Il 14 settembre 1321 a Ravenna muore il più grande poeta italiano di tutti i tempi. Dante Alighieri si spegne a 56 anni per una febbre malarica contratta al ritorno da una missione diplomatica a Venezia. Esiliato da Firenze 19 anni prima, non vi tornerà mai più.
Dante nasce a Firenze, all'epoca Repubblica autonoma, nel 1265. Non si conosce la data esatta, è stato solo ipotizzato l'anno di nascita. "Nel mezzo del cammin di nostra vita", la frase con cui si apre la Divina Commedia, indica che il poeta riteneva di trovarsi circa a metà della propria vita, che i medievali calcolavano in circa 70 anni. Il viaggio soprannaturale di Dante ha luogo nell'Anno Santo 1300. Oltretutto nel XXII Canto del Paradiso è contenuto un possibile indizio sul suo segno zodiacale, i Gemelli, che collocherebbero la data di nascita tra il 21 maggio e il 21 giugno.
Il padre di Dante, Alighiero di Bellincione, era un guelfo bianco che non subì tuttavia rappresaglie da parte dei ghibellini dopo la battaglia di Montaperti del 1260, in cui i guelfi fiorentini vennero sconfitti dai ghibellini di Siena, la battaglia più sanguinosa del Medioevo italiano. La madre di Dante Bella Abati morì quando lui non aveva nemmeno dieci anni e il padre si risposò con Lapa di Chiarissimo Cialuffi, da cui ebbe altri due figli.
Dante racconta di aver visto per la prima volta a 9 anni Beatrice Portinari, figlia del banchiere Folco Portinari, che diventerà la sua musa ispiratrice e di cui si innamorò immediatamente. A 12 anni, tuttavia, egli venne destinato dal padre in sposo a Gemma Donati, della potente famiglia fiorentina dei Donati. Non conoscerà mai a fondo Beatrice ma le dedica la Vita Nuova e la menziona in moltissime opere, mentre sua moglie non compare mai nei suoi lavori. Da Gemma Donati ebbe 3 figli: Pietro, Jacopo e Antonia.
Nel 1289 un giovane Dante combatte per le truppe guelfe nella battaglia di Campaldino, contro Arezzo e gli esuli ghibellini di Firenze.
Non è chiaro da chi Dante sia educato, ma conosce la poesia trobadorica francese di Arnaut Daniel, i classici Cicerone, Ovidio e Virgilio, la scuola siciliana e l'opera di Guinizelli, che ammira molto. Conia il termine "dolce stil novo" e si inserisce nel filone dell'amor cortese insieme a Lapo Gianni, Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e Brunetto Latini. Beatrice, coetanea di Dante, sposa Simone dei Bardi, da cui ha 6 figli, ma muore a soli 25 anni nel 1290. È sepolta nella chiesa di Santa Margherita de' Cerchi, dove amava pregare, e la sua tomba è ancora oggi sito di pellegrinaggio per turisti e appassionati di dantismo.
Dante entra in politica, passaggio quasi obbligato per un uomo del suo status, e si iscrive alla gilda dei medici e degli speziali, come previsto dalla legge per chiunque voglia ricoprire cariche pubbliche, anche se non è minimamente interessato alla professione (ma i libri all'epoca erano venduti nelle farmacie). Nel 1294 è tra gli uomini che accompagnano in visita a Firenze il figlio del re di Napoli Carlo II, giovane Carlo Martello d'Angiò, che morirà l'anno seguente di peste.
Dopo la battaglia di Montaperti, i guelfi fiorentini si erano divisi in 2 fazioni: i guelfi bianchi, guidati da Vieri de' Cerchi, che volevano indipendenza totale dal Papa pur mantenendo il supporto allo Stato Pontificio, e i neri, guidati da Corso Donati, che propendevano per una totale obbedienza al potere pontificio. Dante faceva parte dei guelfi bianchi.
Quando i bianchi prendono il potere ed espellono i neri, Bonifacio VIII organizza l'occupazione militare di Firenze. Nel 1301 nomina Carlo di Valois, fratello del re di Francia Filippo IV, come pacificatore della Toscana. Avrebbe dovuto visitare Firenze, ma gli ambasciatori papali erano stati dileggiati e offesi nel corso della loro visita alcuni giorni prima. Il concilio cittadino decide di inviare una delegazione a Roma, per capire le reali intenzioni del Pontefice.
