Una delle pagine più nere della storia cinese, che ancora oggi a Pechino viene rimossa. La sommossa di Piazza Tienanmen entra nel vivo il 4 giugno 1989, il giorno del Rivoltoso Sconosciuto.
Il 1989 è passato alla storia come l'anno dell'Autunno delle Nazioni, in cui vari Paesi si ribellarono al controllo comunista. La politica di apertura all'Occidente inaugurata da Michail Gorbacev in Unione Sovietica era stata accolta con scetticismo dagli ortodossi di Germania Est, Bulgaria e Cecoslovacchia, ma la non interferenza sovietica permise ad altri stati di introdurre riforme impensabili sotto Breznev.
In Polonia Solidarnosc venne ammesso alle elezioni e vinse; in Ungheria veniva approvato il multipartitismo; la Germania venne riunificata dopo il crollo del Muro di Berlino; in Cecoslovacchia e Romania crollavano i regimi rossi. Era il preludio al collasso della stessa Unione Sovietica, avvenuto due anni più tardi.
Il 15 aprile, nel mezzo dei tumulti europei, un attacco cardiaco stroncava Hu Yaobang, ex Segretario Generale del Partito Comunista cinese, considerato tra i più progressisti. Aveva riabilitato la memoria dell'ex presidente Liu Shaoqi, travolto dalla furia rivoluzionaria di Mao Tse-Tung, e aveva tentato di ampliare l'autonomia amministrativa del Tibet, finché il Presidente Deng Xiaoping lo aveva costretto a dimettersi.
Il partito non prese posizione nei suoi confronti e ai funerali alcuni studenti manifestarono per chiedere riforme al governo, chiedendo di incontrare il primo ministro Li Peng, convinto che le proteste fossero manipolate da potenze straniere e che dovessero essere represse, con l'appoggio di Deng Xiaoping. Era favorevole al dialogo soltanto il Segretario Generale del PCC Zhao Ziyang.
Il governo non volle trattare. Il 26 aprile uscì un editoriale di Deng sul Quotidiano del Popolo in cui gli studenti venivano etichettati come traditori della patria al soldo di potenze nemiche. Il 4 maggio gli studenti risposero con una manifestazione che portò in Piazza Tienanmen 100mila persone, che chiedevano libertà di pensiero e dialogo con le autorità. Le richieste aderivano al manifesto per la Quinta Modernizzazione, una rivendicazione di democrazia e multipartitismo a opera dell'attivista Wei Jingsheng, che allora era in carcere. Hu Yaobang era sempre stato a favore di un ampliamento della libertà e la sua cacciata nel 1987 era il simbolo, secondo gli studenti, del nepotismo e autoritarismo della Cina di Deng Xiaoping.
A gettare benzina sul fuoco fu la visita a Pechino di Michail Gorbacev, la cui politica di apertura era presa a modello dai manifestanti. Cina e Unione Sovietica, le due più grandi potenze comuniste, riallacciavano relazioni diplomatiche dopo vent'anni. Gli studenti scesero in piazza il 13 maggio, accusando il governo di corruzione e invitandolo a seguire il modello sovietico. Venne innalzata una statua di 10 metri in piazza Tienanmen, la Dea della Democrazia, provocatoriamente di fronte a quella di Mao.
Fu proprio la memoria di ciò che aveva fatto Mao, che partendo da una protesta era riuscito con le sue Guardie Rosse a rovesciare il regime, a far temere il peggio ai vertici del Partito Comunista. Quando Gorbacev arrivò in Cina si tennero cortei in trecento città.
Il partito era spaccato tra riformisti e conservatori, ma in favore dei secondi pendeva il determinante voto di Deng Xiaoping. Fu lui a decidere di proclamare la legge marziale a Pechino per reprimere le proteste, esattamente come aveva fatto durante l'occupazione del Tibet. Secondo altri, il Comitato Permanente dell'Ufficio Politico - l'organo supremo del Pcc e della Cina, che doveva imporre la legge marziale - era spaccato tra i suoi 5 componenti e quindi Deng impose la sua decisione.
Zhao Ziyang fu l'unico a votare contro e il giorno dopo si presentò in piazza al fianco degli studenti. Sapeva che il governo stava per schierare l'esercito contro di loro e cercò di convincerli a negoziare. Questo gesto gli costò la rimozione dalla carica di Segretario Generale e la reclusione agli arresti domiciliari fino alla morte nel 2005.
Gli studenti rimasero accampati in piazza anche quando videro i blindati e i militari, di fronte alla massa dei manifestanti, non spararono.
In teoria la linea sarebbe dovuta essere dettata dal Partito Comunista, al cui vertice c'era il riformista Zhao Ziyang. Di fatto però venne scavalcato dagli Otto Immortali, i dirigenti anziani del partito, che arrestarono Ziyang e imposero all'unanimità la linea dura, obbedendo a Deng Xiaoping.
