heinrici e von Manteuffel decisero, senza attendere l'attacco decisivo sovietico e contravvenendo agli ordini di Hitler, di iniziare subito a battere in ritirata verso ovest.

Il Fuhrerbunker di Berlino, ultimo quartier generale di Hitler, non era il principale, che era la famosa Tana del Lupo, nell'attuale cittadina di Kętrzyn, in Polonia. Dopo la caduta di Hitler, in due occasioni, nel 1947 e nel 1959, si tentò di distruggerlo, senza riuscirvi. Negli Anni '80 è stato finalmente abbattuto e oggi sul luogo sorgono un parcheggio ed alcuni caseggiati


Il 7 marzo 1945 il generale Hellmuth Reymann era stato nominato da Hitler comandante della guarnigione di Berlino, con l'incarico di trasformare la città in una fortezza completamente attrezzata per affrontare un assalto o un assedio dei sovietici. Il generale Reymann tuttavia non aveva avuto modo di parlare direttamente con Hitler e di chiarire i problemi della difesa di una grande area metropolitana dove vivevano ancora quasi 3 milioni di civili. Egli infatti riteneva di disporre di forze assolutamente insufficienti: 94.000 uomini, di cui 41.000 già disponibili e altri 52.000 della cosiddetta "leva Clausewitz", mobilitabili in caso di pericolo imminente nel giro di 6 ore, scarsamente equipaggiate, composte anche da 3500 giovanissimi della Hitlerjugend e in cui i soldati addestrati erano appena 15.000.
Reymann comunque emanò un altisonante ed enfatica "Ordinanza essenziale per i preparativi di difesa della capitale del Reich", in cui, ricalcando le concezioni dei nazisti fanatici, scriveva di difendere la capitale "fino all'ultimo uomo e all'ultima pallottola" e descriveva in dettaglio le modalità dei combattimenti "strada per strada" che avrebbero dovuto essere condotti con "fanatismo, fantasia, con rimedi di ogni tipo, sopra, sulla e sotto la terra". In realtà l'animatore principale di quest'interpretazione esaltata e irriducibile della difesa di Berlino era Joseph Goebbels, che si impegnò fino all'ultimo per rafforzare la risolutezza dei difensori, evocando terrificanti immagini di morte e rovina in caso di sconfitta. Goebbels era determinato a organizzare la resistenza ad oltranza senza curarsi del destino degli abitanti della capitale e rifiutò decisamente le richieste di Reymann di organizzare qualsiasi evacuazione dei civili.
L'evoluzione strategica sul campo di battaglia cambiò completamente la situazione. Il 22 aprile, mentre le forze dell'Armata Rossa stavano per accerchiare completamente la città, il generale Reymann, come detto, venne rimosso da Hitler, insoddisfatto della sua presunta scarsa risolutezza, e sostituito dal colonnello delle SS Ernst Kaether, che mantenne l'incarico solo per poche ore. La comparsa nel bunker del generale Weidling la sera del 23 aprile e l'avvicinamento alla città delle formazioni del 56º Panzerkorps in ripiegamento dalla linea dell'Oder avevano convinto Hitler ad affidare il comando della piazzaforte di Berlino proprio a Weidling e a ordinare che tutte le unità al suo comando affluissero dentro l'area metropolitana.
Le divisioni del 56º Panzerkorps, passato al comando del generale Werner Mummert dopo la promozione di Weidling, formavano quindi il nucleo più efficiente e addestrato della guarnigione e vennero rapidamente schierate in tutti i settori minacciati. In totale le forze tedesche dentro la città ammontavano a circa 60.000 soldati, di cui 15.000 truppe addestrate e un numero minimo di mezzi pesanti, anche se abbondantemente provvisti di mezzi da combattimento anticarro individuale. Inoltre, nel giro di poche ore entrarono dentro Berlino, decisi a battersi fino all'ultimo, 400 volontari SS francesi al comando dell'esperto generale Gustav Krukenberg che, appena arrivato, venne subito promosso e assegnato al comando della SS Nordland.
