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80° - Attacco a Pearl Harbor

L'attacco aereo a sorpresa che coinvolse gli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, "un giorno che rimarrà nell'infamia", come dirà al Congresso il Presidente Usa Franklin Delano Roosevelt. Il 7 dicembre 1941 l'aviazione giapponese, senza alcun avvertimento, attaccò la base navale americana di Pearl Harbor, causando 2.403 morti tra gli americani e 64 tra i giapponesi, più la distruzione di 188 aerei alleati.

La base navale di Pearl Harbor, costruita nel 1899 nelle Isole Hawaii, venne attaccata all'alba del 7 dicembre 1941 dall'aviazione giapponese, un assalto a sorpresa che trascinò gli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Unita nel 2005 alla base aerea di Hickam, oggi è il quartier generale della flotta statunitense nell'Oceano Pacifico


La continua espansione della sfera di influenza degli Stati Uniti nel Pacifico fin dalla fine dell'Ottocento, con l'annessione di Hawaii e Filippine, aveva reso Usa e Giappone consapevoli che il rischio di un conflitto era elevato. Le relazioni tra i due Stati erano rimaste abbastanza cordiali, nonostante il rifiuto americano di inserire la Proposta per l'Uguaglianza Razziale proposta da Tokyo nel Trattato di Versailles del 1919.
L'evento che cambiò i rapporti tra i due Stati fu l'invasione della Manciuria nel 1931, che puntava a isolare la Cina dal resto del mondo e ottenere l'accesso alle sue risorse naturali. Nel 1937 iniziò la Seconda Guerra Sino-Giapponese. Gli Usa erano in posizione neutrale, ma i giapponesi bombardarono la USS Panay mentre tentava di salvare alcuni civili cinesi sul fiume Yangtze. Il Massacro di Nanchino del 1938, in cui le forze giapponesi uccisero tra 50 e 300 mila civili nell'allora capitale cinese, e l'Incidente Allison, in cui l'ambasciatore Usa venne colpito in volto da un manifestante, portarono l'opinione pubblica americana su posizioni decisamente ostili ai giapponesi.
Nel 1940, a guerra iniziata, il Giappone invase anche l'Indocina Francese. Gli Stati Uniti fermarono ogni rifornimento di armi e materiali a Tokyo a eccezione del petrolio. Avere un Giappone dipendente dal petrolio americano era infatti considerata una garanzia contro atti ostili. Il Presidente Franklin Delano Roosevelt ordinò la fortificazione delle Filippine e lo spostamento della flotta nel Pacifico da San Diego alle Hawaii.
I generali giapponesi pensarono così che Washington si stesse preparando alla guerra, che sarebbe scattata nel momento dell'attacco a qualunque avamposto inglese nella regione. La soluzione, per togliere agli americani il vantaggio, era un attacco preventivo. Il Giappone, che intendeva invadere le Filippine, non poteva sapere che gli Stati Uniti avevano già in programma di abbandonarle in caso di conflitto aperto perché indifendibili.
Nel 1941 gli Stati Uniti cessarono anche i rifornimenti di petrolio al Giappone, che per sostituirlo puntava alle ricche colonie europee in Asia. Era chiaro però che gli Stati Uniti sarebbero entrati in guerra a seguito di qualunque atto ostile contro gli alleati.
Il Giappone tentò la strada diplomatica, offrendo il ritiro da gran parte di Cina e Indocina e la fine di ogni embargo commerciale con gli altri Stati, a condizione che gli Stati Uniti riprendessero i rifornimenti. Il Presidente Roosevelt, contro ogni previsione, rifiutò i termini, nonostante il conciliante governo Konoye fosse in difficoltà. Il Giappone offrì di ritirarsi dall'Indocina e cessare ogni ulteriore attacco a condizione che le potenze occidentali riprendessero i rifornimenti e cessassero quelli alla Cina. Gli Stati Uniti risposero con la durissima Nota Hull, che prevedeva il ritiro giapponese dalla Cina senza condizioni e la firma di trattati di non aggressione con tutte le potenze occidentali. 
L'Imperatore Hirohito convocò le Conferenze Imperiali, riunioni delle massime autorità statali per le materie di massima urgenza. I generali lo convinsero che ritirarsi dalla Cina avrebbe comportato un'umiliazione internazionale, oltre a non risolvere i gravi problemi di approvvigionamento. Il 1° dicembre 1941 Hirohito diede approvazione ufficiale a un'operazione militare coordinata contro gli Stati Uniti per impedire che la marina americana interferisse con i progetti espansionistici giapponesi nel Pacifico.

