Il Divin Artista o Artista Universale, protagonista del Rinascimento italiano e già in vita riconosciuto dai suoi contemporanei come uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Il 6 marzo 1475 nasceva Michelangelo Buonarroti, autore di opere immortali come il David, il Mosè, la Pietà, la Cupola di San Pietro e il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina.
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Michelangelo Buonarroti nacque a Caprese il 6 marzo 1475 e morì a Roma il 18 febbraio 1564, alla veneranda età di quasi 89 anni. Autore di numerose celeberrime opere pittoriche, scultoree e architettoniche, fu il primo artista nella storia a cui venne dedicata una biografia e annoverato tra i più grandi di sempre mentre era ancora vivente |
Michelangelo Buonarroti nacque il 6 marzo 1475 a Caprese, in Valtiberina, vicino ad Arezzo, da Ludovico di Leonardo Buonarroti Simoni, podestà al Castello di Chiusi e di Caprese, e Francesca di Neri del Miniato del Sera. La famiglia era fiorentina, ma il padre si trovava nella cittadina per lavoro. Michelangelo era il secondogenito della coppia, su un totale di 5 figli.
Nelle fonti coeve, Michelangelo è chiamato in latino Michael Angelus e in italiano Michelagnolo, come risulta dalla prima biografia del 1553 Vita di Michelagnolo Buonarroti scritta da Ascanio Condivi, suo discepolo e collaboratore e dalle opere di Vasari. Tale nome rimase in uso fino alla metà dell’Ottocento, fino all'italianizzazione attuale in Michelangelo. A Firenze, tuttavia, resiste la variante ottocentesca di Michelangiolo nella denominazione di alcuni luoghi della città (esistono infatti Viale Michelangiolo, Piazzale Michelangiolo, Liceo Classico Michelangiolo).
La famiglia Buonarroti faceva parte della classe patrizia fiorentina, ma nessuno in famiglia aveva fino ad allora intrapreso la carriera artistica, né l'arte "meccanica" (cioè un mestiere che richiedeva sforzo fisico) poco consona al loro status, ricoprendo piuttosto incarichi nei pubblici uffici. I Buonarroti non erano nobili ma possedevano uno scudo d'arme e patronavano una cappella nella basilica di Santa Croce. All'epoca della nascita di Michelangelo, tuttavia, la famiglia attraversava però un momento di grande difficoltà economica, tanto che il padre stava addirittura per perdere i suoi privilegi di cittadino fiorentino. Per questo Ludovico Buonarroti aveva accettato di fare il podestà di Caprese, uno dei meno significativi possedimenti di Firenze, incarico politico di scarsa importanza ma in grado di assicurare una sopravvivenza decorosa alla propria famiglia, arrotondando le rendite di alcuni poderi nei dintorni di Firenze. La preoccupazione per il benessere economico, suo e dei suoi familiari, fu una costante di Michelangelo in tutta la sua vita.
Dopo meno di un mese dalla sua nascita, comunque, terminata la carica semestrale, Ludovico Buonarroti tornò a Settignano, vicino a Firenze, nella villa di famiglia, oggi chiamata Villa Michelangelo. Settignano era un paese di scalpellini, poiché vi si estraeva la pietra serena, da secoli utilizzata a Firenze nell'edilizia di pregio e Michelangelo venne affidato a una balia figlia e moglie di scalpellini. Diventato un artista famoso, Michelangelo, spiegando perché preferiva la scultura alle altre arti, ricordava proprio questo affidamento, sostenendo di provenire da un paese di "scultori e scalpellini", dove dalla balia aveva bevuto «"latte impastato con la polvere di marmo".
Nel 1481 la madre Francesca morì, quando Michelangelo aveva soltanto 6 anni. La sua educazione venne affidata all'umanista Francesco Galatea da Urbino, che non si limitò alla grammatica ma lo incoraggiò anche nel disegno. Ai figli cadetti di famiglie patrizie era di solito riservata la carriera ecclesiastica o militare, ma Michelangelo inizia a manifestare fin da giovanissimo una forte inclinazione artistica, ostacolata a tutti i costi dal padre.
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La Madonna della Scala è la prima opera attribuita a Michelangelo, datata 1491, quando aveva 16 anni. Si tratta di un evidente omaggio a Donatello, utilizzando la tecnica dello stiacciato, e segna l'inizio della predilezione di Michelangelo per la scultura |
Nel 1487, a 12 anni, Michelangelo riesce a convincere il padre Ludovico e si trasferisce a Firenze, alla bottega di Domenico Ghirlandaio, artista fiorentino tra i più quotati dell'epoca. L'avvio consenziente di Michelangelo a una carriera considerata "artigianale" era per il costume dell'epoca una ratifica di una retrocessione sociale della famiglia e, una volta divenuto famoso, cercò di nascondere gli inizi della sua attività in bottega, parlandone non come di un normale apprendistato professionale, ma come se si fosse trattato di una chiamata inarrestabile dello spirito, una vocazione, contro la quale il padre avrebbe inutilmente tentato di resistere. In realtà sembra ormai quasi certo che Michelangelo fu mandato a lavorare a bottega proprio dal padre a causa dell'indigenza familiare, perché la famiglia non poteva permettersi di pagargli altri studi e aveva bisogno dei soldi del suo apprendistato del ragazzo. Anzi, secondo Vasari fu Ludovico stesso a condurre il figlio nella bottega del Ghirlandaio, suo conoscente, mostrandogli alcuni fogli disegnati e chiedendogli di tenerlo con sé e alleviargli le spese per i numerosi figli. Michelangelo sarebbe dovuto rimanere a bottega per 3 anni, per un compenso di venticinque fiorini d'oro.
In quel periodo la bottega del Ghirlandaio era attiva al ciclo affrescato della Cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella, dove Michelangelo poté apprendere la tecnica pittorica. Vista la sua a giovane età, in quel caso Michelangelo compì semplici mestieri da garzone (preparazione dei colori, riempimento di partiture semplici e decorative), ma è divenne ben presto il migliore tra gli allievi. Per Vasari, Domenico Ghirlandaio sorprese una volta il fanciullo eseguire dei ritratti e, dopo averli osservati, esclamò: "Costui ne sa più di me". Alcuni storici hanno ipotizzato un suo intervento diretto in alcune figure del Battesimo di Cristo e della Presentazione al Tempio oppure nello scultoreo San Giovannino nel Deserto, ma non è possibile confermarlo con certezza.
Michelangelo inizia così ad entrare in contatto con i maestri della scuola fiorentina, soprattutto Giotto e Masaccio, copiando direttamente i loro affreschi nelle Cappelle di Santa Croce e nella Brancacci in Santa Maria del Carmine.
Molto probabilmente Michelangelo non terminò i 3 anni di formazione in bottega ma cominciò a frequentare il Giardino di San Marco, una sorta di accademia artistica sostenuta economicamente da Lorenzo il Magnifico in una sua proprietà di Firenze. Qui si trovava una parte delle vaste collezioni di sculture antiche dei Medici, che potevano essere copiate, sotto la sorveglianza e l'aiuto dell'anziano scultore Bertoldo di Giovanni, allievo diretto di Donatello. È senza dubbio che l'esperienza ebbe un impatto fondamentale sul giovane Michelangelo.
C'era nel Giardino una Testa di fauno (perduta), copia in marmo di un'opera antica. Lorenzo il Magnifico la prese in giro in un'occasione per la perfezione della dentatura, inverosimile in una figura anziana. Prima che finisse il giro del giardino, Michelangelo si armò di trapano e martello per scalfire un dente e bucarne un altro, suscitando la sorpresa ammirazione di Lorenzo. Pare che dopo questo episodio Lorenzo in persona chiese il permesso a Ludovico Buonarroti di ospitare il ragazzo nel Palazzo di Via Larga, residenza della sua famiglia e offrì al padre posto di lavoro alla dogana.
Verso il 1490, a 15 anni, Michelangelo venne quindi accolto come figlio adottivo dalla più importante famiglia in città, conoscendo le più eccellenti personalità del suo tempo come Agnolo Poliziano, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, oltre ai giovani rampolli di casa Medici, che diventarono negli anni successivi alcuni dei suoi principali committenti: Piero, Giovanni, poi Papa Leone X, e Giulio, poi Papa Clemente VII.
È documentata, in quegli anni, una lite con lo scultore Pietro Torrigiano, avvenente e ambizioso come Michelangelo. Durante un sopralluogo alla Cappella Brancacci, finirono alle mani e Michelangelo subì un pugno in pieno volto, rompendosi il naso e avendo deturpato per sempre il profilo. In seguito alla rissa, tuttavia, Lorenzo De Medici prese le sue difese ed esiliò Pietro Torrigiano da Firenze.
