La persecuzione e l'uccisione sistematica di cittadini da parte dei Khmer Rossi sotto la guida del Primo Ministro della Cambogia Pol Pot. Il 17 aprile 1975 prendeva il via il genocidio in Cambogia, in cui fino al 7 gennaio 1979 troveranno la morte fino a 3 milioni di persone, tra il 25 e il 40% della popolazione del Paese.
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In Kampuchea Democratica, come era chiamata la Cambogia durante il Governo di Pol Pot (1975 - 1979), sono stati uccisi da 1,5 a 3 milioni di cambogiani, il 25% della popolazione del piccolo Paese. Per le proporzioni del fenomeno, è oggi considerato un caso unico e senza precedenti nella storia dell'umanità, anche se poco conosciuto |
La situazione in Cambogia esplose nel 1968 negli stessi anni della guerra nel vicino Vietnam, quando i Khmer Rossi, milizia armata comunista, lanciarono ufficialmente un'insurrezione su scala nazionale in tutto il Paese, che assunse ben presto le dimensioni di una vera e propria guerra civile. Anche se il Governo del Vietnam del Nord non era informato della decisione dei Khmer Rossi, le sue milizie fornirono loro rifugio e armi dopo l'inizio dell'insurrezione. Fu proprio il sostegno nordvietnamita a rendere difficile per l'esercito regolare contrastare efficacemente l'insurrezione, che nei 2 anni successivi crebbe, anche perché il Re Norodom Sihanouk fece ben poco per fermarla. Con l'aumento delle adesioni alla rivolta, i Khmer Rossi mutarono ufficialmente nome in Partito Comunista di Kampuchea.
Il Re Sihanouk fu deposto il 18 marzo 1970 dal premier Lon Nol, nazionalista di destra, con l'appoggio dell'Assemblea Nazionale, instaurando la Repubblica Khmer, alleata degli Stati Uniti. Su consiglio del Partito Comunista Cinese (PCC) Re Sihanouk, che si trovava in esilio a Pechino, strinse quindi un'alleanza con i Khmer Rossi, suoi ex nemici giurati, e divenne il capo dell'autoproclamato Governo della Cambogia in esilio (GRUNK), sostenuto dalla Cina. Pur essendo pienamente consapevole della debolezza delle forze di Lon Nol e poco incline a impegnare direttamente l'esercito in un altro conflitto, dopo la crescente impopolarità di quello in Vietnam, il Presidente Richard Nixon annunciò il suo sostegno alla Repubblica Khmer, ma offrendo al massimo supporto aereo.
La situazione precipitò quando, il 29 marzo 1970, appena 11 giorni dopo la deposizione del Re, il Vietnam del Nord lanciò un'offensiva contro l'esercito della Cambogia. I documenti rinvenuti negli archivi dell'Unione Sovietica rivelano che l'invasione fu lanciata su esplicita richiesta dei Khmer Rossi. I nordvietnamiti conquistarono rapidamente gran parte della Cambogia orientale, arrivando a 24 km dalla capitale Phnom Penh prima di essere respinti. A giugno, comunque, un terzo del Paese, la parte nord-orientale, era in mano alle forze comuniste, che le avevano consegnate ai Khmer Rossi, che iniziarono presto ad amministrare aree anche nella parte meridionale e sudoccidentale del Paese, e ad agire indipendentemente dai vietnamiti.
Dopo che il Re emerito Sihanouk dimostrò il suo sostegno ai Khmer Rossi con una visita ufficiale sul campo, i loro ranghi passarono da 6.000 a 50.000 combattenti: molte delle nuove reclute erano infatti contadini senza inclinazione politica, che combattevano a sostegno del Re piuttosto che per il comunismo, di cui non sapevano quasi nulla.
Gli Stati Uniti, di contro, intrapresero una vasta campagna di bombardamenti, la cosiddetta Operazione Breakfast, iniziata il 18 marzo 1969, che ha causato da 30.000 a 500.000 vittime, accrescendo ancora di più il reclutamento nelle milizie comuniste. I bombardamenti ebbero l'effetto desiderato, ossia la rottura dell'accerchiamento comunista di Phnom Penh, ma accelerarono anche il collasso della società rurale e aumentarono la polarizzazione sociale.