Il bilancio dell'attacco a Pearl Harbor fu pesantissimo: 2403 morti, 188 aerei distrutti e 4 navi da guerra affondate. Di contro, l'aviazione giapponese contò 64 morti e 29 aerei distrutti. Nella foto, l'affondamento della USS Arizona, oggi un vero e proprio memoriale subacqueo


Il generale Isoroku Yamamoto, comandante dell'esercito giapponese, aveva richiesto che fosse inviata una formale comunicazione di fine trattative diplomatiche agli Usa, ma ciò non avvenne: l'attacco, quindi, ebbe luogo senza alcuna formale dichiarazione di guerra, cosa imperdonabile agli occhi degli Stati Uniti. Il messaggio venne notificato in due parti all'ambasciata del Giappone a Washington, ma l'ufficio ci mise troppo tempo a trascriverla e non venne consegnata se non un'ora dopo l'inizio dell'attacco. Il documento, comunque, non conteneva alcuna dichiarazione di guerra nè rottura delle relazioni diplomatiche. I quotidiani giapponesi l'8 dicembre uscirono con una dichiarazione di guerra che non era mai stata recapitata agli Stati Uniti. 
Il 7 dicembre 1941, alle 7:48, cominciò l'assalto giapponese a Pearl Harbor. La prima ondata era composta da 183 aerei, la seconda da 171. Il raid durò in tutto appena 9 minuti.
Il bilancio era drammatico per gli Stati Uniti: 2008 marinai uccisi e 710 feriti, 218 soldati e avieri uccisi e 364 feriti, 109 Marine uccisi e 69 feriti, 68 civili uccisi e 35 feriti. In totale, le vittime americane erano 2403, più 1143 feriti. Diciotto navi erano affondate o rese inutilizzabili, tra cui 5 navi da guerra. Circa metà delle vittime erano dovute all'esplosione del deposito di munizioni nella stiva dell'Arizona. Dei 402 aerei, 188 vennero distrutti e 159 danneggiati, oltre a 3 aerei civili in volo vicino alla base. 
Sul fronte giapponese vennero uccisi 55 piloti e 9 soldati, con un solo prigioniero, Kazuo Sakamaki. Sui 414 aerei che componevano la flotta giapponese, 350 presero parte al raid e 29 vennero abbattuti, più altri 74 danneggiati. 
I generali giapponesi rinunciarono a invadere le Hawaii e a lanciare una terza ondata su Pearl Harbor per non rischiare perdite eccessive, dato che gli Stati Uniti si stavano rapidamente riorganizzando. Il comando americano affidò al capitano Homer Wallin il compito di riparare le navi. Solo due, Utah e Arizona, erano troppo danneggiate per poter essere riportate in superficie e riparate e la seconda divenne un memoriale di guerra.

Il Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt parla al Congresso l'8 dicembre 1941, il giorno successivo all'attacco. Il "Discorso dell'Infamia" è un durissimo attacco al Giappone, reo di aver attaccato senza alcuna dichiarazione di guerra. Il Presidente chiese al Congresso la dichiarazione di guerra, concessa senza esitazione. Gli Stati Uniti scendevano così in campo nella Seconda Guerra Mondiale


Il giorno successivo all'attacco, il Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt fece il suo famoso discorso sul Giorno dell'Infamia, chiedendo al Congresso una formale dichiarazione di guerra contro il Giappone, che venne approvata in meno di un'ora. L'11 dicembre anche Germania e Italia dichiararono guerra agli Usa, anche se non era previsto dal Patto Tripartito.
Uno degli aerei giapponesi danneggiati, guidato da Shigenori Nishikaichi, fece un atterraggio di fortuna sull'isola hawaiana di Niihau, abitata da nativi, che lo soccorsero ma gli sequestrarono mappe, codici e radio. Con l'appoggio di tre nativi, Nishikaichi tentò di recuperare i suoi documenti ma venne ucciso nel tentativo. 
Il Regno Unito aveva già dichiarato guerra al Giappone 9 ore prima degli Stati Uniti a causa degli attacchi a Malacca, Singapore e Hong Kong. Il Giappone attaccò anche le Filippine. Nessuno dei generali alleati era riuscito a intercettare nel suo complesso 
il piano giapponese, che riuscì nel suo intento destabilizzante. Gli Stati Uniti crearono degli appositi campi per confinare gli americani di origine giapponese. Anche il Canada, attraversato da tensioni con i discendenti degli immigrati giapponesi in British Columbia, affrontò un aumento degli scontri nella provincia e nel 1942 scelse di trasferire altrove tutti gli appartenenti alla minoranza.
In buona sostanza, Pearl Harbor fu una vittoria per i giapponesi ma la sua importanza si rivelò molto minore del previsto. Fin dal 1935 gli Stati Uniti avevano previsto di lasciare all'Australia alleata la guerra nel Pacifico, concentrandosi eventualmente su uno scenario europeo contro la Germania nazista. I giapponesi, poi, non erano riusciti a distruggere le 8 portaerei americane né i sottomarini, lasciando quindi intatta la superiorità tecnica Usa che consentirà di ribaltare le sorti della guerra. I moli di riparazione e i depositi di carburante di Pearl Harbor non erano stati danneggiati, permettendo così di usare la base in modo operativo.
Nel tempo si sono sviluppate teorie (ad esempio quelle di Robert Stinnett e Robert Alfred Theobald) che teorizzano che alcuni alti ufficiali di Stati Uniti e Regno Unito sapessero dell'attacco e non avessero fatto nulla per impedirlo allo scopo di spingere gli Stati Uniti a entrare in guerra. Queste teorie, tuttavia, sono rifiutate dalla storiografia ufficiale.

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