In questo periodo Michelangelo inizia a scolpire le sue prime opere, la Madonna della Scala e la Battaglia dei Centauri, entrambe conservate nel Museo di Casa Buonarroti a Firenze, che testimoniano le influenze di Donatello e della statuaria classica. Nella Madonna della Scala, in particolare, Michelangelo riprende la tecnica dello stiacciato, ossia una tecnica che restituisce l'illusione di profondità, in cui lo spessore diminuisce in modo graduale dal primo piano allo sfondo.
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Anche nell'altorilievo della Battaglia dei Centauri (1492) Michelangelo a 17 anni dà prova di grande capacità scultorea e inaugura sia la plasticità e il dinamismo delle sue figure che l'incompiutezza delle sue opere, il cui carattere involontario è ancora oggi dibattuto |
Nel 1492 Lorenzo il Magnifico muore e l'erede Piero de' Medici, appena 14enne, 3 anni più giovane di Michelangelo, non gli rinnova l'ospitalità, lasciando Buonarroti di colpo senza dimora e costretto a tornare alla casa paterna. L'anno successivo, tuttavia, il giovane signore di Firenze, forse facendo ammenda, chiese ai frati agostiniani di ospitare Michelangelo di consentirgli di studiare l'anatomia sezionando i cadaveri provenienti dall'annesso ospedale.
In questi anni Michelangelo scolpì il Crocifisso Ligneo, in segno di ringraziamento per il priore dell'Ordine, e una statua di Ercole per Piero, oggi perduta.
Il 20 gennaio 1494 su Firenze si abbatté una violenta nevicata e Piero fece chiamare Michelangelo per fare un'innovativa statua di neve nel cortile di Palazzo Medici. Michelangelo fece di nuovo un Ercole che durò 8 giorni, sufficienti per fare apprezzare l'opera a tutta la città.
Firenze tuttavia, in mano a un ragazzo poco più che ventenne, sperimentava un progressivo declino politico ed economico. Nel 1494 il Re di Francia Carlo VIII calò in Italia per marciare contro Napoli e si fermò a Firenze per settimane, con Piero che pagò tutto e tollerò ogni scorreria dell'esercito francese. Appena partito il Re, aizzata dal predicatore ferrarese Girolamo Savonarola, la popolazione fiorentina insorse, cacciò i Medici e saccheggiò il palazzo e il Giardino di San Marco. Michelangelo, nella paura di rimanere coinvolto nei disordini poiché era stato protetto dai Medici, fuggì da Firenze di nascosto, poco prima che Piero venisse cacciato e fosse instaurata la Repubblica.
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Il Bacco di Michelangelo (1497, 22 anni) è una delle sue poche opere di soggetto completamente profano. Bacco è reso in maniera naturalistica, come un fanciullo che incede con incertezza per via dell'ebbrezza, con un modellato che evidenzia gli attributi di un'acerba virilità sensuale |
A 19 anni Michelangelo lasciava quindi per la prima volta Firenze. Fece tappa a Venezia e si diresse poi a Bologna, in cui venne accolto e ospitato dal nobile Giovan Francesco Aldrovandi, ai Bentivoglio che allora erano signori della città per ordine del Papa. Durante l'anno trascorso a Bologna, Michelangelo si occupò del completamento della prestigiosa Arca di San Domenico, a cui avevano già lavorato Nicola Pisano e Niccolò dell'Arca, che era morto da pochi mesi. Scolpì così un San Procolo, un Angelo reggicandelabro e terminò il San Petronio iniziato da Niccolò.
Secondo Vasari, dai rilievi della Porta Magna di San Petronio di Jacopo della Quercia trasse l'ispirazione per la "forza trattenuta", effetto generato dai contrasti tra parti lisce e stondate e parti dai contorni rigidi e fratturati, nonché la scelta di soggetti umani rustici e massicci, che esaltano le scene con gesti ampi, pose eloquenti e composizioni dinamiche. Le figure di Della Quercia tendevano infatti a non rispettare i bordi quadrati dei riquadri.
A dicembre 1495, quando la situazione appariva ormai calma, Michelangelo decise di tornare a Firenze ma trovò un clima molto diverso. Nella città, dominata dal governo repubblicano sotto l'influenza di Savonarola, erano rientrati anche alcuni esponenti del ramo cadetto dei Medici, che presero il nome di Popolani per accattivarsi le simpatie del popolo e salire al governo, presentandosi come protettori e garanti delle libertà comunali. Tra questi spiccava Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, lontano cugino del Magnifico e committente di Botticelli, che prese sotto protezione Michelangelo, commissionandogli due sculture (entrambe perdute), un San Giovannino e un Cupido dormiente.
Lorenzo, probabilmente all'insaputa di Michelangelo, decise di sotterrare il Cupido per patinarlo come un reperto archeologico e rivenderlo sul fiorente mercato delle opere d'arte antiche a Roma. L'inganno riuscì: il cardinale Raffaele Riario, nipote di Sisto IV e uno dei più ricchi collezionisti del tempo, lo acquistò per la cospicua somma di 200 ducati. Michelangelo ne aveva incassati 30 per scolpirlo.
Poco dopo, tuttavia, il cardinale si accorse dell'inganno e mandò a Firenze un suo intermediario che risalì a Michelangelo e riuscì ad avere conferma della truffa. Il cardinale Riario si fece risarcire l'opera da Pierfrancesco de' Medici, ma volle anche conoscere l'artefice, a cui offrì un soggiorno a Roma. Nel 1498, venuto meno l'appoggio di Papa Alessandro VI e del Re di Francia, Gerolamo Savonarola verrà giustiziato e la Repubblica verrà rovesciata con la forza nel 1512 dall'esercito pontificio per ordine di Papa Leone X, ossia Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, che ripristinò la sovranità dei Medici.
Nonostante fosse nemico giurato dei Medici, nel 1496 Michelangelo accettò l'invito del cardinale Riario e per convenienza voltò le spalle ai suoi protettori. Il cardinale mostrò a Michelangelo la sua collezione di sculture antiche, chiedendogli se se la sentiva di fare qualcosa di simile: Michelangelo scolpì quindi una statua a tutto tondo di un Bacco (oggi al Museo del Bargello), raffigurato come un adolescente in preda all'ebbrezza, ai cui piedi si trovava un fauno che gli sta rubando qualche acino d'uva dalla mano. Questo gesto, per il suo realismo, destò molta ammirazione in tutti gli scultori del tempo. Il Bacco è una delle poche sculture perfettamente finite di Michelangelo e segna il suo ingresso nella maturità artistica.
L'opera, venne tuttavia rifiutata dal cardinale Riario e rimase in casa di Jacopo Galli, l'intermediario che era andato a prenderlo a Firenze e nella cui casa Michelangelo viveva, a spese del cardinale. Riario tuttavia lo introdusse nell'ambiente delle alte gerarchie ecclesiastiche, dal quale sarebbero arrivate presto importantissime commissioni. Tuttavia, secondo il suo biografo Condivi, riteneva il cardinale un perfetto ignorante, forse per averlo ingannato l'anno precedente.
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Michelangelo scolpì la Pietà nel 1497, a soli 22 anni. Conservata nella Basilica di San Pietro, è considerata una delle più belle sculture di tutti i tempi ed è l'unica che conserva la firma autografa di Michelangelo |
Michelangelo iniziò così con successo a ricevere molte committenze in ambito religioso, come la Madonna di Manchester e la tavola dipinta della Deposizione per Sant'Agostino. Gli venne commissionata, nel 1497, anche una Pietà in marmo per la chiesa di Santa Petronilla. Si tratta dell'opera che segna la definitiva consacrazione di Michelangelo come scultore, ad appena 22 anni. Era stata commissionata dal cardinale francese Jean de Bilhères de La Groslaye, ambasciatore del Re di Francia Carlo VIII presso Papa Alessandro VI, per la propria tomba. Michelangelo partì di persona per Carrara per scegliere un blocco di marmo adeguato. Il gruppo è fortemente innovativo rispetto alla tradizione per la sua composizione piramidale, con la Vergine come asse verticale e il corpo morto del Cristo come asse orizzontale, unite da un massiccio panneggio. A colpire i contemporanei fu l'estrema finitura dei particolari che restituisce ancora oggi al marmo un effetto di traslucido e morbidezza.