Dopo il fallito assedio della capitale, la situazione si trascinò per 3 anni in una fase di sostanziale stallo, fino all'elezione di Gerald Ford come Presidente degli Stati Uniti alla fine del 1974. Benché anch'egli repubblicano, Ford era molto meno incline a sostenere costose guerre per procura dall'altro capo del mondo, dopo la devastante esperienza del Vietnam, e ridusse drasticamente gli aiuti militari a Lon Nol. Il Governo si trovò ben presto a corto di munizioni e iniziò ad arretrare. Il 17 aprile 1975, i Khmer Rossi catturarono infine Phnom Penh e posero fine alla guerra civile. Le stime sulle effettive vittime del conflitto variano molto: il Re Sihanouk ha parlato di 600.000 morti complessivi, ma stime recenti arrivano fino a 1 milione, civili inclusi.
A partire dagli Anni '50, Pol Pot, leader dei Khmer Rossi dal 1963, aveva compiuto frequenti visite in Cina, che dal 1949 era diventata uno Stato comunista dopo la guerra civile, la Repubblica Popolare Cinese. Mao aveva disposto il suo addestramento politico e militare e dal novembre 1965 al febbraio 1966 alti funzionari del PCC lo educarono sulla rivoluzione comunista in Cina, i conflitti di classe e l'Internazionale Comunista.
Nel 1970, come detto, il colpo di Stato del Primo Ministro Lon Nol aveva destituito il Re Norodom Sihanouk, che era fuggito a Pechino, dove si trovava anche Pol Pot. Su consiglio del PCC, i Khmer Rossi cambiarono quindi posizione e, per sostenere Sihanouk, avevano fondato il Fronte Unito Nazionale della Kampuchea. La Cina iniziò quindi a sostenere i Khmer Rossi, mandando loro 400 tonnellate di aiuti militari nel solo 1970. Nell'aprile 1974, Sihanouk e i leader dei Khmer Rossi incontrarono Mao a Pechino, il quale sostenne la loro linea generale ma impose che i Khmer Rossi reinstallassero Re Sihanouk a capo del Paese dopo aver vinto la guerra civile.
Nel giugno 1975, Pol Pot e altri funzionari dei Khmer Rossi incontrarono Mao Zedong a Pechino, dove Mao tenne una lezione sulla sua Teoria della Rivoluzione Continua sotto la Dittatura del Proletariato, inviando a Pol Pot in dono oltre 30 libri scritti da Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin e Joseph Stalin. Durante questo incontro, Mao disse a Pol Pot: "Siamo d'accordo con te! Gran parte della tua esperienza è migliore della nostra. La Cina non è qualificata per criticarti. Abbiamo commesso errori politici 10 volte i tuoi in 50 anni, alcuni a livello nazionale, altri a livello locale. Pertanto, dico che la Cina non ha alcun titolo per criticarti, ma per applaudirti. Fondamentalmente hai ragione. Per fare la rivoluzione esistono due possibilità: il socialismo e il capitalismo. La nostra situazione attuale è questa. Tra 50 o 100 e 10mila anni, la lotta tra queste due ideologie esisterà ancora. Anche quando il comunismo sarà realizzato, la lotta esisterà ancora, altrimenti, non esiste marxismo. Credo in ciò che hanno detto Marx e Lenin, secondo cui la via del progresso è tortuosa. Il nostro Stato attuale è, come disse Lenin, uno Stato capitalista senza capitalisti. Questo Stato protegge i diritti dei capitalisti e i salari non sono uguali. Sotto lo slogan dell'uguaglianza, è stato introdotto un sistema di disuguaglianza". Pol Pot rispose: "La questione sollevata dal Presidente Mao è un'importante punto strategico. Ho letto e studiato diverse opere del Presidente fin da giovane, in particolare la teoria della guerra popolare. Le vostre opere hanno guidato tutto il nostro partito". Anche il Premier cinese Zhou Enlai avvertì Sihanouk e i leader dei Khmer Rossi del pericolo di una svolta immediata e radicale verso il comunismo, citando gli errori del Grande Balzo in Avanti cinese.