Per l'attacco finale a Berlino, ormai completamente circondata, l'Armata Rossa metteva però in campo una quantità schiacciante di uomini e mezzi che le assicurò una netta superiorità. Complessivamente vennero impiegati 464.000 soldati, 12.700 cannoni, 21.000 lanciarazzi, 1500 carri armati e cannoni semoventi. 
Durante la fase di preparazione dell'offensiva finale, il maresciallo Žukov avvertì delle difficoltà che sarebbero sorte nel caso di un combattimento urbano nella grande area abitata di Berlino, dove si sarebbero asserragliate le forze superstiti più fanatiche e ideologizzate di Hitler, decise a resistere fino all'ultimo. Sulla base della tragica esperienza della Battaglia di Stalingrado, i comandanti sovietici erano consapevoli dei pericoli e dei rischi di scontri prolungati e sanguinosi in un ambiente sfavorevole. Žukov predispose quindi un programma di addestramento al combattimento ravvicinato in ambienti urbani e si avvalse dell'esperienza del generale Čujkov, comandante diretto durante i cruenti combattimenti urbani a Stalingrado, e delle sue truppe, che in buona parte erano veterane di quella terribile battaglia. Il comandante del Fronte Bielorusso decise inoltre di organizzare un sistema di combattimento con alternanza dei reparti ogni 12 ore, in modo da garantire il ricambio delle unità e la presenza in azione di reparti sempre relativamente riposati, mirando a continuare la battaglia senza interruzioni per tutte le ore del giorno e della notte, non dando tregua ai difensori. In realtà, a causa della mancanza di illuminazione durante la notte all'interno degli edifici, che rendeva troppo rischiosi gli attacchi, i reparti molto spesso si fermarono e riposarono la notte e a volte fecero delle pause anche durante il giorno. I soldati sovietici in generale erano esausti dopo tante battaglie e, ritenendo la guerra ormai vinta, non volevano correre di correre rischi inutili in quest'ultima fase del conflitto. Le unità corazzate in particolare, avanzando in colonna lungo le grandi strade della città, subirono perdite elevatissime soprattutto a causa dell'intervento efficace delle squadre anticarro tedesche armate di Panzerfaust o di imboscate di mezzi corazzati isolati, bloccate in testa e in coda dai mezzi colpiti. La tattica sovietica venne quindi modificata, con l'intervento preliminare della schiacciante potenza di fuoco di artiglieria, carri armati e lanciarazzi contro gli edifici, che venivano spesso ridotti in macerie, seguito dall'intervento delle truppe d'assalto di fanteria che, pesantemente armate con bombe a mano, mitra e fucili, conducevano il combattimento ravvicinato. I fanti sovietici evitavano di muoversi all'aperto e cercavano riparo tra le rovine, utilizzando anche le cantine e vie di uscita secondarie per infiltrarsi ed eliminare i capisaldi. In alcuni casi era richiesto l'intervento dei reparti speciali del genio o dei cannoni anticarro per superare sbarramenti più solidi. Nelle sue memorie il generale Čujkov descriverà le difficoltà del combattimento nell'area urbana di Berlino, sminuendo le capacità e l'efficienza delle truppe tedesche e criticando l'impiego degli inesperti adolescenti della Hitlerjugend contro i veterani sovietici.
L'alto comando sovietico mancava inoltre di informazioni attendibili sul destino dei principali capi del Terzo Reich e temeva che Hitler e i gerarchi nazisti fossero pronti a lasciare in aereo la capitale ormai accerchiata. Di conseguenza il maresciallo Žukov aveva ricevuto l'ordine di dare la massima priorità alla conquista degli aeroporti, assaltando l'aeroporto di Gatow a nord-ovest e di Tempelhof a sud-est. La Divisione SS Nordland del generale Krukenberg, ancora in forze, preferì ripiegare per concentrare le sue forze per la battaglia finale nel centro della città.