La Pietà è la prima opera di Michelangelo in marmo di Carrara, che diventa la materia per eccellenza con cui si esprimerà. A Carrara Michelangelo aveva infatti acquistato non solo il blocco di marmo per la Pietà, ma anche diversi altri blocchi, nella convinzione che, considerato il suo talento, le occasioni per utilizzarli non sarebbero mancate. Cosa ancora più insolita per un artista di quei tempi, Michelangelo si convinse anche, contro le consuetudini del tempo, di non aver bisogno di committenti: avrebbe potuto scolpire di propria iniziativa opere da vendere una volta terminate. In pratica Michelangelo fu il primo artista a diventare, con il tempo, imprenditore di sé stesso.
Una nuova commissione arrivò dal cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, che nel 1503 verrà eletto Papa con il nome di Pio III, anche se il suo pontificato durò appena 26 giorni. Il cardinale voleva 15 statue di santi di grandezza leggermente inferiore al naturale per l'altare della sua famiglia nel Duomo di Siena,. Michelangelo ne realizzò solo 4, con un uso massiccio di aiuti. Ritenne infatti quella committenza troppo stretta per la sua fama, viste le prestigiose opportunità che si stavano profilando a Firenze.
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Il David risale al 1504 (29 anni) ed era inizialmente dedicato alla Cattedrale di Santa Maria del Fiore, per poi venire collocato in Piazza della Signoria, davanti a Palazzo Vecchio, dove oggi se ne trova una copia. È un emblema dell'arte italiana all'estero e il simbolo della bellezza maschile nell'arte |
Nel 1501 Michelangelo decise infatti di tornare nel capoluogo toscano, avviando una stagione di commissioni di grande prestigio, che testimoniano la grande reputazione che si era conquistato durante gli anni passati a Roma. Il 16 agosto l'Opera del Duomo di Firenze gli affida una colossale statua del David da collocare in uno dei contrafforti esterni della cattedrale. Era un'impresa complicata, anche perché il blocco di marmo era già stato sbozzato da altri due artisti, la prima volta 40 anni prima. Nonostante la difficoltà, Michelangelo in tre anni completò la statua, affrontando il tema dell'eroe in maniera insolita rispetto all'iconografia tradizionale, rappresentandolo come un uomo giovane e nudo, dall'atteggiamento pacato ma pronto a una reazione, quasi a simboleggiare, secondo molti, il nascente ideale politico repubblicano, che vedeva nel cittadino/soldato, e non nel mercenario, l'unico in grado di difendere le libertà repubblicane.
I fiorentini riconobbero immediatamente la statua come un capolavoro e, anche se il David era nato per essere osservato da un punto di vista ribassato, la Signoria decise di farne il simbolo della città e istituì una commissione composta dai migliori artisti della città per decidere dove collocarla. Tra essi figuravano Davide Ghirlandaio, Simone del Pollaiolo, Filippino Lippi, Sandro Botticelli, Antonio e Giuliano da Sangallo, Andrea Sansovino, Leonardo da Vinci e Pietro Perugino. La commissione decise di collocare il David nel luogo col maggior valore simbolico, Piazza della Signoria, dove oggi tuttora se ne trova una copia.
Leonardo da Vinci, in particolare, votò per una posizione defilata del David, sotto una nicchia nella Loggia della Signoria, dando adito a voci di rivalità tra i due geni. Leonardo dimostrò grande interesse per il David, copiandolo in un suo disegno (senza condividerne la spiccata muscolarità).
Nello stesso 1501 Leonardo espose nella chiesa della Santissima Annunziata un cartone con la Sant'Anna con la Vergine, il Bambino e l'agnellino (perduto), che suscitò grande meraviglia tra i fiorentini. Anche Michelangelo lo vide, rimase impressionato dalle idee pittoriche dell'autore ed è probabile che ne abbia tratto ispirazione, come dimostrano i disegni di quegli anni, dai tratti più dinamici, con una maggiore animazione dei contorni e con una maggiore attenzione al problema del legame tra le figure. Due delle innovazioni stilistiche di Leonardo vennero assunte e fatte proprie nello stile di Michelangelo: la costruzione piramidale delle figure umane, ampie rispetto agli sfondi naturali, e il "contrapposto", che rende dinamiche le persone tramite la collocazione degli arti in opposte direzioni.
Michelangelo potrebbe anche essere stato coinvolto nella realizzazione del profilo scultoreo inciso sulla facciata di Palazzo Vecchio, di cui non si conosce l'autore e conosciuto come L'Importuno di Michelangelo. L'ipotesi si fonda sulla forte somiglianza dell'opera con un profilo disegnato dall'artista e oggi conservato al Louvre. Inoltre il profilo fu scolpito con il permesso delle autorità cittadine, visto che la facciata di Palazzo Vecchio era costantemente presieduta da guardie.
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Il Tondo Doni (1507, 32 anni), conservato nella cornice originale disegnata dallo stesso Michelangelo, è l'unica opera su supporto mobile, certa e compiuta, dell'artista. È di fondamentale importanza nella storia dell'arte poiché pone le basi per il Manierismo, che prenderà piede nel resto del Cinquecento |
Tra le altre committenze di Michelangelo in quel periodo, spicca un tondo dipinto per Agnolo Doni, rappresentante la Sacra Famiglia con altre figure, i cui colori vivaci e i corpi trattati in maniera scultorea ebbero un effetto folgorante sugli artisti contemporanei. Nel Tondo Doni è evidente il distacco netto e totale dalla pittura leonardesca: per Michelangelo la migliore pittura è quella che maggiormente si avvicina alla scultura, cioè quella che possedeva il più elevato grado di plasticità possibile. Dopo la consegna Doni stimò tuttavia l'opera una cifra più bassa rispetto al pattuito e Michelangelo si riprese la tavola, chiedendo e ottenendo il doppio del prezzo convenuto. Ancora una volta, Michelangelo è il primo a imporre la superiorità dell'artista/creatore rispetto al pubblico e alla committenza.
Nel 1503, Michelangelo ricevette anche un'impegnativa con i consoli dell'Arte della Lana fiorentina per la realizzazione di 12 statue marmoree degli Apostoli a grandezza naturale, destinate a decorare le nicchie nei pilastri che reggono la cupola della cattedrale fiorentina, da completare al ritmo di una all'anno. Tuttavia, Michelangelo non riuscì a rispettare il contratto e fece in tempo a sbozzare solo un San Matteo, uno dei primi esempi di non finito.
Tra l'agosto e il settembre 1504, gli venne anche commissionato un monumentale affresco per la Sala Grande del Consiglio in Palazzo Vecchio. L'opera doveva celebrare le vittorie fiorentine, in particolare l'episodio della Battaglia di Cascina, vinta contro Pisa nel 1364. Leonardo, sulla parete di fronte, doveva dipingere allo stesso modo la Battaglia di Anghiari. Michelangelo fece in tempo a realizzare il solo cartone, che è stato tramandato come uno strumento di studio obbligatorio per i contemporanei, oggi perduto.
Leonardo, invece, dipinse la Battaglia di Anghiari usando l'encausto, mescolando i colori con cera calda per farli asciugare con calma, esattamente come farà per l'Ultima Cena, ma il dipinto riuscì danneggiato e circa 60 anni dopo la decorazione venne rifatta da Giorgio Vasari. Solo nel 2020 è stato chiarito che Leonardo si fermò alla fase preparatoria del muro, senza mai iniziare la pittura vera e propria.
La fama di Michelangelo, nel mentre, iniziava a travalicare i confini nazionali: il Sultano di Costantinopoli, conquistata dai bizantini appena 50 anni prima, gli chiese di progettare un avveniristico ponte per collegare le due sponde del Corno d'Oro. Fu il primo grande progetto di architettura di Michelangelo, molti anni prima dell'esordio in quest'arte con la facciata per San Lorenzo a Firenze: Buonarroti aveva addirittura preparato un modello per la colossale impresa e aveva progettato anche un viaggio nella rinominata Istanbul, poi abbandonato per l'eccessiva distanza.
Quest'idea, tuttavia, fece nascere l'interesse di Michelangelo per l'architettura. Nel 1507 scelse di presentare un progetto per il concorso pubblico indetto per il completamento del tamburo della cupola di Santa Maria del Fiore, lasciata incompiuta da Brunelleschi. Il modello in legno, conservato al Museo dell'Opera del Duomo, prevedeva di mantenere una certa continuità con la preesistenza, con una serie di specchiature rettangolari in marmo verde di Prato allineate ai capitelli delle paraste angolari. Tuttavia, la commissione giudicatrice, approvò il disegno di Baccio d'Agnolo, che prevedeva l'inserimento di un massiccio ballatoio alla sommità, definito da Michelangelo "una gabbia per grilli". Era il primo smacco della sua carriera di celebrato artista.