Durante il genocidio, la Cina sarà il più grande sostenitore militare ed economico dei Khmer Rossi, fornendo più di 15.000 consiglieri militari e almeno il 90% degli aiuti esteri, inviando nel solo 1975 1 miliardo di dollari in aiuti economici e militari il più grande aiuto mai dato a un singolo paese dalla Cina. Le crisi interne nel 1976 dopo la morte di Mao impediranno poi a Pechino di esercitare un'influenza sostanziale sulle politiche dei Khmer Rossi.
Mao Zedong morì il 9 settembre 1976, all'età di 82 anni, dando il via a un lungo periodo di transizione che si concluse con la nomina di Deng Xiaoping a nuovo leader supremo a dicembre 1978. Durante questo periodo, Pol Pot effettuò una visita ufficiale in Cina, a luglio 1977, accolto dal Presidente Hua Guofeng e da altri alti funzionari del PCC; Chen Yonggui, Vice Premier della Cina, visitò a sua volta la Cambogia nel dicembre 1977, elogiando i risultati del suo movimento verso il comunismo e rinsaldando l'alleanza tra i due Paesi. Anche Son Sen, leader dei Khmer Rossi e Ministro della Difesa della Kampuchea Democratica, visitò la Cina e ottenne l'invio di altri aiuti militari.
Tuttavia a gennaio 1979, un mese dopo l'elezione di Deng Xiaoping, il Vietnam invase la Cambogia sconfiggendo i Khmer Rossi, ponendo fine al genocidio e istituendo la Repubblica Popolare di Cambogia. Per contrastare il potere dell'Unione Sovietica e del Vietnam nel Sud-est asiatico, la Cina condannò ufficialmente l'invasione e continuò a fornire supporto ai Khmer Rossi, arrivando ad avviare una vera e propria invasione del Vietnam, di cui Deng Xiaoping aveva avvertito in anticipo il Presidente Usa Jimmy Carter, vista l'instaurazione di relazioni diplomatiche formali tra Cina e Stati Uniti il 1° gennaio 1979. Deng fu convinto da una conversazione con il primo ministro di Singapore, Lee Kuan Yew, a limitare la portata e la durata della guerra.
I Khmer Rossi continuarono comunque a detenere il seggio ONU della Cambogia fino al 1982, sostituiti poi da una coalizione sempre da essi dominata, il Governo di Coalizione della Kampuchea Democratica (CGDK), che manterrà il seggio della Cambogia fino al 1993.
La Cina continuò ad addestrare soldati Khmer Rossi sul proprio territorio almeno fino al 1986, stanziò consiglieri militari fino al 1990 e fornì almeno 1 miliardo di dollari in aiuti militari durante gli Anni '80. Anche dopo gli accordi di pace di Parigi del 1991, che chiusero ufficialmente il conflitto, la Thailandia ha continuato a consentire ai Khmer Rossi di commerciare e spostarsi attraverso il confine per sostenere le loro attività, sebbene le critiche internazionali, in particolare da parte degli Stati Uniti e dell'Australia, l'abbiano portata a non ammettere mai alcun supporto militare diretto.
L'ideologia ha avuto un ruolo di primo piano nel genocidio. Pol Pot ed i khmer rossi miravano a riportare la Cambogia al suo "passato mitico" del potente Impero Khmer (che dall'802 al 1431 dominava il Sud Est Asiatico, con capitale Angkor Wat), frenare l'influenza negativa degli aiuti stranieri e della cultura occidentale, e ricondurre il paese a una società agraria.