La situazione dei tedeschi, con il passare delle ore, nonostante l'accanita resistenza diventava sempre più difficile. Le scorte di esplosivi e munizioni si stavano infatti esaurendo e il generale Weidling richiese urgentemente l'intervento dei trasporti aerei per paracadutare armi e materiali dentro Berlino. L'aeroporto di Gatow rimaneva infatti ancora funzionante e in mano ai tedeschi: il 26 aprile vi atterrarono una compagnia di fanteria di marina che venne assegnata come rinforzo alla SS Nordland, e il generale Robert Ritter von Greim e la sua compagna Hanna Reitsch, convocati personalmente da Hitler. Greim arrivò da Hitler ferito dopo un atterraggio di fortuna vicino alla Porta di Brandeburgo. il Fuhrer lo promosse feldmaresciallo e nuovo comandante in capo della Luftwaffe al posto di Hermann Göring ormai ritenuto un traditore. Il Führer sembrò ancora fiducioso per via dell'"armata Wenck" che, in arrivo da sud, avrebbe salvato Berlino. In ogni caso, consegnò comunque due capsule di cianuro per von Greim e la moglie.
Dopo 5 giorni di accerchiamento, i combattimenti si avvicinavano sempre più al centro di Berlino (cosiddetto settore Z, "Zitadelle") e all'area degli edifici governativi e divenivano sempre più violenti e accaniti. I sovietici erano penetrati anche nelle gallerie sotterranee della metropolitana per cercare di passare sotto il canale Landwehr, che costituiva un serio ostacolo all'avanzata da sud verso il centro. Il generale Krukenberg, a forza di arretrare, però, aveva trasferito il suo posto di comando nella stazione della metropolitana Stadmitte, ad appena 400 metri di distanza dal bunker di Hitler.
Hitler aveva dato ordine di far saltare le paratie stagne di sbarramento del canale Landwehr in modo da provocare l'allagamento dei tunnel della metropolitana, senza curarsi dei soldati tedeschi, dei feriti, dei malati e soprattutto dei numerosi civili che vi avevano trovato rifugio. Alla fine della giornata, i sovietici avevano raggiunto il canale Landwehr, e i suoi soldati si trovavano a circa 1,5 km dagli obiettivi principali nell'area governativa del centro di Berlino.

Il Reichstag non si riuniva dal 1942, dopo aver attribuito tutti i poteri a Hitler, ma la sua presa divenne imperativa a livello simbolico per l'Armata Rossa. La famosa foto di Evgenij Chaldej venne scattata in posa il 2 maggio 1945, alla resa di Berlino, ma in realtà la presa del Reichstag era avvenuta 2 giorni prima

Nel bunker sotterraneo di Hitler le riunioni si susseguivano sempre più surreali e drammatiche. In superficie i combattimenti si avvicinavano al centro, le strade erano in macerie, gli incendi si accendevano in tutti i quartieri e nel cielo aleggiava una pesante cappa di fumo e polvere che riduceva la visibilità e rendeva l'aria quasi irrespirabile. La Luftwaffe continuava a effettuare voli sopra la città, nonostante il contrasto degli aerei sovietici, per effettuare lanci di munizioni e materiali. Nonostante l'evoluzione catastrofica degli eventi, nel bunker predominavano ancora le illusioni: il generale Krebs rassicurò ancora una volta il Führer sulla solidità delle difese tedesche a Berlino e confermò che il ponte di Pichelsdorf sull'Havel era ancora in possesso dei giovani della Hitlerjugend e rimaneva a disposizione dell'armata Wenck. Hitler chiedeva continuamente notizie di Wenck e il generale Krebs riferì che l'armata sembrava aver fatto notevoli progressi in direzione di Berlino. Tra i dirigenti nazisti e gli alti ufficiali, come anche tra le truppe, erano infatti diffuse le voci sull'imminente arrivo dell'armata Wenck e anche degli americani che avrebbero salvato Berlino.
Nella realtà, all'alba del 28 aprile 1945 i tedeschi controllavano a Berlino ormai solo una stretta striscia di territorio e i giovani della Hitlerjugend tenevano il ponte sull'Havel in attesa di Wenck, per una lunghezza di circa 15 km e una larghezza di appena 5 km.