Tuttavia, il Comune ritirò i fondi per l'opera l'anno successivo, visto lo scarsissimo favore ottenuta dalla popolazione, e Michelangelo ci riprovò con un nuovo modello ligneo, anch'esso conservato nel Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore. Ovviamente senza ballatoio, nel nuovo progetto venivano inserite alte colonne binate libere in corrispondenza degli angoli dell'ottagono, sormontate da una serie di cornici fortemente aggettanti (idea che userà anche per la cupola della Basilica di San Pietro in Vaticano). Ancora una volta, il progetto vincitore non fu il suo.
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Della Battaglia di Cascina, destinata alla Sala del Maggior Consiglio (oggi Salone dei Cinquecento) di Palazzo Vecchio, a Firenze, venne realizzato solo un cartone nel 1505/1506, oggi perduto ma già all'epoca oggetto di studi e copie, tra cui la migliore è quella di Aristotile da Sangallo (1542) |
Offeso nell'orgoglio, a 28 anni Michelangelo scelse di tornare a Roma. Era infatti stato eletto Papa, nel 1503, Giuliano Della Della Rovere, che aveva preso il nome di Giulio II e aveva avviato numerosi importanti progetti artistici per rinnovare il volto di Roma. Il programma di governo del Papa, infatti, intrecciava saldamente politica e arte e a Roma si trovavano i più grandi artisti viventi, tra cui Bramante e il giovane Raffaello.
Michelangelo venne presentato a Giulio II dall'amico Giuliano da Sangallo e ottenne il compito di realizzare una tomba monumentale per il Papa, da collocare nell'ancora incompiuta Basilica di San Pietro. Michelangelo si diresse subito a Carrara per scegliere personalmente i blocchi di marmo, immaginando una colossale struttura architettonica isolata, con una quarantina di statue.
A Carrara Michelangelo pensò addirittura a un progetto che lo facesse rimanere per sempre nella storia: scolpire un colosso nella montagna che potesse guidare i naviganti, sulla scia di meraviglie classiche come il colosso di Rodi o la statua di Alessandro Magno che Dinocrates avrebbe voluto modellare nel Monte Athos.
Durante la sua assenza, si mise in moto a Roma una sorta di complotto ai suoi danni, a causa delle invidie tra gli altri artisti della cerchia papale. La scia di popolarità che aveva anticipato l'arrivo a Roma di Michelangelo doveva infatti averlo reso subito impopolare tra gli artisti al servizio di Giulio II, che avevano sempre meno committenze. Pare che fu in particolare il Bramante, incaricato di avviare il grandioso progetto di rinnovo della basilica costantiniana di San Pietro, a cercare di distogliere l'attenzione del Papa dal progetto della tomba, giudicata di cattivo auspicio per una persona ancora in vita.
E così che nella primavera del 1506 Michelangelo, mentre tornava a Roma carico di marmi e di aspettative, venne informato che il suo progetto non era più una priorità per Giulio II, sostituito dalla ricostruzione della Basilica e nuovi piani di guerra contro Perugia e Bologna. Buonarroti chiese invano un'udienza al Papa ma, sentendosi minacciato (scrisse "S'i' stava a Roma penso che fussi fatta prima la sepoltura mia, che quella del Papa"), lasciò Roma sdegnato per tornare ancora una volta a Firenze. A niente servirono 5 messi papali mandati per dissuaderlo, che lo inseguirono raggiungendolo a Poggibonsi. Ci vollero ben tre lettere di Giulio II inviate alla Signoria di Firenze e le continue insistenze del Gonfaloniere Pier Soderini perché Michelangelo prendesse infine in considerazione l'ipotesi di una riconciliazione.
L'occasione venne data dalla presenza del Papa a Bologna, dove aveva sconfitto i Bentivoglio, che avevano tentato di ribellarsi: il 21 novembre 1506, in un incontro all'interno del Palazzo D'Accursio, Michelangelo si riappacificò con Giulio II e ottenne l'incarico di fondere una scultura in bronzo che rappresentasse il Papa a figura intera, seduto e in grande dimensione, da collocare al di sopra della Porta Magna di Jacopo della Quercia, nella facciata della Basilica di San Petronio.
L'artista si fermò quindi a Bologna per il tempo necessario, circa due anni. Il 21 febbraio 1508 l'opera venne scoperta e installata, ma non ebbe vita lunga: poco amata per l'espressione del Papa, più minacciosa che benevolente, fu abbattuta di notte da ignoti appena tre anni dopo, durante un colpo di Stato che permise il rientro temporaneo dei Bentivoglio. I rottami, quasi cinque tonnellate di metallo, vennero inviati al Duca di Ferrara Alfonso d'Este, rivale dei Della Rovere, la famiglia di Giulio II, che li fuse in una bombarda, battezzata la Giulia.
I rapporti con Giulio II rimasero comunque sempre tempestosi, per il forte temperamento che li accomunava: irascibile e orgoglioso, ma anche estremamente ambizioso. A marzo del 1508 Michelangelo si ritenne sciolto da ogni obbligo con il Papa, e si dedicò ai progetti sospesi, come quello degli Apostoli per Santa Maria del Fiore.
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In quattro anni (1508/1512, 35 anni) Michelangelo realizza con la volta della Cappella Sistina uno dei capolavori assoluti e più importanti dell'arte occidentale. L'impresa è resa ancora più eccezionale se si tiene conto che l'enorme superficie, di 500 metri quadrati, venne interamente dipinta da Michelangelo senza alcun aiuto |
Tuttavia, Giulio II gli offrì una generosa paga per una nuova, prestigiosa impresa: la ridecorazione della volta della Cappella Sistina. Si era infatti aperta, nel maggio 1504, una crepa nel soffitto della cappella, rendendola inutilizzabile per molti mesi. Rinforzata con catene da Bramante, la volta aveva bisogno però di essere ridipinta. L'impresa si dimostrava di proporzioni colossali ed estremamente complessa, ma Michelangelo accettò: era l'occasione di dimostrare la sua capacità di superare i limiti nella pittura, arte che tutto sommato non gli era congeniale.
Nel primo progetto erano previsti "solo" 12 apostoli nei peducci (i capitelli su cui poggia la volta) e nel campo centrale decorazioni geometriche. Di questo progetto Michelangelo realizzò 2 disegni, conservati al British Museum e a Detroit ma, ritenendo l'opera troppo poco magniloquente, chiese e ottenne di poter ampliare il programma iconografico, raccontando l'intera storia dell'umanità "ante legem", cioè prima che Dio inviasse le Tavole della Legge. Al posto degli Apostoli mise 7 Profeti e 5 Sibille, assisi su troni fiancheggiati da pilastrini che sorreggono la cornice; quest'ultima delimita lo spazio centrale, diviso in 9 scompartimenti, in cui sono raffigurati episodi tratti della Genesi, disposti in ordine cronologico partendo dalla parete dell'altare. Nei 5 scomparti che sormontano i troni lo spazio si restringe lasciando posto a Ignudi che reggono ghirlande con foglie di quercia, allusione al casato Della Rovere, a cui apparteneva Giulio II, e medaglioni bronzei con scene tratte dall'Antico Testamento. Nelle lunette e nelle vele Michelangelo dipinse 40 generazioni degli Antenati di Cristo e infine nei pennacchi angolari 4 scene bibliche, che si riferiscono ad altrettanti eventi miracolosi a favore del popolo eletto.
Il tema generale degli affreschi della volta è il mistero della Creazione di Dio, che raggiunge il culmine nella realizzazione dell'uomo a sua immagine e somiglianza. Con l'incarnazione di Cristo, oltre a riscattare l'umanità dal peccato originale, si raggiunge il perfetto e ultimo compimento della creazione divina, innalzando l'uomo ancora di più verso Dio e in questo senso Michelangelo celebra anche la bellezza del corpo umano. Inoltre la volta celebra la concordanza fra Antico e Nuovo Testamento, dove il primo prefigura il secondo, e la previsione della venuta di Cristo sia ambito ebraico (con i profeti) che pagano (con le sibille).
Il lavoro, già di per sé massacrante, era aggravato dall'insoddisfazione tipica dell'artista, e dai ritardi nel pagamento dei compensi. Man mano che il racconto avanza la rappresentazione diventa via via più essenziale e monumentale: il Peccato Originale e Cacciata dal Paradiso terrestre e la Creazione di Eva mostrano corpi più massicci e gesti semplici ma retorici. Lo stile di Michelangelo passò poi ad accentuare maggiormente la grandiosità e l'essenzialità delle immagini, fino a rendere la scena occupata da un'unica grandiosa figura annullando ogni riferimento al paesaggio circostante, come nella Separazione della luce dalle tenebre. Nel complesso della volta, tuttavia, queste variazioni stilistiche non si notano: anzi, visti dal basso, gli affreschi hanno un aspetto perfettamente unitario.