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Dopo varie peregrinazioni, Dante morì a Ravenna il 14 settembre 1321, a 56 anni, di malaria. A Firenze gli è stato dedicato un cenotafio, ma il suo corpo è sempre rimasto in Romagna |
Bonifacio VIII liquidò tutti i membri della delegazione fiorentina tranne Dante, a cui chiese di restare a Roma. Il 1° novembre 1301 Carlo di Valois entra a Firenze con le truppe dei guelfi neri e installa un governo presieduto da Cante dei Gabrielli da Gubbio. Dante viene accusato di corruzione e malagestione finanziaria per i 2 mesi in cui era stato priore della città nel 1300. A marzo 1302 viene condannato all'esilio per 2 anni e al pagamento di una grande multa.
Dante non paga la multa, sia perché convinto della propria innocenza sia perché si è visto requisire tutti i beni che aveva a Firenze. Viene così condannato all'esilio perpetuo. Se tornerà a Firenze senza aver pagato la multa verrà bruciato al rogo. Solo nel 2008, a quasi 700 anni dalla morte, il consiglio comunale di Firenze approverà una delibera che revoca simbolicamente la condanna del poeta. Rimane qualche anno a Roma, prima di peregrinare tra Lunigiana, Verona, Sarzana e Lucca.
Nel 1310 l'imperatore Enrico VII del Lussemburgo marcia in Italia alla testa di 5mila uomini. Dante vede in lui un nuovo Carlo Magno, che possa riportare alla sua antica gloria l'ufficio di Sacro Romano Imperatore e riprendere Firenze. Nel De Monarchia arriva a proporre una monarchia universale sotto la guida di Enrico VII.
Non è chiaro a quale punto del suo esilio concepisce la Divina Commedia, opera molto più ampia e strutturata di qualunque altra avesse mai scritto. L'unica indicazione è nei Documenti d'Amore di Francesco da Barberino, scritti tra il 1314 e il 1315, in cui l'autore scrive che Dante ha seguito l'esempio dell'Eneide scrivendo un poema ambientato nell'oltretomba. L'Inferno è stato probabilmente pubblicato nel 1317, ma non è chiaro quanto ci sia voluto per scriverlo, se sia stato pubblicato integralmente o per canti. Il Paradiso potrebbe essere uscito postumo.
Nel 1312 Enrico VII riconquista Firenze ma muore dopo pochi mesi. Dante si stabilisce a Verona presso Cangrande della Scala, inserito nel XVII Canto del Paradiso. Nel 1315 Uguccione della Faggiola, il comandante che controllava militarmente Firenze, costringe il consiglio cittadino a deliberare l'amnistia per gli esuli, a condizione di un pubblico pentimento e del pagamento di una multa. Dante rifiuta. Uguccione trasforma la sentenza di morte in arresti domiciliari, mantenendo come condizione che Dante vada a Firenze e giuri di non mettere più piede in città. Al rifiuto, la sentenza di morte viene ripristinata ed estesa ai suoi figli.
Nel 1318 Dante si trasferisce a Ravenna, ospite di Guido II da Polenta. Ritornando da una missione diplomatica a Venezia, si ammala di febbre malarica. Il 14 settembre 1321, a 56 anni, Dante muore a Ravenna e viene sepolto nella Basilica di San Pier Maggiore, oggi Basilica di San Francesco. Nel 1483 viene sepolto nella sua tomba attuale.
Pochi anni dopo la morte, nel 1329 il De Monarchia viene classificato dalla Chiesa come eretico. Solo l'intervento di Ostasio I da Polenta, signore di Ravenna e alleato del papato avignonese, impedì che i suoi resti vennero distrutti.
Nel corso dei secoli Firenze ha più volte chiesto la restituzione del corpo di Dante ma Ravenna ha sempre rifiutato. Nel 1829 nella Basilica di Santa Croce è stato costruito un cenotafio in suo onore.
Nel 1945 il governo fascista di Salò discusse il trasferimento del corpo di Dante in Valtellina, ultima sacca di resistenza dei mussoliniani all'avanzata alleata, perché un grande simbolo di italianità avrebbe dovuto essere presente all'eroica fine del fascismo.
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