Quello stesso giorno ebbero inizio i combattimenti decisivi nell'area urbana centrale di Berlino. Gli alti comandi sovietici non avevano una conoscenza precisa della collocazione delle strutture di comando nemiche e in particolare non sapevano che Hitler si trovasse nel bunker sottostante la Cancelleria. Il Palazzo del Reichstag era stato fin dall'inizio designato come simbolo della vittoria dell'Armata Rossa e in quel punto vennero fatti convergere gli sforzi di tutte le armate in combattimento a Berlino: su quell'edificio avrebbe dovuta essere innalzata la bandiera della Vittoria sovietica entro il 1º maggio. La rivalità tra i 2 fronti sovietici si riaccese per l'ultima volta, con alcuni comandanti di Zukov che utilizzarono i carri armati distrutti per ostruire il passo ai rivali del Fronte Ucraino e sbarrargli la strada per il centro di Berlino. Di fronte al rischio di scontri fratricidi, l'alto comando sovietico diramò nuovi ordini tassativi che imposero al maresciallo Konev di deviare le sue forze verso ovest.
Mentre la battaglia era ancora in corso, l'alto comando sovietico decise di costituire una prima struttura amministrativa per riportare all'ordine i quartieri che venivano progressivamente occupati e il generale Nikolaj Berzarin venne quindi nominato "comandante della guarnigione di Berlino", con la completa autorità amministrativa e politica sulla città.
La battaglia di Berlino tuttavia non era finita. Il generale Čujkov aveva di fronte l'ostacolo del canale Landwehr, che sbarrava l'accesso al quartiere governativo e i carri armati potevano passare solo attraverso i due ponti Möckern e Potsdamer, fortemente presidiati dai reparti della SS Nordland. I soldati sovietici dovettero ricorrere a mezzi improvvisati per superare il corso d'acqua: alcuni reparti utilizzarono le gallerie della metropolitana, altri passarono attraverso i canali di scolo delle fogne della riva meridionale e poi risalirono per le condutture della riva settentrionale dopo aver attraversato a nuoto. I reparti corazzati, impiegando come esca un carro parzialmente incendiato e coprendosi con cortine fumogene, riuscirono a passare.
Tra l'esercito sovietico e il Reichstag rimaneva solamente il ponte Moltke, difeso da reparti fanatici del cosiddetto Kampfgruppe Mohnke, costituito soprattutto con unità SS delle guardie di Himmler e Hitler, per un totale di circa 5000 soldati. La topografia era particolarmente sfavorevole per le truppe sovietiche: oltre al ponte sul fiume Sprea, alcune aree, dove era in costruzione un tunnel ferroviario e un grande edificio, erano parzialmente inondate e difficilmente transitabili per i mezzi motorizzati. Nel primo mattino del 29 aprile 1945 finalmente i sovietici si stabilirono saldamente sulla riva meridionale del fiume. Iniziò anche l'assalto al Ministero degli Interni, conquistato dopo un'intera giornata. 
Il comando sovietico fece quindi affluire rinforzi di artiglieria e mezzi corazzati, con 89 cannoni, e vennero distribuite ai soldati una serie di bandiere rosse che avrebbero dovuto essere innalzate sul Reichstag in segno di vittoria. Il tenente Babick, a difesa del Parlamento e specialista dei combattimenti ravvicinati, diede prova di estrema determinazione, facendo fucilare sommariamente i soldati sbandati o indisciplinati ed espresse fino all'ultimo grande fiducia e organizzò la difesa schierando tutto intorno al palazzo del Reichstag piccoli gruppi di SS.