Michelangelo vinse insomma una complicatissima sfida su un'impresa di dimensioni colossali e con una tecnica a lui non congeniale. La rinnovata Cappella Sistina venne inaugurata il 31 ottobre 1512, dopo 4 anni e 3 mesi di lavori, lasciando strabiliati i presenti. Michelangelo aveva 37 anni. Giulio II, tuttavia, morì appena 3 mesi dopo, a 69 anni, dopo nemmeno un decennio di pontificato, a causa di una febbre influenzale causata dalla sifilide.
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Il Cristo della Minerva, dal nome della Basilica dove è conservato, venne scolpito da Michelangelo nel 1520 (35 anni), in deroga al contratto di esclusiva che lo impegnava a lavorare esclusivamente alla tomba di Giulio II. Il corpo era originariamente nudo: il drappeggio in bronzo dorato venne infatti aggiunto solo dopo il Concilio di Trento |
La famiglia Della Rovere chiese quindi a Michelangelo di riprendere in mano il progetto della tomba monumentale del Papa, committenza che l'artista accettò con entusiasmo: dopo 4 anni di pittura, poteva finalmente tornare a dedicarsi alla scultura. Michelangelo scelse questa volta di addossare il monumento a una parete, visto che una tomba isolata e a tutto tondo sarebbe stata troppo costosa. Di conseguenza, le sole facce visibili vennero maggiormente affollate di statue: le 4 figure sedute, invece che disporsi su 2 facciate, venivano quindi spostate sugli angoli sporgenti. Lo sviluppo laterale era ancora consistente, perché era previsto un catafalco perpendicolare alla parete, sul quale la statua del Papa giacente sarebbe stata retta da due figure alate. Più in alto, sotto una corta volta a tutto sesto retta da pilastri, si trovava una Madonna col Bambino entro una mandorla e altre 5 figure.
La famiglia Della Rovere pagò profumatamente per inserire nel contratto una clausola di esclusiva: Michelangelo avrebbe dovuto lavorare esclusivamente alla sepoltura di Giulio II, con un termine massimo di 7 anni per completarla.
Michelangelo scelse a metà dell'opera di rinunciare a parte dei guadagni per accettare altre committenze, come il primo Cristo della Minerva, nel 1514, e i due Prigioni oggi al Louvre.
Nel 1516 la famiglia Della Rovere stipulò un nuovo contratto per un terzo progetto al ribasso, con meno statue e lati più corti. La tomba diventava così una monumentale facciata, mossa da decorazioni scultoree. Il catafalco veniva sostituito da una figura del Papa sorretto come in una Pietà da due figure sedute, coronate da una Madonna col Bambino sotto una nicchia.
In quegli stessi anni, una competizione sempre più accesa con l'artista dominante della corte papale, Raffaello, portò Michelangelo a stringere un accordo di collaborazione con un altro talentuoso pittore, il veneziano Sebastiano del Piombo: Michelangelo spesso forniva disegni e cartoni al collega, che li trasformava in pittura, che lui non amava.
Nel 1516 il cardinale Giulio de' Medici commissionò a Sebastiano del Piombo e Raffaello 2 pale destinate alla cattedrale di Narbona, in Francia, sede di cui era vescovo. Michelangelo offrì aiuto a Sebastiano, disegnando la figura del Salvatore e del miracolato nella tela della Resurrezione di Lazzaro (oggi alla National Gallery di Londra). L'opera di Raffaello invece, la Trasfigurazione, non venne completata a causa della morte dell'artista: sarà finita solo in seguito.
Tuttavia, Michelangelo dovette interrompere con urgenza i lavori alla tomba di Giulio II. Il nuovo Papa, infatti, era Giovanni De' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, che aveva preso il nome di Leone X e restituito la città di Firenze al governo della sua famiglia. Michelangelo, visti i generosi compensi, fin dal 1514 affiancava alla tomba di Giulio II altre opere volute dal nuovo Papa, come il rifacimento della facciata della cappella privata di Castel Sant'Angelo, oggi perduta. Come ricompensa per il lavoro, nel 1515 Leone X conferì a Michelangelo e alla famiglia Buonarroti il l titolo di conti.
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Alla Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo a Firenze Michelangelo lavorò a intermittenza per 10 anni, dal 1524 al 1534 (59 anni), quando lascerà definitivamente Firenze lasciandola incompiuta. Verrà completata nel 1559 per ordine di Cosimo I de' Medici, che fece completare da altri artisti le statue |
In occasione del trionfale rientro di Leone X a Firenze nel 1516, il Papa notò che la facciata della chiesa di San Lorenzo, costruita e patrocinata dai Medici, era ancora senza facciata. Il pontefice decise allora di indire un concorso, a cui parteciparono Giuliano da Sangallo, Raffaello, Andrea e Jacopo Sansovino, e Michelangelo, che vinse il concorso e ne venne informato mentre era a Carrara e Pietrasanta per scegliere i marmi per il sepolcro di Giulio II, che accantonò.
Il progetto di Michelangelo prevedeva una struttura a nartece con un prospetto rettangolare, forse ispirato a modelli di architettura classica, scandito da potenti membrature animate da statue in marmo, bronzo e da rilievi. Si sarebbe trattato di un passo fondamentale in architettura verso una concezione nuova di facciata, non più basata sulla mera aggregazione di elementi singoli, ma articolata in modo unitario, dinamico e fortemente plastico.
Il lavoro procedette però a rilento: Leone X, per risparmiare, non scelse i marmi di Carrara ma quelli più economici di Seravezza, la cui cava era mal collegata col mare, rendendo lento il loro trasporto per via fluviale fino a Firenze. Nel settembre 1518 una colonna di marmo, durante il trasporto su un carro, si staccò colpendo a morte un operaio accanto a Michelangelo, evento che lo sconvolse profondamente. In Versilia Michelangelo creò quindi una strada per il trasporto dei marmi, ancora oggi esistente, che portò alla nascita di una nuova cittadina commerciale: Forte dei Marmi, da cui il materiale veniva imbarcato in mare e spedito a Firenze risalendol'Arno.
Nel marzo 1520, visti i costi troppo elevati, Leone X sciolse tuttavia il contratto e Michelangelo tornò a Roma, riprendendo in mano il progetto della tomba di Giulio II. Scolpì probabilmente anche la statua del Genio della Vittoria di Palazzo Vecchio e alla nuova versione del Cristo risorto, oggi nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva.
Tuttavia, in breve tempo scomparvero gli unici eredi diretti maschi della dinastia dei Medici: Giuliano, decimo figlio del Magnifico, fratello del Papa e Signore di Firenze, mancato nel 1516 a 37 anni, e il suo successore Lorenzo De' Medici, Duca d'Urbino, nipote del Magnifico, figlio del primogenito Piero e nipote di Giuliano, spentosi nel 1519 ad appena 26 anni. Leone X volle quindi uno spazio che ospitasse i resti dei due cugini e quelli di Lorenzo e Giuliano de' Medici, padre e zio del Papa. Il Pontefice volle quindi una monumentale cappella funebre, la Sagrestia Nuova, da ospitare nel complesso di San Lorenzo a Firenze, che affidò senza esitazione a Michelangelo, che poco tempo prima si era offerto di realizzare una sepoltura monumentale per Dante, morto nel 1521, nella Basilica di Santa Croce. A dicembre 1521, ad appena 45 anni, moriva Leone X, ma appena 2 anni dopo, nel 1523, gli succedette sul trono pontificio il cugino Giuliano, che prese il nome di Clemente VII e confermò a Michelangelo tutti gli incarichi.
Il primo progetto fu quello di un colossale monumento al centro della sala ma poi cambiò idea, per collocare le tombe in sarcofagi al centro delle pareti laterali tranne quelli dei Magnifici, addossati alla parete di fondo davanti all'altare. L'opera venne iniziata nel 1525, rifacendosi alla Sagrestia Vecchia, completata nel 1428, quasi cent'anni prima da Filippo Brunelleschi, a pianta quadrata. Grazie alle membrature, in pietra serena e di ordine gigante, la Sagrestia Nuova acquista un ritmo più serrato: inserendo tra le pareti e le lunette un mezzanino e aprendo tra queste ultime delle finestre architravate, Michelangelo dà alla sala un potente senso ascensionale, concluso nella volta a cassettoni di ispirazione antica.