I Khmer Rossi costrinsero quasi tutto il popolo della Cambogia a lavorare in gruppi di lavoro mobili, un esperimento sociale di mobilizzazione unico nelle rivoluzioni del XX secolo, costringendo la popolazione a turni estenuanti e condizioni di lavoro disumane, a morte per fame, spostamenti coatti, collettivizzazione delle terre e terrore di Stato.
A confronto con il genocidio armeno, perpetrato dall'Impero Ottomano, e con l'Olocausto, anche qui il razzismo era una componente preponderante: tutti e 3 presero di mira minoranze religiose e cercarono di usare la forza per espandersi in quello che credevano essere il loro territorio, in questo caso l'antico Impero Khmer. Tutti e 3 i regimi, inoltre idealizzarono la loro classe contadina come la vera classe "nazionale", il substrato etnico su cui il nuovo stato sarebbe cresciuto.
Come negli altri due casi, poi, anche il regime dei Khmer Rossi è diventato noto per avere praticato torture ed esperimenti medici, anche solo sulla base del sospetto di essere contro il regime o perché altri prigionieri avevano fornito i loro nomi sotto tortura. Insieme con loro, le loro intere famiglie, inclusi neonati e bambini, finivano in prigione sotto tortura, perché i Khmer Rossi temevano che i parenti avrebbero cercato di vendicarli. Una delle massime di Pol Pot, non a caso, affermava che "se si vuole estirpare l'erba, bisogna estirpare le radici". La maggior parte dei prigionieri non sapeva neanche per quale motivo fosse stata imprigionata e, se chiedevano, veniva risposto loro che Angkar (Il Partito Comunista di Kampuchea) non commette mai errori e che c'era sicuramente qualcosa di illecito che avevano fatto.
Come raccontato dai sopravvissuti, le torture erano tanto atroci che i prigionieri cercavano in tutti i modi di suicidarsi, persino utilizzando dei cucchiai, e le loro mani erano costantemente legate dietro la schiena proprio per evitare che si suicidassero o cercassero di fuggire. Quando si riteneva che non potessero fornire ulteriori informazioni, venivano bendati e inviati nei Killing Fields, cioè delle fosse comuni dove i deportati venivano uccisi di notte con utensili da contadini come falci o chiodi con martello, dal momento che i proiettili erano troppo costosi per il regime, e le loro urla erano coperte da altoparlanti che suonavano musica propagandistica.
Il semplice indossare degli occhiali, ritenuti dai Khmer Rossi simbolo identificativo degli intellettuali, era sufficiente per essere deportati e uccisi. Un trattamento particolare era riservato ai neonati e ai bambini dei prigionieri, i quali venivano sottratti con la forza alle loro madri, portati nei Killing Fields e scaraventati con violenza contro i cosiddetti alberi di Chankiri, al fine di ucciderli.
Le torture non furono praticate solo all'interno di S-21, il principale centro di prigionia sul territorio cambogiano, e non avevano solo lo scopo di costringere il prigioniero a confessare, ma erano anche praticate come passatempo dalle guardie, che temevano di diventare esse stesse prigionieri se avessero trattato meglio i prigionieri. Inoltre, diversamente dagli altri regimi totalitari in cui i soldati e le guardie erano adulti e spesso soffrivano di stress psicologico quando dovevano compiere omicidi di massa con fucili (cosa che portò Hitler a introdurre le camere a gas), le guardie delle prigioni del regime dei Khmer Rossi erano spesso ragazzini, non mostravano inibizioni e non erano coscienti in pieno delle loro azioni.