Nel vortice dei combattimenti la confusione stava aumentando, mentre diveniva sempre maggiore la frenesia tra i comandi sovietici per riuscire a conquistare al più presto il Reichstag e issare la bandiera della vittoria entro il 1º maggio. Il generale Šatilov alle 14:25 del 30 aprile segnalò erroneamente che sembrava di aver individuato, in mezzo al fumo, una bandiera rossa sventolare dal secondo piano dell'edificio. La comunicazione giunse attraverso la catena di comando fino al maresciallo Žukov che, desideroso di coronare il suo ruolo di conquistatore di Berlino, si affrettò a divulgare al mondo la sensazionale notizia con un comunicato. La notizia si rivelò rapidamente falsa e il maresciallo Žukov diede sfogo alla sua ira, ordinando al generale Šatilov di "issare in un modo o nell'altro una bandiera, anche nelle colonne dell'ingresso principale. In qualunque modo!".
L'assalto decisivo al Reichstag venne infine sferrato alle 18 del 30 aprile 1945, mentre il cielo si oscurava per il calare del sole e per la presenza di intense nubi di fumo e polvere provocate dai continui combattimenti. I primi a entrare dentro il Reichstag attraverso l'apertura praticata nel portone murato furono il capitano Neustroev e il sergente Ščerbina, che aveva issato la prima bandiera rossa sulle colonne del porticato d'entrata. Furono i soldati guidati dai sergenti Michail Minin, Gazi Zagitov e Aleksandr Lisimenko che, alle 21 del 30 aprile, salirono di corsa la scalinata interna e riuscirono a far sventolare per primi la bandiera dalla statua della Dea della Vittoria sul tetto della costruzione. In quel momento tuttavia nessuno poteva vedere lo stendardo e nessun fotografo era disponibile per riprendere la scena. L'impresa fu immortalata 2 giorni dopo dal celebre fotografo Evgenij Chaldej, che ricreò la scena della bandiera rossa sventolata sul Reichstag utilizzando 3 soldati presenti in quel momento sul campo della battaglia ormai terminata, diventando tra le più celebri dell'intera Seconda Guerra Mondiale. La propaganda sovietica non divulgò però questi dettagli sulle foto di Chaldej e i tre sergenti Mini, Zagitov e Lisimenko vennero ufficialmente riconosciuti come i protagonisti, ricevendo anche la decorazione di Eroe dell'Unione Sovietica.
La battaglia nel palazzo del Reichstag tuttavia non era conclusa, visto che i tedeschi asserragliati nei sotterranei erano ancora numerosi e bene armati. Dopo alcune trattative per concordare una resa, i difensori decisero di continuare a combattere e cercarono anche di incendiare l'edificio per costringere i sovietici a evacuare. Le truppe sovietiche dovettero superare ancora momenti difficili in mezzo al fumo dell'incendio e con scarse disponibilità di acqua; riuscirono infine a costringere alla resa i superstiti della guarnigione tedesca, che cedettero le armi al mattino del 2 maggio 1945. Nella battaglia nel settore del Reichstag i sovietici subirono ingenti perdite, oltre 2000 morti, mentre rivendicarono ufficialmente di aver ucciso circa 2500 soldati nemici e di averne catturati altri 2604.

Adolf Hitler, di cui questa è l'ultima foto da vivo, si suicidò nel suo bunker intorno alle 15:30 del 30 aprile 1945, insieme ad Eva Braun, sua amante, che aveva sposato il giorno prima. Aveva 56 anni. I loro corpi vennero portati nel cortile del bunker della Cancelleria, sommariamente cremati e seppelliti, per poi essere ritrovati alcuni giorni dopo dall'esercito sovietico


Anche gli ultimi giorni nel bunker sotto la Cancelleria, Hitler alternò fasi di cupa disperazione, scoppi di ira vendicativa e improvvisi momenti di entusiasmo e di irrealistico ottimismo. Il 28 aprile Hitler aveva organizzato il viaggio aereo fuori da Berlino del feldmaresciallo von Greim e della sua compagna Hanna Reitsch. Ancor prima della loro partenza, alle 19, Hitler venne a conoscenza, tramite l'intercettazione di un comunicato della BBC da Londra, che Heinrich Himmler era entrato in contatto con gli occidentali e aveva offerto la resa senza condizioni. Il tradimento di colui che era ritenuto il più fedele compagno, dopo il discutibile comportamento di Göring e l'apparente ostruzionismo di numerosi generali combattenti, scatenò l'ira di Hitler, che destituì subito da tutte le cariche Himmler e fece fucilare immediatamente per vendetta Hermann Fegelein, ufficiale di collegamento SS presso il bunker e cognato di Eva Braun, ritenuto a conoscenza del tradimento e recentemente catturato dopo un suo tentativo di diserzione.