Le tombe che sembrano far parte della parete, riprendono nella parte alta le edicole, che sono inserite sopra le 8 porte dell'ambiente, 4 vere e 4 finte. Le tombe dei due Capitani si compongono di un sarcofago curvilineo sormontato da due statue distese con le Allegorie del Tempo: in quella di Lorenzo il Crepuscolo è l'Aurora, mentre in quella di Giuliano la Notte e il Giorno. Si tratta di figure massicce e dalle membra poderose che sembrano gravare sui sarcofagi quasi a spezzarli e a liberare le anime dei defunti, ritratti nelle statue inserite sopra di essi. Inserite in una nicchia della parete, le statue non sono riprese dal vero ma idealizzate mentre contemplano: Lorenzo in una posa pensierosa e Giuliano con uno scatto repentino della testa. La statua posta sull'altare con la Madonna Medici è simbolo di vita eterna ed è fiancheggiata dalle statue dei Santi Cosma e Damiano eseguite però da altri su disegno di Buonarroti.
All'opera, infatti, Michelangelo lavorò a sprazzi fino al 1534, lasciandola incompiuta, senza i monumenti funebri dei Magnifici, le sculture dei Fiumi alla base delle tombe dei Capitani e, forse, degli affreschi nelle lunette.
Michelangelo, infatti, a quasi cinquant'anni (età evanzata per l'epoca) era letteralmente sommerso dalle commissioni di cui ormai eseguiva solo una piccola parte. Nel 1523, inoltre, il Duca di Urbino Francesco Maria Della Rovere, nipote di Giulio II, tornò a sollecitare la conclusione del monumento funebre: visto che l'artista non aveva mai tempo, il Duca Della Rovere stipulò un nuovo progetto, più semplice ed economico, ma rifiutato.
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Il Genio della Vittoria (1534, 59 anni), non finito, era destinato alla tomba di Giulio II ma non vi venne mai collocato. Dal 1921 è conservata nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze |
Un leitmotiv nella vicenda biografica di Michelangelo è il burrascoso rapporto con i vari committenti, che più volte ha fatto parlare di ingratitudine dell'artista. Anche con i Medici il suo rapporto fu estremamente ambiguo: nonostante siano stati loro a spingerlo verso la carriera artistica e a procurargli le prime commissioni di altissimo rilievo, sappiamo che la sua convinta fede repubblicana lo portò a covare sentimenti di odio contro di loro, vedendoli come la principale minaccia contro la libertas fiorentina.
Nel 1527, quando i lanzichenecchi di Carlo V mettono in opera il Sacco di Roma contro Clemente VII, la città di Firenze insorse contro il suo delegato, l'odiato Alessandro de' Medici, cacciandolo e instaurando un nuovo governo repubblicano. Michelangelo aderì pienamente al nuovo regime, e non solo come artista: nel 1529 venne nominato membro dei Nove di milizia, occupandosi dei piani difensivi della città e venne poi nominato Governatore generale delle fortificazioni, in previsione dell'assedio che le forze imperiali si apprestavano a cingere. Visitò quindi Pisa, Livorno e Ferrara per studiarne le fortificazioni e tranne nuove idee Ferrara per studiarne le fortificazioni, ma dopo pochi mesi, temendo il realizzarsi di tale assedio, fuggì a Venezia, in previsione di trasferirsi in Francia alla corte di Francesco I. Il governo fiorentino lo dichiarò quindi ribelle e lo condannò a morte in contumacia. Michelangelo tornò immediatamente a Firenze, ottenendo il perdono a patto che riprendesse il suo ufficio.
Nel 1530, tuttavia, Carlo V assediò infine Firenze per ristabilire il governo mediceo. Michelangelo usò la collina di San Miniato al Monte come avamposto con cui cannoneggiare il nemico, proteggendo il campanile con un'armatura fatta di materassi imbottiti.
Le forze in campo per gli assedianti erano soverchianti, ma grazie alla disperata difesa di Michelangelo, Firenze riuscì a negoziare un trattato che evitasse la distruzione e il saccheggio che 3 anni prima avevano colpito Roma. Il 12 agosto 1530 i Medici tornavano al potere a Firenze. Michelangelo, che temeva una vendetta, fuggì di notte dalla città rifugiandosi nuovamente a Venezia, soggiornando all'isola della Giudecca per mantenersi lontano dalla vita sfarzosa della città.
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La Biblioteca Medicea Laurenziana, annessa alla chiesa di San Lorenzo a Firenze, venne inaugurata nel 1534 (59 anni) dopo 4 anni di lavori. Michelangelo 20 anni dopo, nel 1558, progetterà anche lo scalone nel vestibolo |
Dopo pochi mesi, tuttavia, Clemente VII gli offrì il perdono, a patto che riprendesse i lavori a San Lorenzo dove, oltre alla Sagrestia, avrebbe anche dovuto occuparsi di una monumentale biblioteca, la Biblioteca Medicea. Nella sala di lettura Michelangelo si rifece al modello della Biblioteca di Michelozzo in San Marco a Venezia, eliminando la divisione in navate e realizzando un ambiente con le mura scandite da finestre sormontate da mezzanini tra pilastrini Il capolavoro del progetto è tuttavia il vestibolo, con un forte slancio verticale dato dalle colonne binate che cingono il portale timpanato e dalle edicole sulle pareti.
Conclusa l'opera, nel 1532, a 57 anni, stipulò un quarto contratto per l'interminabile tomba di Giulio II, con solo 6 statue. Il 22 settembre 1533 incontrò Clemente VII e in quell'occasione il Papa gli illustrò il suo progetto di terminare l'affrescatura della Cappella Sistina rifacendo la parete dell'altare. Nello stesso 1533, moriva 70enne il padre Ludovico Buonarroti. I suoi incarichi iniziarono tuttavia a procedere sempre più stancamente, con un ricorso sempre maggiore ad aiuti. Michelangelo, inoltre, non approvava il regime politico tirannico instaurato da Alessandro de' Medici e alla morte di Clemente VII nel 1534, lasciò Firenze alla volta di Roma. Non ci tornerà più.
Mentre aveva appena ripreso in mano per l'ennesima volta la tomba di Giulio II, il nuovo Papa Paolo III gli affidò l'incarico di realizzare il Giudizio Universale nella Cappella Sistina e lo nominò anche pittore, scultore e architetto del Palazzo Vaticano, con una ricchissima paga.
Nel 1536, a 61 anni, Michelangelo inizia quindi i nuovi lavori nella Sistina, che lo impegneranno per 5 anni: per liberare l'artista dagli impegni verso i Della Rovere Paolo III arrivò a emettere un motu proprio apposito. Innanzitutto, Michelangelo non operò su una parete vuota come in precedenza ma distrusse la pala dell'Assunta di Perugino e alcune opere dipinte da lui stesso vent'anni prima: le prime due storie quattrocentesche di Gesù e di Mosè e due lunette.
Michelangelo progetta così un affresco con al centro Cristo giudice e al suo fianco la Madonna, che rivolge lo sguardo verso gli eletti; questi ultimi formano un'ellissi che segue i movimenti di Cristo in un turbine di santi, patriarchi e profeti. A differenza delle rappresentazioni tradizionali, tutto è caos e movimento, e nemmeno i santi sono esentati dal clima di inquietudine, attesa paura e sgomento che coinvolge i partecipanti.
Michelangelo si prende anche alcune licenze iconografiche, ritraendo i santi senza aureola, gli angeli senza ali e Cristo giovane e senza barba, forse allusioni al fatto che davanti al Giudizio ogni singolo uomo è uguale. Tuttavia queste modifiche unilaterali, insieme alla nudità e alla posa sconveniente di alcune figure (come Santa Caterina d'Alessandria prona con alle spalle san Biagio), scatenarono contro l'opera la critica di buona parte della Curia Romana, tanto che dopo la morte di Michelangelo e il nuovo clima culturale dovuto al Concilio di Trento, si decise di rivestire i nudi e modificare le parti più sconvenienti.
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Nel 1536 (61 anni) Michelangelo inizia a lavorare al Giudizio Universale nella Cappella Sistina per il nuovo Papa Paolo III, distruggendo la Pala dell'Assunta di Perugino. Impiegò 5 anni a realizzare l'affresco, giudicato però stavolta sconveniente dalla Curia Romana, che dopo la sua morte darà ordine di coprirne le nudità |
Nel 1537, a 62 anni, pur non avendo ancora finito la tomba di Giulio II, il nipote, il Duca di Urbino Francesco Maria I Della Rovere, gli chiese un abbozzo per un cavallo destinato forse a un monumento equestre. L'artista però si rifiutò di inviare il progetto al Duca, poiché insoddisfatto, e progettò al suo posto una saliera, dando a Della Rovere la precedenza, anche con lavori umili, per non perdere i soldi dovuti alla sempiterna committenza della tomba, che ancora non aveva finito.
