La battaglia finale della Guerra del Vietnam e della campagna di Ho Chi Minh, che portò alla riunificazione del Paese sotto l'impronta socialista. Il 30 aprile 1975 cadeva Saigon, capitale del Vietnam del Sud, occupata dall'Esercito Popolare del Vietnam del Nord e dei Viet Cong.
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La caduta di Saigon, il 30 aprile fu la battaglia finale della ventennale Guerra del Vietnam e della Campagna di Ho Chi Minh. La conquista della capitale del Vietnam del Sud portò all'unificazione del Vietnam in un unico Stato socialista guidato dal Partito Comunista del Vietnam |
La Campagna di Ho Chi Minh era il nome in codice assegnato dalla dirigenza politico/militare comunista alla nuova grande offensiva dell'Esercito regolare del Vietnam del Nord e dalle forze vietcong del Fronte di Liberazione Nazionale nella primavera del 1975 contro il Vietnam del Sud. Il nome era un omaggio al leader storico della lotta per l'indipendenza del Vietnam dalla dominazione francese e giapponese, che aveva traghettato il Paese verso l'indipendenza, venendo acclamato presidente della Repubblica Democratica del Vietnam nel 1941. Sarà Presidente fino alla morte, nel 1969, proprio l'anno in cui era scoppiata la Guerra del Vietnam.
L'offensiva aveva lo scopo di sconfiggere le forze militari del Vietnam del Sud e concludere la lunga e sanguinosa Guerra del Vietnam, che durava dal 1955, ossia 20 anni, dopo i provvisori accordi di pace di Parigi del 1973 e il ritiro completo delle forze armate statunitensi schierate per molti anni nel teatro bellico in appoggio del governo di Saigon.
All'avvio della Campagna di Ho Chi Minh, gli osservatori internazionali ritenevano iniziata una nuova fase della guerra, con un sanguinoso stallo tra i due fronti. La Cia, infatti, riteneva che il Vietnam del Sud avrebbe potuto resistere per tutto l'anno. Il 10 marzo 1975 la grande offensiva scattò dalle Montagne Centrali del Vietnam e in breve tempo portò alla conquista di Buôn Ma Thuột. L'esercito del Vietnam del Sud iniziò a quel punto una ritirata disordinata e costosa, sperando di ridistribuire le proprie forze e tenere la parte meridionale del Paese.
Vista la difficoltà del nemico, il Vietnam del Nord, supportato da artiglieria e carri armati, continuò a marciare verso Saigon catturando una dopo l'altra tutte le principali città del Vietnam del Sud tra cui Huế e Đà Nẵng. La fuga dei profughi, più di 300.000 profughi dalla sola Da Nang e la disordinatezza dell'esercito sudvietnamita annullarono praticamente subito le prospettive di qualsiasi controffensiva dei sudvietnamiti. Secondo l'intelligence Usa, solo un bombardamento con i B-52 contro Ha Noi avrebbe potuto fermare il Vietnam del Nord, ma non ci fu il tempo di autorizzarlo.
A partire dall'8 aprile 1975 il Politburo del Vietnam del Nord, che aveva raccomandato cautela, ordinò di continuare con vigore "un incessante attacco fino al cuore di Saigon", ribattezzando l'avanzata verso sud Campagna di Ho Chi Minh in onore del leader rivoluzionario morto nel 1969, nella speranza di vincere prima del suo compleanno, il 19 maggio. Nel frattempo, al Vietnam del Sud veniva negato un aumento degli aiuti militari da parte degli Stati Uniti, nonostante il Presidente Nguyễn Văn Thiệu sperasse in un rinnovato sostegno dell'alleato americano.
Il 9 aprile, dopo appena un mese, le forze nordvietnamite raggiunsero Xuân Lộc, ultima linea difensiva prima di Saigon. Qui i sudvietnamiti portarono avanti l'ultima resistenza: la città cadde dopo 11 giorni di feroci combattimenti e gravi perdite. La linea del fronte era a 42 km dalla capitale Saigon. La vittoria a Xuân Lộc aveva anche allontanato molte truppe sudvietnamite dalla zona del delta del Mekong, immediatamente occupata dai nordvietnamiti per circondare la città.