Hitler venne poi informato dal generale Weidling sugli ultimi sviluppi militari a Berlino: le scorte di munizioni e le riserve di cibo erano praticamente esaurite e sarebbero state sufficienti solo per altri 2 giorni, le sue forze erano ridotte a circa 30.000 uomini con pochissimi mezzi corazzati. Il comandante della guarnigione proponeva di organizzare una sortita generale per rompere l'accerchiamento e marciare verso ovest verso l'Armata del generale Wenck, che sembrava essere entrata in collegamento con le truppe del generale Reymann asserragliate a Potsdam, portando con sè anche Hitler e i suoi collaboratori. Hitler respinse subito il piano: preferiva terminare la sua vita nella capitale piuttosto che cadere come un fuggiasco o essere fatto prigioniero dei sovietici. Hitler appariva ormai quasi completamente rassegnato: le ultime defezioni dei suoi collaboratori più fidati e la sequenza di cattive notizie dal fronte lo convinsero a prendere le ultime decisioni della sua vita.
Il 29 aprile Adolf Hitler dettò alle sue segretarie il suo testamento politico, in cui accusava del suo fallimento soprattutto i collaboratori più stretti che non avevano corrisposto alla sua fiducia ed esaltava la "guerra che un giorno passerà alla storia come la più gloriosa ed eroica manifestazione della lotta per l'esistenza di una nazione". Continuò a condannare "l'ebraismo internazionale" ed esortò i suoi successori a continuare a combatterlo "inesorabilmente". Il Führer indicò i successori designati per le cariche da lui ricoperte: l'ammiraglio Karl Dönitz come Presidente del Reich, Goebbels come cancelliere della Germania e il feldmaresciallo Schörner come comandante in capo della Wehrmacht. Completati questi atti formali, Hitler sposò con una breve cerimonia la sua compagna Eva Braun. La sera del 29 aprile si tenne la conferenza militare finale alla presenza dei generali Weidling e Mohnke. Hitler venne informato che le munizioni e i mezzi  erano ormai esauriti e la resistenza non avrebbe potuto essere prolungata per più di altre 24 ore. A questo punto Hitler sembrò completamente rassegnato; respinse una nuova proposta del generale Weidling di organizzare una sortita generale, affermò che, dopo la sua morte, i soldati superstiti avrebbero potuto uscire dalla città a piccoli gruppi e soprattutto specificò che non avrebbe dovuto essere concluso alcun atto formale di resa con i sovietici. All'1 di notte del 30 aprile Hitler ricevette l'ultima comunicazione via radio da parte del feldmaresciallo Keitel, in cui chiariva definitivamente che l'"Armata Wenck" era bloccata a Beelitz e non poteva più avanzare. Nessuno quindi sarebbe arrivato a salvare Berlino.
Il 30 aprile 1945 Adolf Hitler, dopo aver fatto colazione con le sue segretarie e aver salutato e ringraziato i suoi collaboratori e aiutanti personali, si ritirò insieme a Eva Braun nella sua stanza privata nel bunker e intorno alle 15:15 si suicidò ingerendo una fiala di cianuro e contemporaneamente sparandosi un colpo di pistola alla testa. Contemporaneamente, anche Eva Braun si suicidò ingerendo il veleno. I loro corpi furono trasportati in superficie, deposti in una trincea sommariamente scavata nel giardino e bruciati con circa 150 litri di benzina.
Goebbels, Bormann e Krebs a quel punto chiamarono alla Cancelleria il generale Weidling, che venne informato della fine del Führer e sollecitato a organizzare un contatto con i sovietici, con l'obiettivo di concordare un cessate il fuoco per dare tempo al nuovo governo dell'ammiraglio Dönitz di iniziare trattative formali con i sovietici. 