Durante il regime dei Khmer Rossi, i medici del precedente regime furono uccisi o mandati nelle campagne affinché lavorassero come contadini e la biblioteca della Facoltà di medicina di Phnom Penh fu bruciata. Il regime istituì in compenso il corpo dei cosiddetti "medici bambini", ragazzi con nessuna o pochissima formazione ed esperienza, senza nozioni di medicina occidentale, che era vietata perché considerata un'invenzione capitalista e riservata solo ai gerarchi, e dovevano compiere esperimenti medici per progredire con le proprie. Non possedevano neanche medicinali occidentali, dal momento che la Cambogia doveva essere autosufficiente e, di conseguenza, tutti gli esperimenti medici erano condotti senza anestesia. Ad esempio, all'interno di S-21 a una ragazza di 17 anni fu tagliata la gola e il suo addome fu forato, e successivamente fu percossa e messa in acqua per tutta la notte; la procedura fu ripetuta molte volte e fu compiuta senza anestesia. In un ospedale della provincia di Kampong Cham, dei medici bambini tagliarono l'intestino di una persona viva non consenziente e unirono le terminazioni per studiare il processo di guarigione. Il paziente morì 3 giorni dopo. Nello stesso ospedale, altri "medici" aprirono il petto di una persona viva per vedere il suo cuore battere, portando alla morte immediata del paziente. Furono praticati anche test di "medicinali", per esempio iniettando succo di cocco nel sangue di una persona viva per studiarne gli effetti, con esito letale. Gli esperimenti medici praticati dai Khmer Rossi furono paragonabili a quelli effettuati dalla dittatura nazista, i quali però per la maggior parte riguardavano test di medicinali, accoppiamento, eugenetica.
Il libro Cambogia Anno Zero di François Ponchaud, pubblicato nel 1977, è stato uno dei primi autori a far conoscere al mondo il genocidio della Cambogia. Ponchaud scrisse che il genocidio "era soprattutto la trasposizione in azione della particolare visione di un uomo: una persona ridotta alla fame da un regime corrotto non può essere riformata, dev'essere eliminata fisicamente dalla fratellanza dei puri." Il più famoso libro, Murder of a Gentle Land, scritto da John Barron e Anthony Paul, vide la luce nello stesso anno ed era basato sulle testimonianze dei rifugiati all'estero.
Oggi sappiamo che giù nel 1973, Kenneth Quinn, funzionario dell'ambasciata degli Stati Uniti in Cambogia, esternò le sue preoccupazioni per le atrocità commesse dai Khmer Rossi durante la guerra civile. In una relazione, affermò che il regime dei khmer rossi aveva "molto in comune con i regimi totalitari della Germania nazista e dell'Unione sovietica. Ciò che emerge come spiegazione del terrore e della violenza che ha sconvolto la Cambogia durante gli Anni '70, è che uno sparuto gruppo di intellettuali alienati, esasperati dalla loro percezione di una società corrotta e pervasi dal piano maoista di creare un puro ordine socialista nel più breve tempo possibile, reclutarono ufficiali giovanissimi, poveri e invidiosi, li educarono a metodi severi e brutali imparati da esperti stalinisti, e li usarono per annientare fisicamente le basi della civiltà khmer e per imporre una nuova società attraverso purghe, esecuzioni e violenza".
Alla fine del 1978 il Vietnam invase la Cambogia sia a causa delle divergenze ideologiche che alla contrarietà del Governo verso gli eccidi che coinvolgevano anche la minoranza vietnamita. L'esercito cambogiano fu sconfitto facilmente e Pol Pot fuggì verso il confine tailandese. Nel gennaio 1979 il Vietnam instaurò un Governo fantoccio guidato da Heng Samrin, composto da Khmer Rossi che erano fuggiti in Vietnam per evitare le purghe, annuncio a cui fece seguito l'ampia defezione verso il Vietnam degli ufficiali appartenenti ai Khmer Rossi della Cambogia orientale, che temevano che sarebbero stati accusati di collaborazionismo. Pol Pot mantenne comunque un seguito sufficiente a mantenere il combattimento in una piccola area nell'ovest della nazione. Nonostante l'intervento della Cina, alleata di Pol Pot, il 7 gennaio 1979 cadde anche la capitale Phnom Penh.