Il generale Nguyễn Văn Toàn, comandante delle forze sudvietnamite, aveva predisposto 5 centri di resistenza per difendere Saigon, collegati in modo da avvolgere l'intera area est, nord e ovest della città. Le truppe sudvietnamite intorno a Saigon erano circa 60.000 ma i profughi che si erano diretti nella capitale avevano aumentato il numero oltre le 250.000 unità, di cui molte erano però in pessimo stato e senza comandanti.
La rapida avanzata delle forze nordvietnamite aveva già fatto crescere la preoccupazione a Saigon: durante la guerra la città aveva vissuto una situazione abbastanza tranquilla e le sofferenze per la popolazione furono relativamente lievi, mentre ora si trovava per la prima volta sotto attacco diretto. Molti temevano che le forze comuniste, una volta conquistata la città, avrebbero portato avanti una sanguinosa rappresaglia.
Nel 1968 le forze nordvietnamite e i Viet Cong avevano occupato Huế per quasi un mese, e successivamente alla riconquista da parte delle forze americane e dell'ARVN erano state trovate alcune fosse comuni. Secondo uno studio preparato per la missione statunitense in Vietnam, le forze comuniste avevano indicato gli ufficiali dell'ARVN, cattolici, intellettuali e uomini d'affari come sospetti controrivoluzionari. Inoltre, 8 cittadini americani erano scomparsi da Buôn Ma Thuột e resoconti di decapitazioni ed esecuzioni erano giunti da Huế e Đà Nẵng. Molti americani e cittadini di Paesi alleati degli Stati Uniti vollero lasciare la città prima della caduta, seguiti dai sudvietnamiti collegati agli Stati Uniti e al Governo del sud.
Durante il mese di aprile 1975 le evacuazioni aumentarono velocemente, così il Defense Attaché Office (DAO) Usa cominciò a trasferire il personale non essenziale, rifiutando però di evacuare anche i loro amici vietnamiti o i propri dipendenti, tra cui figuravano mogli e bambini. Successivamente, sotto la pressione internazionale, il DAO incominciò a trasportare illegalmente vietnamiti senza documenti alla base statunitense Clark nelle Filippine.
Il 3 aprile 1975 il Presidente americano Gerald Ford annunciò l'Operazione Babylift, che avrebbe evacuato 2000 orfani dal Paese, insieme a più di 110.000 rifugiati vietnamiti.. Uno dei degli aerei Lockheed C-5 Galaxy coinvolti nell'operazione ebbe però un incidente e 155 persone, tra passeggeri ed equipaggio, morirono.
A questo punto l'Amministrazione Ford passò a pianificare l'evacuazione completa della presenza statunitense dal Vietnam del Sud il più velocemente possibile, per evitare il rischio di perdite o altri incidenti. L'ambasciatore degli Stati Uniti nel Vietnam del Sud, Graham Martin, era tecnicamente il comandante sul campo per ogni evacuazione, dal momento che le evacuazioni erano di competenza del Dipartimento di Stato. Martin scelse invece di mantenere l'evacuazione più tranquilla ed ordinata possibile per evitare il caos totale e impedire la possibilità che i sudvietnamiti si rivoltassero contro gli statunitensi, al fine di non avere spargimenti di sangue durante l'evacuazione.
Ford approvò alla fine un piano, mediato tra le opposte visioni, secondo il quale tutti, tranne 1250 statunitensi, sarebbero stati evacuati velocemente, tra cui il maggior numero possibile di profughi vietnamiti. I rimanenti 1250 avrebbero lasciato il Paese solo quando l'aeroporto sarebbe stato minacciato.
