Una guerra al declinante Iran, nel tentativo di strappare territori dalla possibile conquista dell'Impero Ottomano. Il 18 giugno 1822 scoppiava la Seconda Guerra russo-persiana, dichiarata dalla Russia zarista di Pietro il Grande all'Iran della dinastia dei Safavidi.
Fino allo scoppio della guerra, il confine meridionale della Russia era il fiume Terek, che ha origine nell'attuale Georgia e sfocia nel Mar Caspio. A sud il territorio era frammentato in vari khanati, 10 Stati vassalli dell'Iran, che nell'Ottocento saranno poi, uno dopo l'altro, annessi alla Russia dopo successive guerre contro l'Iran.
Pietro il Grande, zar da 40 anni, nutriva il desiderio di espandersi verso sud est, per avvantaggiarsi nei confronti dell'Impero Ottomano approfittando della debolezza dell'Iran. A marzo 1722, infatti, la capitale iraniana Esfahan era cinta d'assedio dall'esercito afghano, guidato da Mahmud Hotak, espressione della ribellione delle province orientali a seguito del declino della dinastia Safavide, al potere in Iran. Fin dai primi del Settecento nel Pashtun erano iniziate una serie di rivolte armate contro l'oppressivo dominio iraniano, guidate da Mir Wais Hotak, catturato dagli iraniani nel 1709 e giustiziato. Il figlio Mahmud, da allora, aveva portato avanti la battaglia del padre, sconfiggendo i Safavidi nella battaglia di Gulnavad l'8 marzo 1722 e marciando sulla capitale.
Abbandonato dai suoi vassalli e schiacciato dalla fame, l'imperatore Sultan Husayn sarà costretto ad arrendersi dopo otto mesi d'assedio, lasciando entrare gli afghani il 25 ottobre e abdicando in favore di Mahmud, che darà inizio al breve dominio afghano sulla Persia, cessato nel 1729.
L'Impero russo scelse come pretesto per avviare le ostilità un episodio avvenuto il 18 agosto 1721, quando i lezgini, una popolazione originaria del Daghestan, in un atto di ribellione avevano saccheggiato la città iraniana di Shamakhi, uccidendo alcuni mercanti russi. L'ambasciatore in Persia Artemy Volynsky riferì allo zar che l'episodio era una chiara violazione del trattato commerciale del 1717, il primo mai stipulato tra i due Stati, in cui entrambe le parti si impegnavano a proteggere i commercianti dell'altro Stato all'interno del proprio territorio. Fu proprio Volynsky a suggerire a Pietro il Grande di utilizzare quell'episodio a proprio vantaggio invadendo l'Iran, che non avrebbe potuto difendersi vista la sua difficilissima situazione interna.
Il 18 giugno 1722 l'Impero Russo dichiara formalmente guerra all'Iran. A luglio Pietro il Grande affida al principe moldavo Dimitrie Cantemir il compito di giustificare l'invasione agli occhi della popolazione locale scrivendo un manifesto in varie lingue, mentre lui era impegnato a radunare un esercito di circa 100mila uomini. Per il trasporto delle truppe, Mosca ordina la creazione della Flottiglia del Mar Caspio, di stanza ad Astrakhan, sotto il comando dell'ammiraglio Fyodor Apraksin.
Il 27 luglio la flotta sbarca sull'altra sponda del fiume Sulak. Pietro il Grande è il primo a mettere piede a terra. Accampato in un villaggio da lui rinominato Petrovsk (oggi Makhachkala), entrò poi a Tarki, capitale dell'omonimo khanato, in cui venne accolto con tutti gli onori. Non così il sultano di Utemish, che uccise i suoi inviati, innescando la rappresaglia zarista: la capitale venne presa d'assedio, espugnata, bruciata e i prigionieri impiccati.