La notte del 3 giugno l'Esercito Popolare di Liberazione entrò a Pechino con l'obiettivo di liberare Piazza Tienanmen con la forza. I cittadini avevano ignorato l'ordine di rimanere nelle proprie case e rimasero sulle barricate, reagendo con sassi e molotov agli spari.
L'esercito raggiunse la piazza alle 22. Ricevette l'ordine di non sparare ma anche di sgomberarla con ogni mezzo entro le 6 del mattino. I militari proposero quindi agli studenti di rinunciare alla violenza in cambio della smobilitazione. I manifestanti si spaccarono e per chi decise di rimanere non ci fu scampo.
Alle 4 di mattina del 4 giugno 1989 i mezzi corazzati entrarono in Piazza Tienanmen, sparando e travolgendo qualunque cosa gli si parasse davanti. Chi tornò a recuperare i corpi dei propri cari venne fucilato.
Il governo cinese riottenne nel giro di poche ore il controllo della piazza. Deng Xiaoping ordinò di arrestare i capi dei manifestanti e organizzò una grande purga nel partito e nell'esercito. Il nuovo Segretario Generale del Partito Comunista divenne Jiang Zemin, che nel 1993 sostituirà Deng Xiaoping alla presidenza della Cina.
Il simbolo delle proteste di Piazza Tienanmen fu senza dubbio il Rivoltoso Sconosciuto, l'anonimo studente che si parò davanti ai carri armati facendoli fermare, ritratto nella famosissima foto di Jeff Widener.
Il ragazzo salì sul carro armato e parlò con il pilota, finché venne trascinato via da altri manifestanti. Del suo nome e della sua sorte non si è mai saputo nulla.
A distanza di trent'anni non esiste neanche un bilancio ufficiale dei morti di quella notte. La Croce Rossa parlò di 3000 vittime, la Cia di 800 e il governo cinese di 200.
I fatti di Tienanmen sono ancora oggi un argomento tabù per la Cina, che non fornisce una versione ufficiale dei fatti e proibisce persino di cercare informazioni su Internet.
La Cina fu l'unico Paese comunista a mantenere intatta la sua forma di governo fino a oggi, seppure ad altissimo prezzo. I giovani cinesi, infatti, non sanno nemmeno che tre decenni fa l'asfalto di quella piazza si tingeva di rosso.
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Parlare del massacro di Piazza Tienanmen è ancora oggi tabù in Cina. Il governo controlla tutti i media e permette pochissime commemorazioni |
Il 1989 è passato alla storia come l'anno dell'Autunno delle Nazioni, in cui vari Paesi si ribellarono al controllo comunista. La politica di apertura all'Occidente inaugurata da Michail Gorbacev in Unione Sovietica era stata accolta con scetticismo dagli ortodossi di Germania Est, Bulgaria e Cecoslovacchia, ma la non interferenza sovietica permise ad altri stati di introdurre riforme impensabili sotto Breznev.
In Polonia Solidarnosc venne ammesso alle elezioni e vinse; in Ungheria veniva approvato il multipartitismo; la Germania venne riunificata dopo il crollo del Muro di Berlino; in Cecoslovacchia e Romania crollavano i regimi rossi. Era il preludio al collasso della stessa Unione Sovietica, avvenuto due anni più tardi.
Il 15 aprile, nel mezzo dei tumulti europei, un attacco cardiaco stroncava Hu Yaobang, ex Segretario Generale del Partito Comunista cinese, considerato tra i più progressisti. Aveva riabilitato la memoria dell'ex presidente Liu Shaoqi, travolto dalla furia rivoluzionaria di Mao Tse-Tung, e aveva tentato di ampliare l'autonomia amministrativa del Tibet, finché il Presidente Deng Xiaoping lo aveva costretto a dimettersi.
Il partito non prese posizione nei suoi confronti e ai funerali alcuni studenti manifestarono per chiedere riforme al governo, chiedendo di incontrare il primo ministro Li Peng, convinto che le proteste fossero manipolate da potenze straniere e che dovessero essere represse, con l'appoggio di Deng Xiaoping. Era favorevole al dialogo soltanto il Segretario Generale del PCC Zhao Ziyang.
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Deng Xiaoping è stato l'uomo forte della Cina dal 1978 al 1992. E' mancato il 19 febbraio 1997 a 92 anni |
Il governo non volle trattare. Il 26 aprile uscì un editoriale di Deng sul Quotidiano del Popolo in cui gli studenti venivano etichettati come traditori della patria al soldo di potenze nemiche. Il 4 maggio gli studenti risposero con una manifestazione che portò in Piazza Tienanmen 100mila persone, che chiedevano libertà di pensiero e dialogo con le autorità. Le richieste aderivano al manifesto per la Quinta Modernizzazione, una rivendicazione di democrazia e multipartitismo a opera dell'attivista Wei Jingsheng, che allora era in carcere. Hu Yaobang era sempre stato a favore di un ampliamento della libertà e la sua cacciata nel 1987 era il simbolo, secondo gli studenti, del nepotismo e autoritarismo della Cina di Deng Xiaoping.