Intanto, Ford continuava a sperare di poter fornire altri aiuti al Vietnam del Sud e tentò di ottenere dal Congresso lo stanziamento di 722 milioni di dollari, mediante i quali ricostituire una parte delle forze armate sudvietnamite andate distrutte. Il Segretario di Stato Kissinger si oppose ad un'evacuazione totale fino a quando l'opzione degli aiuti fosse rimasta sul tavolo, perché la rimozione delle forze americane avrebbe significato una perdita di fiducia del Presidente Thiệu e un suo grave indebolimento agli occhi del Paese. Inoltre, i legali della Casa Bianca affermarono che l'utilizzo dell'esercito americano per salvare i cittadini in pericolo era conforme alla legge, ma non era chiaro se un intervento per il ritiro dei rifugiati sarebbe invece stato legittimo o meno.
Mentre i cittadini americani ebbero, a livello generale, la garanzia di lasciare il Paese semplicemente presentandosi ad un centro di evacuazione, i sudvietnamiti spesso fecero ricorso a soluzioni indipendenti: i pagamenti sottobanco necessari per ottenere un passaporto e un visto di uscita aumentarono di 6 volte e il prezzo di un trasbordo marittimo triplicò. Quelli che avevano proprietà nella città furono spesso costretti a svenderla o abbandonarla del tutto.
Man mano che il Vietnam del Nord conquistava il Sud, l'opposizione interna al Presidente Thieu era in continuo aumento. All'inizio di aprile il Senato votò all'unanimità a favore di una nuova amministrazione e alcuni alti comandanti militari stavano organizzando per un colpo di Stato. L'8 aprile il pilota sudvietnamita e simpatizzante comunista Nguyen Thanh Trung bombardò il palazzo presidenziale e poi volò fino ad una pista di atterraggio controllata dalle forze nordvietnamite. Thieu rimase illeso.
Molte persone della missione diplomatica americana, in particolare l'ambasciatore Martin, ritenevano che negoziati con i comunisti fossero ancora possibili, specialmente se il Vietnam del Sud fosse riuscito a stabilizzare la situazione militare. La speranza di Martin era che i comandanti del Vietnam del Nord fossero disposti a consentire un ritiro graduale, che avrebbe permesso una partenza ordinata e metodica e consentito di fornire aiuto alla popolazione sudvietnamita e la partenza di tutti gli americani nel giro di alcuni mesi. I pareri erano tuttavia discordi sul fatto che un Governo guidato ancora da Thieu fosse in grado di raggiungere una soluzione politica di compromesso. Il ministro degli Esteri del Governo Rivoluzionario Provvisorio del Fronte di Liberazione Nazionale Nguyễn Thị Bình affermò che sarebbe stato possibile negoziare con un governo di Saigon, purché non includesse Thieu. E così, anche tra i suoi sostenitori, crebbe la pressione per la destituzione.
Il presidente Thieu rassegnò infine le dimissioni il 21 aprile 1975 tra le lacrime con un annuncio televisivo, durante il quale denunciò gli Stati Uniti per il fallimento nel mancato sostegno al Vietnam del Sud. L'annuncio conteneva aperte accuse agli americani per aver forzato il Vietnam del Sud ad aderire agli Accordi di pace di Parigi, per non aver sostenuto il Vietnam del Sud e per aver chiesto al Paese "di fare una cosa impossibile, come riempire gli oceani con le pietre". Thieu definì l'abbandono da parte americana del Vietnam del Sud "un atto disumano da parte di un alleato disumano". La presidenza fu affidata al Vicepresidente Tran Van Huong. In un comunicato, il Vietnam del Nord si limitò ad affermare che il nuovo regime non era altro che "un altro governo fantoccio".
La dirigenza americana, d'altronde, era ormai rassegnata alla catastrofe. Il 23 aprile 1975 il Presidente Gerald Ford pronunciò le parole che chiudevano il pluridecennale coinvolgimento degli Stati Uniti in Indocina in un discorso tenuto alla Tulasne University a New Orleans, affermando che la Guerra del Vietnam era ormai finita per l'America, ammettendo che gli Stati Uniti rinunciavano ad ogni intervento per modificare il corso degli eventi e cercando di minimizzare, nel contesto generale della storia americana, l'importanza della sconfitta in Vietnam.