Il khan di Derbent, anche se alleato dell'Iran, a questo punto offrì a Pietro le chiavi della città. Impossibilitato a proseguire oltre per i danni che la flotta aveva subito in una tempesta, lo zar lascia una robusta guarnigione a Derbent e rientra trionfalmente a Mosca il 24 dicembre 1722. Anche il re di Karthli Vakhtang VI, alleato dell'Iran e loro prigioniero per 7 anni, sigla un trattato con la Russia.
Prima di tornare a Mosca, Pietro aveva mandato due battaglioni al comando del colonnello Shipov per occupare la città di Rasht, con il pretesto di aiutare gli abitanti a rinforzarla contro un'eventuale invasione afghana. Lo Scià Tamasp, a causa di frizioni con i russi, ordinò però il loro ritiro dalla primavera 1723, causando la violenta reazione dell'esercito zarista, che occupò la città con la forza, prendendo il controllo del Mar Caspio.
Il 7 luglio i russi occuparono Baku dopo un lungo assedio, seguita da Shirvan e tre province iraniane sulla costa meridionale del Mar Caspio. Il 12 settembre, inaspettatamente, Russia e Iran siglano un trattato in cui la Russia si impegna a cacciare gli afghani in cambio della cessione di Baku, Derbent e delle tre province occupate. Il principe Meshchersky, tuttavia, inviato dallo zar in Iran a ratificare il trattato, venne quasi ucciso in un imboscata e il documento finì lettera morta.
Il 23 settembre 1723 fu il Trattato di San Pietroburgo a porre fine alla guerra, riconoscendo semplicemente alla Russia tutti i territori occupati. Il Trattato di Costantinopoli, firmato il 24 giugno 1724, riconobbe all'Impero Ottomano tutti i territori a ovest delle conquiste russe, segnando la definitiva spartizione della Transcaucasia tra le due potenze.
I russi, tuttavia, occuparono i territori per poco tempo. L'8 febbraio 1725, a 52 anni, Pietro il Grande muore dopo 42 anni di regno, lasciando la Russia in un periodo di grande instabilità. Il potere passò alla moglie Caterina I, che però morì dopo appena due anni. Il nipote Pietro II, al momento dell'ascesa al trono, aveva appena 11 anni e morì a 14 di vaiolo, estinguendo così la dinastia maschile diretta dei Romanov.
Il potere passò così nel 1730 ad Anna I, figlia di Ivan V, fratellastro di Pietro il Grande. Nel frattempo l'Iran era stato riunificato sotto Nader Shah e l'imperatrice non condivideva le mire espansionistiche di Pietro.
Il 21 gennaio 1732, con il Trattato di Resht, la Russia restituì la maggior parte dei territori occupati all'Iran in cambio dell'alleanza contro l'Impero Ottomano, in previsione di una guerra che sarebbe scoppiata tre anni dopo. Il 10 marzo 1735 Russia e Iran siglarono una formale alleanza con il Trattato di Ganja, che restituiva all'Iran la totalità dei territori occupati durante il precedente conflitto, tra cui Derbent, Baku e Tarki.
In tutto, Russia e Iran hanno combattuto 5 guerre. La prima è precedente a Pietro il Grande, tra il 1651 e il 1653, con la vittoria persiana e la fissazione del confine lungo il fiume Terek . Dopo la pace del 1724, per alcuni decenni i due Stati rimarranno alleati. Nel 1796 la zarina Caterina II invase l'Iran per rovesciare Agha Mohammed Khan ma, dopo la morte della sovrana, il successore Paolo I scelse di ritirarsi.
Nel 1801, persiani e ottomani si allearono contro l'Impero Russo per spartirsi il Caucaso, in un conflitto che durò per 11 anni e si concluse con la vittoria russa. Infine, nel 1826, sfruttando la guerra civile in Russia seguita alla morte dello zar Alessandro, lo Shah Abbas Mirza tentò un avanzata nel Caucaso, venendo rapidamente sconfitto. Il Trattato di Turkmenchay del 21 febbraio 1828 pose definitivamente termine alle Guerre Russo-Persiane.
Commenti
Posta un commento