Il 6 luglio 1995 aveva inizio il massacro di Srebrenica, in cui persero la vita 8mila musulmani bosniaci dell'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia - Erzegovina guidato dal generale Ratko Mladic. Si tratta di una delle stragi più sanguinose della storia recente d'Europa, avvenuto durante la guerra che incendiò il Paese dal 1992 al 1995.
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Dal 6 al 25 luglio 1995 i militari serbi compirono una devastante operazione di pulizia etnica nel villaggio di Srebrenica. Il bilancio ufficiale parla di 8372 morti, tutti bosniaci musulmani |
I Balcani negli Anni 90 sono stati spesso teatro di violenti conflitti a seguito della dissoluzione della Jugoslavia, guerre in cui per procura si sfidavano le principali potenze mondiali. Nel 1992 lo Stato che era stato guidato dal maresciallo Tito (morto nel 1980), uno dei pochi a liberarsi da solo dall'esercito nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, si dissolve. Nascono ben 6 nuovi Stati: Bosnia - Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia.
La Bosnia - Erzegovina, in particolare, era uno Stato fortemente multietnico (il 44% della popolazione era bosniaca musulmana, il 32,5% serba e il 17% croata). Il Parlamento, con la contrarietà dei serbi, organizzò un referendum per l'indipendenza dalla Jugoslavia. Quando il referendum rese ufficiale l'indipendenza, il Partito Democratico Serbo di Radovan Karadzic dichiarò la sua opposizione armata, costituendo l'Esercito della Repubblica Srpska. Croati e bosniaci risposero con il Consiglio di Difesa Croato e l'Armata della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina.
La Bosnia - Erzegovina, in particolare, era uno Stato fortemente multietnico (il 44% della popolazione era bosniaca musulmana, il 32,5% serba e il 17% croata). Il Parlamento, con la contrarietà dei serbi, organizzò un referendum per l'indipendenza dalla Jugoslavia. Quando il referendum rese ufficiale l'indipendenza, il Partito Democratico Serbo di Radovan Karadzic dichiarò la sua opposizione armata, costituendo l'Esercito della Repubblica Srpska. Croati e bosniaci risposero con il Consiglio di Difesa Croato e l'Armata della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina.
Il 3 aprile 1992 iniziarono i veri e propri scontri armati, in cui i serbi sconfissero croati e bosniaci nella battaglia di Kupres e iniziarono ad assediare Sarajevo. Le Nazioni Unite imposero sanzioni ai serbi e il presidente degli Stati Uniti George W. Bush minacciò l'intervento diretto. Il conflitto entrò ben presto in una fase di stallo e l'allenza tra croati e bosniaci iniziava a mostrare le prime crepe, a causa della presenza di due comandi militari paralleli e di disaccordi sulla futura spartizione del territorio.
Srebrenica era stata una città contesa tra i due eserciti fin dalle prime operazioni militari in Bosnia - Erzegovina. Da gennaio 1993 le forze bosniache, sotto il comando di Naser Oric, ne avevano fatto un avamposto per sferrare attacchi ai vicini villaggi serbi, in particolare a Kravica.
Con l'avanzare delle forze serbe, le Nazioni Unite cominciarono a evacuare il villaggio, soprattutto quando arrivò la minaccia diretta di un attacco militare. Per molto tempo questo attacco non arrivò mai. Oric organizzò un flusso di beni di prima necessità dal mercato nero, ma nonostante questo la maggior parte dei civili faceva la fame.
Fu allora che l'Onu scelse di prendere in mano la situazione e, il 16 aprile 1993, approvò la Risoluzione 819, in cui si dichiarava Srebrenica "zona sicura" da qualsiasi atto di guerra. I due generali nemici accettarono, ma di fatto l'intera zona non venne mai completamente demilitarizzata. Nessuno dei due eserciti aveva intenzione di privarsi delle proprie armi pesanti o ritirarsi da una zona strategica.
La situazione si fece sempre più tesa: gli cibo e beni di prima necessità facevano sempre più fatica ad arrivare. Il disordine sociale aumentava, così come l'illegalità. I civili arrivarono persino a morire di fame.
Il 6 luglio 1995 il generale Ratko Mladic ordinò l'attacco a Srebrenica, anche come vendetta per i fatti di Kravica. In soli 5 giorni l'esercito serbo ebbe la meglio su quello bosniaco e sulle forze delle Nazioni Unite, entrambe in una situazione organizzativa difficilissima. Dopo 5 giorni di combattimenti e una vera e propria operazione di pulizia etnica a danno dei bosniaci, l'11 luglio Mladic entrò a in una Srebrenica deserta. I 600 caschi blu dell'Onu non intervennero, per motivi mai chiariti (la spiegazione ufficiale era che fossero troppo scarsamente equipaggiati per far fronte all'avanzata serba).
Il bilancio ufficiale ha contato 8372 morti e oltre 35mila sfollati.
Di fronte al massacro e al fallimento delle Nazioni Unite, fu la Nato a scatenare un intervento armato per ribaltare la situazione. Il 30 agosto 1995 l'Operazione Deliberate Force, in appena un mese di bombardamenti contro i serbi, indusse Radovan Karadzic a scendere precipitosamente a patti.
La guerra si concluse con gli Accordi di Dayton, firmati a novembre 1995. All'interno dello Stato della Bosnia - Erzegovina venivano create due entità autonome, ognuna con un Parlamento locale: la Federazione Croato - Musulmana e la Repubblica Serba. A entrambe spettava un territorio di dimensioni quasi uguali. Alla Presidenza del Paese, secondo il modello che era della Jugoslavia post-Tito, sarebbero seduti un serbo, un croato e un bosniaco, capi di Stato a turno per mandati di 8 mesi ciascuno.
I Balcani avrebbero conosciuto altri due conflitti (in Kosovo nel 1996 - 1999 e in Macedonia nel 2001) prima di arrivare alla pace attuale, con ancora moltissime tensioni etniche striscianti. Per investigare sui crimini di Srebrenica e di tutta la guerra in Bosnia venne creato presso le Nazioni Unite il Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY), che ha condannato 21 personalità di tutti gli schieramenti per crimini di guerra, tra cui il genocidio.
Le condanne si sono fatte attendere per oltre un ventennio. L'ultima sentenza in ordine di tempo riguarda proprio Ratko Mladic, "il macellaio di Bosnia" oggi 77enne, condannato all'ergastolo a novembre 2017. Radovan Karadzic è stato condannato a 40 anni di carcere a marzo 2016. Il Tribunale dell'Aja ha però negato qualsiasi risarcimento ai familiari delle vittime perché l'attuale stato serbo non poteva essere considerato responsabile dei massacri.
Si parla ufficialmente di genocidio dal 2007, quando la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) riconobbe la volontà specifica di distruggere il gruppo etnico dei musulmani di Bosnia ma assolse gli Stati di Serbia e Montenegro. Non fu provato che le autorità della Jugoslavia fossero a conoscenza degli intenti espressamente genocidi di Mladic.
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