Il 27 aprile 1975 100.000 soldati nordvietnamiti cinsero d'assedio Saigon, colpendola con 3 razzi, e le poche truppe sudvietnamite rimaste dichiararono la caduta della città. L'aeroporto Tan Son Nhat, due giorni dopo, fu colpito da razzi e colpi di artiglieria pesante. Nel bombardamento iniziale, un aereo utilizzato per raccogliere sfollati proveniente dalla base di Clark nelle Filippine fu distrutto da un razzo durante il rullaggio. L'equipaggio, evacuato dall'aereo che bruciava sulla pista di rullaggio, lasciò il campo di volo su un altro velivolo. L'incessante lancio di razzi e i detriti resero le piste inagibili agli aerei, di conseguenza il generale Homer Smith, addetto militare degli Stati Uniti a Saigon, consigliò all'ambasciatore Martin di effettuare l'evacuazione d'emergenza di Saigon in elicottero. Oltretutto, un pilota sudvietnamita decise di disertare e si sbarazzò delle sue bombe lungo l'unica pista non ancora distrutta dai bombardamenti.
Su pressione di Kissinger, Martin costrinse i marine di guardia all'ambasciata a portarlo alla base aerea nel mezzo di un bombardamento, perché potesse accertarsi personalmente della situazione. Dopo aver riscontrato che l'evacuazione in aereo non poteva avere luogo, decisione che Martin non voleva prendere senza la sua diretta responsabilità, diede il via all'evacuazione con gli elicotteri.
Alle 10:48 Martin venne autorizzato da Kissinger ad attuare il piano di evacuazione Frequent Wind e la radio cominciò a trasmettere White Christmas di Irving Berlin, il segnale per il personale americano di spostarsi immediatamente ai punti di evacuazione. In base al piano, vari elicotteri sarebbero stati utilizzati per evacuare americani e vietnamiti alleati alle navi Usa nel Mar Cinese Meridionale. Il punto di evacuazione più importante era il Compound a Tan Son Nhat: numerosi bus si spostavano attraverso la città, raccogliendo passeggeri e trasportandoli all'aeroporto. Alla sera del 29 aprile 395 americani e più di 4000 vietnamiti erano stati evacuati.
I piani di evacuazione, in origine, non prevedevano un utilizzo su larga scala degli elicotteri per l'operazione all'ambasciata statunitense a Saigon. Durante l'evacuazione si scoprì però che alcune migliaia di persone erano rimaste nell'ambasciata, inclusi molti vietnamiti. Inoltre dei civili vietnamiti si raccolsero fuori dall'Ambasciata e scavalcarono i muri, nella speranza di chiedere lo status di rifugiati. Le tempeste meteorologiche aumentarono le difficoltà per le operazioni con gli elicotteri, ma nonostante tutto l'evacuazione dall'ambasciata continuò per tutta la serata e la notte, quasi senza pause. In un caso, un fotoreporter giapponese che stava scattando foto delle operazioni fu raggiunto dalla folla, caricato su di un elicottero e, inavvertitamente, evacuato insieme a tutti gli altri, rimanendo per settimane al campo profughi di Guam, prima di avere il permesso per tornare in Giappone.
Alle 3:35 del 30 aprile l'evacuazione dei rifugiati venne fermata. L'ambasciatore Martin ordinò infatti che da quel momento in poi i sudvietnamiti avrebbero lasciato il Paese insieme agli americani, ma Kissinger e Ford ordinarono a Martin di evacuare solo gli americani. Martin, con riluttanza, annunciò le nuove direttive. L'ordine di Martin era salire a bordo del primo elicottero disponibile, dal segnale di chiamata Lady Ace 09, il cui pilota aveva ricevuto direttamente dal Presidente Ford l'ordine di trasportare Martin. Il pilota, Gerry Berry, aveva gli ordini scritti a matita sulle proprie ginocchia. Nel caso in cui Martin avesse rifiutato di essere evacuato, i marines avevano l'ordine di arrestarlo e trasportarlo, in modo da garantire la sua sicurezza. La moglie di Martin, Dorothy, era già stata evacuata nei voli precedenti ma non prese con sé la sua valigia e in questo modo un'altra donna sudvietnamita poté salire a bordo con lei.