A gettare benzina sul fuoco fu la visita a Pechino di Michail Gorbacev, la cui politica di apertura era presa a modello dai manifestanti. Cina e Unione Sovietica, le due più grandi potenze comuniste, riallacciavano relazioni diplomatiche dopo vent'anni. Gli studenti scesero in piazza il 13 maggio, accusando il governo di corruzione e invitandolo a seguire il modello sovietico. Venne innalzata una statua di 10 metri in piazza Tienanmen, la Dea della Democrazia, provocatoriamente di fronte a quella di Mao.
Fu proprio la memoria di ciò che aveva fatto Mao, che partendo da una protesta era riuscito con le sue Guardie Rosse a rovesciare il regime, a far temere il peggio ai vertici del Partito Comunista. Quando Gorbacev arrivò in Cina si tennero cortei in trecento città.
Il partito era spaccato tra riformisti e conservatori, ma in favore dei secondi pendeva il determinante voto di Deng Xiaoping. Fu lui a decidere di proclamare la legge marziale a Pechino per reprimere le proteste, esattamente come aveva fatto durante l'occupazione del Tibet. Secondo altri, il Comitato Permanente dell'Ufficio Politico - l'organo supremo del Pcc e della Cina, che doveva imporre la legge marziale - era spaccato tra i suoi 5 componenti e quindi Deng impose la sua decisione.
Zhao Ziyang fu l'unico a votare contro e il giorno dopo si presentò in piazza al fianco degli studenti. Sapeva che il governo stava per schierare l'esercito contro di loro e cercò di convincerli a negoziare. Questo gesto gli costò la rimozione dalla carica di Segretario Generale e la reclusione agli arresti domiciliari fino alla morte nel 2005.
Gli studenti rimasero accampati in piazza anche quando videro i blindati e i militari, di fronte alla massa dei manifestanti, non spararono.
In teoria la linea sarebbe dovuta essere dettata dal Partito Comunista, al cui vertice c'era il riformista Zhao Ziyang. Di fatto però venne scavalcato dagli Otto Immortali, i dirigenti anziani del partito, che arrestarono Ziyang e imposero all'unanimità la linea dura, obbedendo a Deng Xiaoping.
La notte del 3 giugno l'Esercito Popolare di Liberazione entrò a Pechino con l'obiettivo di liberare Piazza Tienanmen con la forza. I cittadini avevano ignorato l'ordine di rimanere nelle proprie case e rimasero sulle barricate, reagendo con sassi e molotov agli spari.
L'esercito raggiunse la piazza alle 22. Ricevette l'ordine di non sparare ma anche di sgomberarla con ogni mezzo entro le 6 del mattino. I militari proposero quindi agli studenti di rinunciare alla violenza in cambio della smobilitazione. I manifestanti si spaccarono e per chi decise di rimanere non ci fu scampo.
Alle 4 di mattina del 4 giugno 1989 i mezzi corazzati entrarono in Piazza Tienanmen, sparando e travolgendo qualunque cosa gli si parasse davanti. Chi tornò a recuperare i corpi dei propri cari venne fucilato.
Il governo cinese riottenne nel giro di poche ore il controllo della piazza. Deng Xiaoping ordinò di arrestare i capi dei manifestanti e organizzò una grande purga nel partito e nell'esercito. Il nuovo Segretario Generale del Partito Comunista divenne Jiang Zemin, che nel 1993 sostituirà Deng Xiaoping alla presidenza della Cina.
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Questa foto di Jeff Widener ha fatto entrare nella storia il Rivoltoso Sconosciuto. Del suo nome e della sua sorte non si è mai saputo nulla |
Il simbolo delle proteste di Piazza Tienanmen fu senza dubbio il Rivoltoso Sconosciuto, l'anonimo studente che si parò davanti ai carri armati facendoli fermare, ritratto nella famosissima foto di Jeff Widener.
Il ragazzo salì sul carro armato e parlò con il pilota, finché venne trascinato via da altri manifestanti. Del suo nome e della sua sorte non si è mai saputo nulla.
A distanza di trent'anni non esiste neanche un bilancio ufficiale dei morti di quella notte. La Croce Rossa parlò di 3000 vittime, la Cia di 800 e il governo cinese di 200.
I fatti di Tienanmen sono ancora oggi un argomento tabù per la Cina, che non fornisce una versione ufficiale dei fatti e proibisce persino di cercare informazioni su Internet.
La Cina fu l'unico Paese comunista a mantenere intatta la sua forma di governo fino a oggi, seppure ad altissimo prezzo. I giovani cinesi, infatti, non sanno nemmeno che tre decenni fa l'asfalto di quella piazza si tingeva di rosso.
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