Paolo III, come i suoi predecessori, fu comunque il più entusiasta committente di Michelangelo e con il trasferimento sul Campidoglio della statua equestre di Marco Aurelio, simbolo della continuità tra la Roma imperiale e quella papale, incaricò Michelangelo di studiare la ristrutturazione della piazza, centro dell'amministrazione civile romana fin dal Medioevo e in stato di degrado.
Michelangelo scelse di mantenere gli edifici esistenti e realizzare quindi una piazza a pianta trapezoidale, con sullo sfondo il Palazzo dei Senatori, dotato di scala a doppia rampa, e delimitata ai lati da altri due edifici: il Palazzo dei Conservatori e il cosiddetto Palazzo Nuovo, costruito appunto ex novo, entrambi convergenti verso la scalinata di accesso al Campidoglio. Gli edifici vennero caratterizzati da un ordine gigante a pilastri corinzi in facciata, con massicce cornici e architravi. Al piano terra degli edifici laterali i pilastri dell'ordine gigante sono affiancati da colonne che formano un insolito portico architravato, in un disegno complessivo molto innovativo che rifugge programmaticamente dall'uso dell'arco. Il lato interno del portico presenta invece colonne alveolate che in seguito ebbero una grande diffusione.
I lavori furono però compiuti molto dopo la morte di Michelangelo e la pavimentazione fu realizzata solo ai primi del Novecento, utilizzando una stampa d'epoca che riportava quello che doveva essere il progetto complessivo previsto da Michelangelo, secondo un reticolo curvilineo inscritto in un'ellisse con al centro il basamento ad angoli smussati per la statua di Marco Aurelio, anch'esso disegnato da Michelangelo.
Sappiamo che in quello stesso 1537 Michelangelo aveva iniziato un'amicizia con la marchesa di Pescara Vittoria Colonna, che lo introdusse al circolo artistico del cardinale Reginald Pole, in cui si aspirava a una riforma della Chiesa, sia interna sia nei confronti del resto della cristianità, alla quale avrebbe dovuto riconciliarsi. Michelangelo forse dipinse una Crocifissione per Vittoria Colonna, che non ci è arrivata ma di cui ci restano alcuni disegni preparatori. Inoltre esiste una tavola dipinta, la Crocefissione di Viterbo, tradizionalmente (ma non in modo certo) attribuita a Michelangelo.
Secondo i coevi, raffigurava un giovane e sensuale Cristo, simboleggiante un'allusione alle teorie riformiste cattoliche che vedevano nel sacrificio del sangue di Cristo l'unica via di salvezza individuale, senza intermediazioni della Chiesa e dei suoi rappresentanti. Uno schema analogo presentava anche la cosiddetta Pietà per Vittoria Colonna, dello stesso periodo, nota da un disegno a Boston e da alcune copie di allievi.
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Nel 1538 (63 anni), quando vi viene trasferita la statua equestre di Marco Aurelio, Michelangelo progetta la nuova Piazza del Campidoglio, costruendo il Palazzo Nuovo, simmetrico al Palazzo dei Conservatori, e incorniciando il Palazzo Senatorio, oggi sede del Comune di Roma |
Dopo ulteriori accordi al ribasso, finalmente nel 1542, a 67 anni e a 30 dalla morte del Papa, Michelangelo completò la tomba di Giulio II, che venne collocata nella chiesa di San Pietro in Vincoli con le statue del Mosè, di Lia (Vita attiva) e di Rachele (Vita contemplativa) nel primo ordine.
Nel secondo ordine, al fianco del pontefice disteso con sopra la Vergine col Bambino si trovano una Sibilla e un Profeta. Anche questo progetto risente dell'influsso del circolo di Viterbo; Mosè uomo illuminato e sconvolto dalla visione di Dio è affiancato da due modi di essere, ma anche da due modi di salvezza non necessariamente in conflitto tra di loro: la vita contemplativa viene rappresentata da Rachele che prega come se per salvarsi usasse unicamente la Fede, mentre la vita attiva, rappresentata da Lia, trova la sua salvezza nell'operare.
Approfittando della conclusione di quest'opera che si trascinava da decenni, commissionata per di più da una famiglia rivale, Paolo III affidò a Michelangelo la sua ultima opera pittorica, a cui lavorò per quasi 10 anni. Il papa infatti, seccato del fatto che il luogo ove la celebrazione di Michelangelo pittore raggiungesse i suoi massimi livelli fosse dedicato a un Papa di una famiglia rivale come i Della Rovere, gli affidò la decorazione di un'altra cappella privata in Vaticano, di fronte alla Sistina, che prese il nome di Cappella Paolina. Michelangelo non fece un'opera monumentale come 30 anni prima ma realizzò solo due affreschi.
Il primo, la Conversione di Saulo, presenta una scena inserita in un paesaggio spoglio e irreale, con compatti grovigli di figure alternati a spazi vuoti e, al centro, la luce accecante che da Dio scende su Saulo a terra; il secondo, il Martirio di san Pietro, ha una croce disposta in diagonale in modo da costituire l'asse di un ipotetico spazio circolare con al centro il volto del martire.
L'opera nel suo complesso è caratterizzata da un sentimento di mestizia, generalmente interpretata come espressione della religiosità tormentata di Michelangelo e del sentimento di profondo pessimismo che caratterizza l'ultimo periodo della sua vita.
Mentre realizza gli affreschi della Cappella Paolina, Michelangelo per tutte le altre committenze sceglie di abbandonare progressivamente pittura e scultura, tranne alcune opere di carattere privato, per dedicarsi a progetti architettonici e urbanistici, che proseguono sulla strada della rottura del canone classico, anche se molti di essi vennero portati a termine in periodi seguenti da altri architetti, che non sempre rispettarono il suo disegno originale.
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Michelangelo impiegò la bellezza di 40 anni per completare, dopo vari rifacimenti, interruzioni e accordi al ribasso, la tomba di Giulio II, nella chiesa di San Pietro in Vincoli. Da un monumentale mausoleo a pianta rettangolare con più di 40 statue in San Pietro il progetto venne ridotto a un monumento addossato a una parete di una basilica secondaria romana, con appena 7 statue di cui solo 3 scolpite da Michelangelo e una sola (il Mosè) degna della sua fama |
Approfittando di questa svolta architettonica, avvenuta proprio in concomitanza con la morte dell'architetto pontificio Antonio da Sangallo il Giovane, nel 1546, a 71 anni, Paolo III affida a Michelangelo la costruzione di Palazzo Farnese e della Basilica di San Pietro, che Sangallo aveva lasciato incompiute.
Nella facciata di Palazzo Farnese Michelangelo varia rispetto al progetto del Sangallo, aumentando l'altezza del secondo piano, inserendo un massiccio cornicione e sormontando il finestrone centrale con uno stemma colossale.
Più complesso è invece ricostruire quanto Michelangelo voleva fare per la Basilica di San Pietro, per cui non redasse mai un progetto definitivo ma procedette per parti. Le ricostruzioni dicono che Michelangelo aspirava al ritorno alla pianta centrale originale del Bramante, con un quadrato inscritto nella croce greca, rifiutando sia la pianta a croce latina introdotta da Raffaello, sia i disegni del Sangallo, che prevedevano la costruzione di un edificio a pianta centrale preceduto da un imponente avancorpo.
Michelangelo demolì quindi parti realizzate dai suoi predecessori e, rispetto alla perfetta simmetria del progetto bramantesco, introdusse un asse preferenziale nella costruzione, ipotizzando una facciata principale schermata da un portico composto da colonne d'ordine gigante, mai realizzato. Per la massiccia struttura muraria ideò un unico ordine gigante a paraste corinzie con attico, mentre al centro della costruzione costruì un tamburo, con colonne binate, sul quale progettò di innalzare una cupola emisferica a costoloni conclusa da una lanterna, completata poi, con alcune differenze, da Giacomo Della Porta.
Tuttavia, il progetto di Michelangelo fu in gran parte stravolto da Carlo Maderno, che all'inizio del Settecento completò la basilica con l'aggiunta di una navata longitudinale e di un'imponente facciata .