L'evacuazione dell'ambasciata coinvolse 978 americani e 1100 vietnamiti circa. I marines che avevano il compito di garantire la sicurezza dell'ambasciata partirono alle 7:53.
I piloti degli elicotteri che si dirigevano verso l'aeroporto Tan Son Nhat erano consapevoli di essere seguiti dalla contraerea nordvietnamita, che però scelse di non sparare per consentire la completa evacuazione e non rischiare un nuovo intervento americano. Nel frattempo, membri della polizia di Saigon, ai quali era stata promessa l'evacuazione in cambio della protezione per le operazioni americane, controllavano gli autobus e le masse di persone.
Martin venne trasportato sulla nave USS Blue Ridge, presso la quale implorò gli elicotteri di tornare al Compound dell'Ambasciata per raccogliere le poche centinaia di persone che speravano di essere evacuate. Nonostante le sue richieste fossero state respinte dal Presidente Ford, Martin convinse la flotta a stazionare al largo del Vietnam per altri giorni, in modo che chiunque fosse stato in grado di raggiungerla attraverso navi o aerei avrebbe potuto essere salvato. Molti dei vietnamiti evacuati poterono entrare negli Stati Uniti attraverso l'apposito Indochina Migration and Refugee Assistance Act.
Nei decenni successivi, quando Stati Uniti e Vietnam ristabilirono relazioni diplomatiche, il vecchio Palazzo dell'Ambasciata tornò agli americani. La storica scala che portava verso il tetto, sul quale era collocata la piazzola di atterraggio per l'elicottero, venne salvata e si trova ora esposta al Gerald R. Ford Presidential Museum di Grand Rapids nel Michigan.
Dopo che le sue aperture verso il Nord furono respinte, il Presidente Tran si dimise il 28 aprile, dopo appena una settimana di mandato, sostituito dal generale Dương Văn Minh, che presiedette un regime prossimo al collasso ma, visti i suoi antichi legami con i comunisti, sperava di poter negoziare un cessate il fuoco.
Il regime di Ha Noi, però, non intendeva negoziare. Non appena il neo Presidente Minh ebbe terminato il suo discorso di accettazione, una formazione di 4 aerei mezzi conquistati all'Aeronautica militare sudvietnamita bombardò l'aeroporto di Tan Son Nhut. Il generale Toan lasciò immediatamente Saigon, informando il Governo che la maggior parte dei capi militari delle forze sudvietnamite si era rassegnata alla sconfitta.
Alle 6 del 29 aprile, il generale nordvietnamita Dung ricevette l'ordine dal Politburo di "colpire con la più grande determinazione il nemico direttamente nel suo ultimo covo", ordinando ai suoi comandanti di avanzare per conquistare le strutture e i punti strategici della città. Alle 10:24 Minh annunciò la resa incondizionata: il generale comandò alle sue truppe di "cessare con calma le ostilità e di rimanere dove si trovano", mentre invitava il Governo Rivoluzionario Provvisorio a organizzare una "cerimonia per un ordinato trasferimento dei poteri, così da evitare un inutile spargimento di sangue tra la popolazione".
Il Vietnam del Nord non si dimostrò però interessato ad un pacifico trasferimento dei poteri. I carri nordvietnamiti, sotto il comando del colonnello Bùi Tín, sfondarono i cancelli del Palazzo dell'indipendenza, dove trovarono Minh e 30 suoi consiglieri che li aspettavano all'interno. Tin a quel punto disse a Minh: "Non ci sono dubbi sul trasferimento del potere. Il vostro potere non esiste più. Non potete lasciare quello che non avete". Minh a quel punto emise un comunicato dichiarava il governo sudvietnamita era "completamente dissolto a tutti i livelli". Era il 30 aprile 1975. La guerra del Vietnam era finita.
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