Ad avvertire del rischio era stato il cardinale Walter Kasper, 86 anni, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (2001 - 2010). Il porporato tedesco, parlando con l'emittente tedesca Ard, aveva messo in guardia: "Ci sono persone a cui questo pontificato non piace, che vogliono che finisca il più presto possibile e che si tenga un nuovo Conclave. E vogliono anche che il risultato sia a loro favore".
Ci sarebbe quindi un gruppo di opposizione a Francesco, secondo Kasper, che starebbe già pensando al prossimo pontefice, una figura molto differente dall'argentino Bergoglio.
Il 24 aprile è uscito The Election of Pope Francis, il nuovo libro del vaticanista Gerard O'Connell che svela i retroscena del Conclave del 2013, convocato dopo l'abdicazione a sorpresa di Benedetto XVI e che si concluse con l'elezione del 76enne arcivescovo di Buenos Aires. Ecco, proprio leggendo queste pagine ci si rende conto delle difficoltà che incontrerebbe una cordata anti-Bergoglio in Conclave, il cui risultato si è sempre dimostrato difficilissimo da indirizzare a priori.
O'Connell ha intervistato in modo anonimo vari cardinali elettori per capire come e perché i voti siano stati indirizzati proprio al cardinale Bergoglio. E ne emergono tre elementi da tenere presente:
1. Chi fa un'aperta campagna per il papato a suo nome quasi sempre fallisce
I cardinali che scoprono le loro carte troppo presto permettono ai colleghi ostili alla candidatura di organizzarsi prima del Conclave e ottenere l'appoggio dei media a loro favorevoli, in modo da organizzare un'efficace campagna di contrasto. Queste campagne sono viste con fastidio nel Sacro Collegio: sono un'interferenza indebita nel processo di discernimento del Conclave, che serve a capire la direzione in cui "soffia il vento dello Spirito Santo".
Lo stesso vale per cardinali che si espongono mediaticamente nel corso degli anni con libri, tweet e interventi. La storia insegna che sotto il Giudizio Universale della Cappella Sistina la strategia del "papato parallelo" raccoglie sempre pochi consensi. Non a caso esiste il detto: "E' entrato Papa e ne è uscito cardinale".
Solo in 2 Conclavi della storia recente chi era superfavorito è stato poi effettivamente eletto: nel 1963 con la scelta del cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, che scelse il nome di Paolo VI, e nel 2005, con l'elezione del cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Decano del Collegio Cardinalizio, che volle chiamarsi Benedetto XVI. Entrambi erano favoriti e vennero eletti perché emergevano testa e spalle rispetto agli altri.
Nel Conclave 2013, però, O'Connell dimostra che la candidatura di Jorge Mario Bergoglio rimase off the radar fino al giorno prima dell'ingresso nella Sistina, l'11 marzo. Non c'era nessun Team Bergoglio che aveva pensato in anticipo a lui.
L'arcivescovo di Buenos Aires era arrivato a Roma soltanto il 3 marzo, nove giorni prima dell'inizio del Conclave. Oltretutto aveva 76 anni, uno e mezzo oltre l'eta del ritiro e non aveva nessun network a Roma che facesse lobbying per la sua candidatura. E' vero che il cardinale belga Godfried Danneels, all'epoca arcivescovo di Malines - Bruxelles, aveva ammesso l'esistenza di un club conservatore che si riuniva nell'abbazia svizzera di San Gallo, e che secondo alcuni avrebbe spinto per il cardinale argentino. Ma la sua ultima riunione è stata nel 2006, dopo il fallimento di quest'intento nel Conclave dell'anno precedente.
Il cardinale Bergoglio aveva infatti raccolto nel 2005 un numero consistente di voti, abbastanza da bloccare l'elezione di Ratzinger se lo stesso arcivescovo di Buenos Aires non avesse deciso di fare un passo indietro. Ma ben pochi lo consideravano un favorito nel 2013.
O'Connell rivela che i cardinali avessero le idee molto poco chiare su chi puntare. La candidatura di Bergoglio emerse solo gradualmente, con un preciso turning point: la sera del 9 marzo. Bergoglio fece un discorso appassionato agli altri cardinali sulla necessità di evangelizzare le periferie e sulla necessità di evitare la malattia dell'autoreferenzialità. E' allora che la possibilità di una sua elezione inizia a venire presa sul serio.