Karl Donitz divenne, secondo le ultime volontà di Hitler, Presidente del Terzo Reich dopo il suo suicidio, costituendo il Governo di Flensburg, che firmerà la resa incondizionata della Germania l'8 aprile 1945. Sarà giudicato a Norimberga ma non ritenuto colpevole di crimini contro l'umanità e morirà da uomo libero nel 1980, a 89 anni

Alle 3:50 del 1º maggio avvenne quindi il primo incontro tra i generali Krebs e Čujkov. Krebs informò i sovietici della morte di Hitler, lesse il suo testamento politico e una dichiarazione di Goebbels che chiedeva "condizioni soddisfacenti" di pace. Čujkov telefonò al maresciallo Žukov per avere istruzioni, il quale a sua volta informò subito Stalin. Il dittatore si rammaricò che non fosse stato possibile catturare vivo il Führer e richiese immediate ricerche del suo cadavere, ordinando di interrompere ogni trattativa e richiedere la resa immediata e incondizionata. I colloqui ripresero quindi senza grandi risultati e si trascinarono su questioni diplomatico/politiche: Krebs infatti non aveva i pieni poteri per concludere una resa formale e cercava di guadagnare tempo, affermando di dover consultare prima i nuovi dirigenti della Germania Goebbels e Dönitz. Dopo molte divagazioni e sterili discussioni, si riuscì a organizzare una linea telefonica di collegamento con il bunker. Goebbels ordinò quindi a Krebs di tornare indietro per nuove consultazioni. I sovietici imposero quindi un brusco ultimatum, richiedendo la resa senza condizioni per le 10:15 del 1º maggio. 
Nel bunker della Cancelleria Goebbels e Bormann rifiutarono, nonostante il parere favorevole di Weidling, di andare contro gli ordini di Hitler, che vietavano la resa e quindi respinsero le richieste sovietiche. Alle 16 venne inviato un ufficiale con un documento scritto che rifiutava ogni richiesta. Il maresciallo Žukov ordinò quindi la immediata ripresa delle operazioni e quindi dalle 18:30 del 1º maggio l'artiglieria aprì il fuoco in tutti i settori. L'Armata Rossa quindi completò la difficile conquista del Palazzo della Gestapo, della sede della Luftwaffe, del Palazzo centrale delle Poste e attaccarono la sede del Ministero delle Finanze, di fronte alla Cancelleria del Reich. I combattimenti dentro Berlino furono accaniti e sanguinosi fino all'ultimo: le unità tedesche e i volontari stranieri accerchiati si battevano disperatamente, mentre i soldati sovietici avanzavano prudentemente, impiegando soprattutto la potenza di fuoco dei cannoni e dell'artiglieria per cercare di evitare perdite inutili.
Il fallimento delle trattative convinse Goebbels che non ci fosse più alcuna via d'uscita. Lui e la moglie Magda, quindi, decisero di suicidarsi e la sera del 1º maggio 1945 si avvelenarono dopo aver ucciso con il veleno anche i loro 6 figli. I generali Krebs e Burgsdorf e il capitano Franz Schädle si suicidarono a loro volta, mentre nel bunker della Cancelleria si organizzava una disperata sortita per sfuggire ai russi. 
Il tentativo principale, effettuato a mezzanotte, attraverso il ponte di Weidendammer sulla Sprea, venne rapidamente contrastato dai soldati sovietici sulla Ziegelstraße e terminò in un disastro. Dopo 3 tentativi falliti di sfondamento, il gruppo si disperse e Martin Bormann rimase ucciso. Il gruppo guidato dal generale Mohnke con le segretarie di Hitler superò la Sprea su una passerella e in un primo tempo riuscì a proseguire, mentre il gruppo del generale Krukenberg con i superstiti della SS Nordland, comprese le SS francesi, venne respinto, dovette tornare indietro e in pratica si dissolse; la maggior parte, compreso Krukenberg, furono catturati o uccisi. Il 2 maggio anche il gruppo del generale Mohnke venne bloccato: gli uomini vennero presi prigionieri, mentre le segretarie riuscirono ad allontanarsi e raggiunsero avventurosamente l'Elba.