Nel 1547 morì Vittoria Colonna, seguita dal fratello di Michelangelo, Giovansimone Buonarroti, ma la sua attività artistica non si fermò. Nel 1550, a 75 anni, iniziò a realizzare la Pietà dell'Opera del Duomo, destinata alla sua tomba e abbandonata dopo che l'artista frantumò, in un accesso d'ira, il braccio e la gamba sinistra del Cristo e la mano della Vergine. Tiberio Calcagni ricostruirà poi il braccio e rifinì la Maddalena lasciata dal Buonarroti allo stato di non finito.
Il gruppo costituito dal Cristo sorretto dalla Vergine, dalla Maddalena e da Nicodemo è disposto in modo piramidale con al vertice quest'ultimo; la scultura venne lasciata a diversi gradi di finitura con la figura del Cristo allo stadio più avanzato. Nicodemo sarebbe un autoritratto del Buonarroti, dal cui corpo sembra uscire la figura del Cristo, forse un riferimento alla sofferenza psicologica che lui, profondamente religioso, portava dentro di sé in quegli anni.
Michelangelo iniziò anche a scolpire la Pietà Rondanini, che nel 1561 donò al suo servitore Antonio del Francese, continuando però ad apportarvi modifiche sino alla morte; il gruppo è costituito da parti condotte a termine, come il braccio destro di Cristo, e da parti non finite, come il torso del Salvatore schiacciato contro il corpo della Vergine quasi a formare un tutt'uno. Successivamente alla scomparsa di Michelangelo, la statua venne trasferita nel Palazzo Rondanini di Roma e da questi ha mutuato il nome. Attualmente si trova nel Castello Sforzesco di Milano, acquistata nel 1952 dal Comune.
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Michelangelo, dopo la morte di Antonio da Sangallo il Giovane, venne incaricato anche di terminare la Basilica di San Pietro, che immaginò a croce greca, riprendendo il progetto originario di Bramante. Di Michelangelo è il progetto della cupola, all'epoca e per secoli la più grande al mondo, ma essa verrà completata da Giacomo della Porta nel 1593, 40 anni dopo la morte di Michelangelo, e con alcune variazioni rispetto al progetto |
Nel 1550, intanto, uscì la prima edizione delle Vite di Giorgio Vasari, che conteneva la prima biografia di Michelangelo, la prima nella storia di un artista ancora vivente. Era infatti l'ultima dell'opera, che lo celebrava l'artista come vertice di quella catena di grandi artefici che partiva da Cimabue e Giotto, raggiungendo nella sua persona la sintesi di perfetta padronanza delle arti (pittura, scultura e architettura) in grado non solo di rivaleggiare ma anche di superare i mitici maestri dell'antichità.
Nonostante le premesse celebrative ed encomiastiche, Michelangelo non gradì l'operazione per le numerose imprecisioni e soprattutto per una versione a lui non congeniale della tormentata vicenda della tomba di Giulio II. L'artista allora in quegli anni lavorò con un suo fedele collaboratore, Ascanio Condivi, facendo pubblicare una nuova biografia nel 1553 che riportava la sua versione dei fatti. A questa attinse Vasari per la seconda edizione delle Vite, pubblicata nel 1568.
Queste opere alimentarono la leggenda di Michelangelo, dipinto come un genio tormentato e incompreso, spinto oltre i propri limiti dalle condizioni avverse e dalle mutevoli richieste dei committenti, ma capace di creare opere titaniche e insuperabili. Mai avvenuto fino ad allora era poi che questa leggenda si formasse quando ancora l'interessato era in vita.
Nonostante questa invidiabile posizione raggiunta dal Buonarroti in vecchiaia, gli ultimi anni della sua esistenza sono tutt'altro che tranquilli, animati da una grande tribolazione interiore e da riflessioni tormentate sulla fede, la morte e la salvezza, che si trovano anche nelle sue opere (come le Pietà) e nei suoi scritti.
Nel 1554 Ignazio di Loyola chiese a Michelangelo di progettare la nuova chiesa del Gesù a Roma, ma l'artista rifiutò, già anziano e oberato dal lavoro in Vaticano. Nel 1555 l'elezione al soglio pontificio di Marcello II compromise la presenza dell'artista a capo del cantiere di San Pietro, ma subito dopo venne eletto Paolo IV Carafa, che lo confermò nell'incarico e gli chiese di concentrarsi sui lavori alla cupola.
Nel 1556 la minaccia di un'invasione spagnola dello Stato Pontificio indusse Michelangelo ad abbandonare Roma alla volta di Loreto ma, mentre faceva sosta a Spoleto, venne raggiunto da un appello pontificio che lo obbligò a tornare indietro. Nel 1557, quindi, Michelangelo costruì un modello in legno per la cupola di San Pietro e realizzò alcuni disegni per la Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini, per la Cappella Sforza in Santa Maria Maggiore e per la scalinata della Biblioteca Medicea Laurenziana.
Verso il 1560, a 85 anni, Paolo IV gli affidò anche il progetto di Porta Pia, vera e propria scenografia urbana con la fronte principale verso l'interno della città. Il portale con frontone curvilineo interrotto e inserito in un altro triangolare è fiancheggiato da paraste scanalate, mentre sul setto murario ai lati si aprono due finestre timpanate, con al di sopra altrettanti mezzanini ciechi. Dal punto di vista del linguaggio architettonico, Michelangelo manifestò uno spirito sperimentale e anticonvenzionale tanto che si è parlato di "anticlassicismo".
Anche in età così avanzata, Michelangelo non si fermò. Nel 1561 progettò una ristrutturazione della chiesa di Santa Maria degli Angeli all'interno delle Terme di Diocleziano e dell'adiacente convento dei Padri Certosini. Il 31 gennaio 1563 Cosimo I de' Medici fondò, su consiglio di Giorgio Vasari, l'Accademia e Compagnia dell'Arte del Disegno, di cui viene subito eletto console proprio Buonarroti. Mentre la Compagnia era una sorta di corporazione cui dovevano aderire tutti gli artisti operanti in Toscana, l'Accademia, costituita solo dalle più eminenti personalità culturali della corte fiorentina, doveva tutelare e supervisionare l'intera produzione artistica del principato fiorentino. Si trattava dell'ultimo invito rivolto a Michelangelo per farlo tornare a Firenze, ma Michelangelo rifiutò: la sua radicata fede repubblicana doveva probabilmente renderlo incompatibile col servire nuovamente i Medici.
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La Pietà Rondanini è l'ultima opera di Michelangelo, non finita, a cui lavorò fino alla morte, avvenuta a quasi 89 anni nel 1564. Nel 1952 venne acquistata dal Comune di Milano e oggi è conservata al Castello Sforzesco |
Il 18 febbraio 1564, a quasi 89 anni, Michelangelo morì a Roma, nella sua modesta residenza di Piazza Macel de' Corvi, distrutta nel 1885 quando venne creato il Vittoriano. Si dice che fino a 3 giorni prima avesse lavorato alla Pietà Rondanini. Pochi giorni prima, il 21 gennaio, la Congregazione del Concilio di Trento aveva deciso di far coprire le parti "oscene" del Giudizio universale.
La morte di Michelangelo venne particolarmente sentita a Firenze, poiché la città non era riuscita a onorare il suo più grande artista prima della morte, nonostante i tentativi di Cosimo. Il recupero dei suoi resti e la celebrazione di esequie solenni divenne quindi un'assoluta priorità per la città: a pochi giorni dalla morte, suo nipote Lionardo Buonarroti arrivò a Roma col preciso compito di recuperare la salma e organizzarne il trasporto. Secondo Vasari, i romani si sarebbero opposti alle sue richieste, desiderando inumare l'artista nella basilica di San Pietro, al che Lionardo avrebbe trafugato il corpo di notte e in gran segreto prima di riprendere la strada per Firenze.
Appena arrivata nella città toscanaì, la bara venne portata in Santa Croce e ispezionata secondo un complesso cerimoniale, stabilito dal luogotenente dell'Accademia delle Arti del Disegno. Il 14 luglio 1564, a 5 mesi dalla morte, si tennero in San Lorenzo le solenni esequie, pagate dalla famiglia Medici utilizzando il cerimoniale per la morte dei principi reali. L'intera basilica venne addobbata riccamente con drappi neri e di tavole dipinte con episodi della sua vita.
Michelangelo venne infine sepolto in Santa Croce, in un sepolcro monumentale disegnato da Giorgio Vasari, composto da tre figure piangenti che rappresentano la pittura, la scultura e l'architettura. I funerali di Stato suggellarono lo status raggiunto dall'artista e furono la consacrazione definitiva del suo mito, come artefice insuperabile, capace di raggiungere vertici creativi in qualunque campo artistico e, più di quelli di qualunque altro, capaci di emulare l'atto della creazione divina.
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