Con il passare dei giorni, i network dietro ai principali 3 favoriti iniziano a sgretolarsi. Il primo candidato era l'arcivescovo di Milano Angelo Scola, 71 anni, il primo cardinale nella storia ad essersi seduto sia sulla sede ambrosiana che su quella patriarcale di Venezia. Era accreditato di almeno 50 voti, ma al primo scrutinio ne ricevette appena 30. E Bergoglio era subito dietro con 26.
Scola era sostenuto dal quotidiano La Repubblica e i vescovi italiani erano talmente sicuri del suo successo che dopo la fumata bianca inviarono un telegramma per felicitarsi della sua elezione a Papa.
Quello che all'esterno giornalisti ed esperti non potevano sapere era che i cardinali, dopo il risultato del primo scrutinio, iniziarono a pensare che Scola fosse troppo accademico - era stato Rettore del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia e della Pontificia Università Lateranense tra il 1995 e il 2002 - e che avrebbe avuto difficoltà a colpire umanamente i fedeli.
La Curia Romana, invece, spingeva per il cardinale brasiliano Odilo Pedro Scherer, 63 anni, allora come oggi arcivescovo di San Paolo. Ma la sua personalità pastorale lo avrebbe portato, secondo molti italiani, a essere prigioniero della Curia e non riuscì a impressionare i colleghi nelle riunioni pre-Conclave.
Il terzo favorito era il canadese Marc Ouellet, 68 anni, sulpiziano, avvantaggiato dall'esperienza come arcivescovo di Québec (2002 - 2010) che da quella nella Curia Romana come Prefetto della Congregazione per i Vescovi, incarico che tuttora ricopre. Era visto come conservatore ma umanamente dotato. Molti però non erano convinti delle sue capacità manageriali e della sua inclinazione a fare sempre di testa propria, senza ascoltare i collaboratori.
La pietra tombale sulla sua candidatura fu un'intervista alla principale rete canadese il 12 marzo, il giorno prima del Conclave, in cui parlava apertamente della possibilità di diventare Papa. Gli altri cardinali la ritennero una mancanza di prudenza, dato il suo tempismo poco azzeccato. O'Connell ricorda come un'intervista il giorno prima del Conclave aveva già rovinato la candidatura del cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, uno dei principali indiziati a succedere a Giovanni Paolo I durante il Conclave dell'ottobre 1978.
2. Il meccanismo del Conclave è disegnato appositamente per resistere alle pressioni esterne
Questa rigidità non è dovuta soltanto alle regole imposte da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma a precisi motivi storici. Durante il Conclave del 1903, a seguito della morte di Leone XIII, la battaglia era tra Mariano Rampolla del Tindaro, Arciprete della Basilica di San Pietro, e il Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto. Quando tutto sembrava indirizzato a favore del primo, il vescovo di Cracovia Jan Puzyna de Kosielsko rese noto che l'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe esercitava il diritto di veto, che gli spettava in quanto imperatore cattolico, nei confronti del cardinale Rampolla. Venne così eletto Sarto, che assunse il nome di Pio X, e tra i suoi primi provvedimenti ci fu l'abolizione del diritto di veto. Da quel momento ogni Papa prese provvedimenti affinché il Conclave fosse sempre più sigillato all'esterno.
Oggi nessun Capo di Stato si sognerebbe di esercitare un qualsiasi diritto di veto nei confronti di un cardinale, ma esistono innumerevoli altre forme di condizionamento. Prima del Conclave 2013 Mario Cuomo, ex governatore dello Stato di New York, in un'intervista al Corriere della Sera magnificò le virtù del 63enne Timothy Michael Dolan, arcivescovo della città. Era "l'uomo giusto per questo straordinario momento storico", che "avrebbe portato a una primavera in Vaticano". Il libro spiega che l'intervista "non piacque neanche un po'" ai cardinali.