Il 15 luglio 1979 il nuovo Governo della Repubblica Popolare di Kampuchea emanò il Decreto legge n° 1, che consentì il processo a Pol Pot e a Ieng Sary, ex vicepremier e ministro degli Esteri, per il crimine di genocidio, furono processati in contumacia perché fuggiti in Thailandia e giudicati colpevoli di genocidio. Influenzati dalla realpolitik, sia gli Stati Uniti e la Cina continuarono ad appoggiare Pol Pot e la sua ostilità nei confronti dell'Unione Sovietica, incoraggiando un'alleanza anti-vietnamita tra Pol Pot, il Re emerito Sihanouk e il nazionalista Son San. Pol Pot si dimise ufficialmente nel 1985 dalla guida dei Khmer Rossi, restando capo del Partito Comunista di Kampuchea e come forza dominante dell'alleanza.
Nel 1989, dopo 10 anni, il Vietnam si ritirò dalla Cambogia, ma Pol Pot si rifiutò di cooperare al processo di pace e continuò a combattere il nuovo Governo di coalizione, tenendo in scacco le forze governative fino al 1996, quando le truppe demoralizzate iniziarono a disertare.
Nel 1997 Pol Pot arrivò a far giustiziare il suo braccio destro di sempre, Son Sen, colpevole di star trattando accordo col Governo: a seguito di questo atto, per evitare ulteriori diserzioni di massa, venne arrestato dal capo militare dei Khmer Rossi Ta Mok e confinato agli arresti domiciliari a vita. Ad aprile 1998, Ta Mok fuggì nella foresta a seguito di un nuovo attacco dell'esercito regolare e portò Pol Pot con sé. Nel giro di pochi giorni, si diffuse la notizia che i Khmer Rossi avevano accettato di consegnare Pol Pot a un tribunale internazionale, ma l'ex dittatore morì improvvisamente il 15 aprile 1998 a quasi 73 anni, per un infarto.
Solo dopo la sua morte e lo scioglimento dei Khmer Rossi nel 1999 iniziarono le prime ammissioni. Nel 1999 Kang Kek Iew (detto Duch) ammise le sue colpe per i crimini commessi nella prigione di Tuol Sleng, dove circa 17.000 prigionieri politici erano stati torturati e giustiziati. Duch espresse rimorso per le sue azioni, affermando che era disposto ad affrontare il processo e a testimoniare contro i suoi ex colleghi, dove infatti ammise di essere responsabile dei crimini avvenuti a Tuol Sleng. Il 26 luglio 2010 fu giudicato colpevole per i reati di crimini contro l'umanità, tortura e omicidio e fu condannato a 35 anni di prigione, sentenza commutata in ergastolo nel 2012.
Tra gli altri leader dei Khmer Rossi, Nuon Chea (chiamato "Fratello Numero Due") fu arrestato il 19 settembre 2007 ma negò tutte le accuse, affermando che non aveva mai dato ordini di maltrattare o uccidere persone, di privarle di cibo o di commettere un genocidio. Fu giudicato comunque colpevole nel 2014 e condannato all'ergastolo. In seguito ha mostrato rimorso e ha accettato la responsabilità morale dei suoi crimini.
Dopo essersi trasferito in una facoltosa villa a Phnom Penh, Ieng Sary fu invece arrestato il 12 novembre 2007 e accusato di crimini contro l'umanità assieme a sua moglie Ieng Thirith, ma morì di attacco cardiaco nel 2013 mentre il suo processo era ancora in corso. Un altro leader, Khieu Samphan, fu arrestato il 19 novembre 2007, accusato di crimini contro l'umanità, giudicato colpevole nel 2014 e condannato all'ergastolo. Nel 2017 Samphan espresse il desiderio di inchinarsi alla memoria delle sue vittime innocenti, ma aggiunse che soffriva per coloro che avevano combattuto per il loro ideale di avere un futuro migliore. Fu anche fatto appello contro la sentenza, ma il 22 settembre 2022 il tribunale ha confermato la condanna.
La storiografia ha appurato che durante l'esistenza della Kampuchea Democratica (1976 - 1979) sono stati uccisi da 1,5 a 3 milioni di cambogiani, il 25% della popolazione. Per le proporzioni del fenomeno e la percentuale delle vittime, il genocidio cambogiano è considerato come un caso unico e senza precedenti nella storia dell'umanità.
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