L'alto comando sovietico si allarmò per questi ripetuti tentativi di sfuggire all'accerchiamento e rinforzarono le difese per impedire nuove sortite, tra cui quella del generale Barenfanger, che decise di suicidarsi insieme alla moglie. La sortita più grande venne effettuata a partire dal 2 maggio dagli ultimi reparti tedeschi, che riuscirono a passare in direzione di Staaken ma, inseguiti e accerchiati, furono annientati entro il 5 maggio. I sovietici controllarono accuratamente i cadaveri all'interno dei mezzi blindati distrutti, alla ricerca di eventuali corpi dei principali capi nazisti.
Nel frattempo la battaglia di Berlino era ufficialmente già finita; la sera del 1º maggio il generale Weidling aveva deciso di arrendersi con la guarnigione della capitale. Un messaggio radio venne inviato alle unità sovietiche alle 00:40 del 2 maggio 1945, in cui veniva richiesto un cessate il fuoco. Si concordò un incontro al ponte Potsdamer, con cui il generale Čujkov accettò la resa della guarnigione di Berlino e, dopo un messaggio del ministero della propaganda del Reich che comunicava che Goebbels era morto, il generale Helmuth Weidling alle 6 attraversò le linee e si consegnò ai sovietici.
Il generale Čujkov incontrò quindi una delegazione del Ministero della Propaganda, che lo informò del suicidio di Goebbels e del generale Krebs e della probabile morte di Bormann, quindi ebbe un colloquio diretto con il generale Weidling, che accettò di firmare un documento indirizzato alle truppe tedesche in cui si ordinava il cessate il fuoco e la resa della guarnigione. Si effettuò anche una registrazione audio, letta personalmente dal generale Weidling, del documento di resa, che venne subito diffusa con gli altoparlanti per le vie di Berlino.
La Cancelleria del Reich, parzialmente in rovina e ormai abbandonata, venne raggiunta e occupata il mattino del 2 maggio, mentre erano in corso le trattative finali. Vennero catturate numerose insegne e simboli della Germania nazista, mentre nel giardino i sovietici trovarono i resti bruciati di Goebbels e di sua moglie e l'ingresso del bunker di Hitler. Nei giorni seguenti il tenente colonnello Ivan Klimenko individuò il luogo della sepoltura dei resti carbonizzati di Hitler ed Eva Braun e fece riesumare i corpi, che poi furono sottoposti ad autopsia. Anche se i risultati dell'indagine e le testimonianze confermavano l'identificazione dei corpi, per molto tempo ancora sarebbero continuate le ricerche e i dubbi sulla fine effettiva di Hitler.
Dentro Berlino il fuoco cessò effettivamente alle 18 del 2 maggio 1945. Dalle cantine e dai rifugi uscirono le truppe tedesche ancora presenti, che si incolonnarono demoralizzate verso i centri di raccolta per i prigionieri di guerra; nelle vie e nelle piazze della città in rovina si ammassarono i soldati sovietici che festeggiarono con entusiasmo la vittoria finale e la probabile fine della guerra in Europa. Le truppe delle varie armate si mischiarono e fraternizzarono; ci furono balli, canti, urla di gioia e grandi bevute di alcolici.
Il 7 maggio 1945, dopo gli ultimi tentativi falliti dell'ammiraglio Karl Dönitz di dividere la coalizione avversaria e arrendersi solo agli Alleati occidentali, il Terzo Reich cessò ufficialmente di esistere, firmando un primo documento di resa a Reims di fronte al generale Eisenhower. Un secondo documento di resa venne firmato la notte dell'8 maggio 1945 dal feldmaresciallo Keitel a Berlino di fronte al maresciallo Žukov, come espressamente richiesto da Stalin, che in questo modo volle evidenziare simbolicamente il ruolo decisivo svolto dall'Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale in Europa.

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