Le critiche di Steve Bannon a papa Francesco, quindi, incontrano una strenua resistenza, così come il Red Hat Report, che pretende di scovare scheletri nell'armadio di tutti i cardinali elettori. Quando si tratta di scegliere il vescovo di Roma, spiega O'Connell, i cardinali ignorano qualsiasi lobbismo e cercano semplicemente leader credibili e con esperienza di governo.
Durante il suo pontificato Francesco ha creato cardinali da ogni angolo della Terra, a volte ignorando le cosiddette "prime linee" della Chiesa, ossia le tradizionali città cardinalizie. Quando verrà il momento, il campo di ricerca per il nuovo Papa sarà molto più ampio di prima.
3. La regola di continuità tra i Papi non viene mai meno
Questo vale anche per i casi diplomaticamente più complicati, come la recente lettera di Benedetto XVI che incolpa la liberalizzazione sessuale del '68 di aver creato la piaga degli abusi sessuali.
Tra i cardinali, secondo O'Connell, questa mossa è stata accolta come una tattica pre-Conclave, volta a mettere i due Papi viventi uno contro l'altro. E a spianare la strada a una candidatura in forte rottura con Francesco.
Nonostante la diversità di vedute su alcuni argomenti, Francesco e Benedetto, così come i cardinali elettori, hanno sempre ribadito la volontà di creare continutà. Nessun pontificato si costruisce da solo, ma sempre sulla base delle decisioni prese dall'immediato predecessore. E poi di tutti gli altri 264 vescovi che si sono seduti sul trono di Pietro negli ultimi Duemila anni.
Francesco ha posto le fondamenta del suo pontificato nel Concilio Vaticano II e sulla tradizione vivente della Chiesa, e in questo non è per nulla differente da Benedetto.
Questo non significa che un nuovo Papa non porti un elemento di novità al suo ruolo: le differenze di stile e di approccio tra il Papa regnante e l'emerito sono sotto gli occhi di tutti. Ma il libro di O'Connell spiega che i loro destini sono inevitabilmente intrecciati. A partire dal fatto che, senza la storica rinuncia di Benedetto, Jorge Mario Bergoglio non sarebbe mai stato eletto.
Questo è ancor più vero se si considera che il passo indietro di Bergoglio fu fondamentale per consentire l'elezione di Ratzinger nel 2005. L'argentino aveva 35 voti, abbastanza da andare allo scontro muro contro muro. Ma ha preferito agire diversamente. E' sempre O'Connell a scrivere che Bergoglio, nella convinzione che un Conclave lungo avrebbe danneggiato l'unità della Chiesa, ritirò la sua candidatura. E otto anni dopo Ratzinger rinunciò al pontificato proprio per permettere a un volto nuovo come Bergoglio di essere eletto.
O'Connell poi racconta della sua personale conoscenza dell'arcivescovo di Buenos Aires, che impressionò gli altri cardinali non soltanto con il discorso del 12 marzo, ma anche con il suo stile di vita austero e la sua vicinanza agli esclusi.
In Argentina Bergoglio aveva convertito il maestoso ufficio del suo predecessore Quarracino in un magazzino per raccogliere cibo e vestiti da dare ai poveri. Lui, invece, viveva in una stanza singola.
Il vaticanista americano ha anche parlato con le religiose della Domus Paolo VI, la residenza romana dove Bergoglio aveva risieduto nei giorni precedenti al Conclave. Era stato l'unico ospite a rifarsi il letto da solo ed era poi tornato da Papa per pagare il conto.
La domenica precedente all'apertura del Conclave ogni cardinale, per tradizione, celebra una sfarzosa messa nella propria chiesa titolare a Roma. Lui, invece, aveva scelto di celebrare nella cappella della Domus privatamente, con un ristretto gruppo di amici, e poi di pranzare con la sorella 90enne dell'arcivescovo Ubaldo Calabresi, l'uomo che lo aveva scelto come vescovo da nunzio apostolico in Argentina.
Mercoledì 13 marzo quell'uomo ricevette 85 voti su 115, superando la maggioranza dei due terzi richiesta per l'elezione. E si presentò al mondo come il 266° successore di Pietro.
E' prevista battaglia in vista del prossimo Conclave, ma niente esclude, nel frattempo, nuove sorprese.
Articolo tradotto e rielaborato da The Tablet.
Ci sarebbe quindi un gruppo di opposizione a Francesco, secondo Kasper, che starebbe già pensando al prossimo pontefice, una figura molto differente dall'argentino Bergoglio.
Il 24 aprile è uscito The Election of Pope Francis, il nuovo libro del vaticanista Gerard O'Connell che svela i retroscena del Conclave del 2013, convocato dopo l'abdicazione a sorpresa di Benedetto XVI e che si concluse con l'elezione del 76enne arcivescovo di Buenos Aires. Ecco, proprio leggendo queste pagine ci si rende conto delle difficoltà che incontrerebbe una cordata anti-Bergoglio in Conclave, il cui risultato si è sempre dimostrato difficilissimo da indirizzare a priori.
O'Connell ha intervistato in modo anonimo vari cardinali elettori per capire come e perché i voti siano stati indirizzati proprio al cardinale Bergoglio. E ne emergono tre elementi da tenere presente:
1. Chi fa un'aperta campagna per il papato a suo nome quasi sempre fallisce
I cardinali che scoprono le loro carte troppo presto permettono ai colleghi ostili alla candidatura di organizzarsi prima del Conclave e ottenere l'appoggio dei media a loro favorevoli, in modo da organizzare un'efficace campagna di contrasto. Queste campagne sono viste con fastidio nel Sacro Collegio: sono un'interferenza indebita nel processo di discernimento del Conclave, che serve a capire la direzione in cui "soffia il vento dello Spirito Santo".
Lo stesso vale per cardinali che si espongono mediaticamente nel corso degli anni con libri, tweet e interventi. La storia insegna che sotto il Giudizio Universale della Cappella Sistina la strategia del "papato parallelo" raccoglie sempre pochi consensi. Non a caso esiste il detto: "E' entrato Papa e ne è uscito cardinale".
Solo in 2 Conclavi della storia recente chi era superfavorito è stato poi effettivamente eletto: nel 1963 con la scelta del cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, che scelse il nome di Paolo VI, e nel 2005, con l'elezione del cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Decano del Collegio Cardinalizio, che volle chiamarsi Benedetto XVI. Entrambi erano favoriti e vennero eletti perché emergevano testa e spalle rispetto agli altri.
Nel Conclave 2013, però, O'Connell dimostra che la candidatura di Jorge Mario Bergoglio rimase off the radar fino al giorno prima dell'ingresso nella Sistina, l'11 marzo. Non c'era nessun Team Bergoglio che aveva pensato in anticipo a lui.
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Al momento della sua elezione a papa Francesco nel 2013, Jorge Mario Bergoglio, 82 anni, era arcivescovo di Buenos Aires dal 1998, dopo esserne stato vescovo ausiliare per 5 anni |
L'arcivescovo di Buenos Aires era arrivato a Roma soltanto il 3 marzo, nove giorni prima dell'inizio del Conclave. Oltretutto aveva 76 anni, uno e mezzo oltre l'eta del ritiro e non aveva nessun network a Roma che facesse lobbying per la sua candidatura. E' vero che il cardinale belga Godfried Danneels, all'epoca arcivescovo di Malines - Bruxelles, aveva ammesso l'esistenza di un club conservatore che si riuniva nell'abbazia svizzera di San Gallo, e che secondo alcuni avrebbe spinto per il cardinale argentino. Ma la sua ultima riunione è stata nel 2006, dopo il fallimento di quest'intento nel Conclave dell'anno precedente.
Il cardinale Bergoglio aveva infatti raccolto nel 2005 un numero consistente di voti, abbastanza da bloccare l'elezione di Ratzinger se lo stesso arcivescovo di Buenos Aires non avesse deciso di fare un passo indietro. Ma ben pochi lo consideravano un favorito nel 2013.
O'Connell rivela che i cardinali avessero le idee molto poco chiare su chi puntare. La candidatura di Bergoglio emerse solo gradualmente, con un preciso turning point: la sera del 9 marzo. Bergoglio fece un discorso appassionato agli altri cardinali sulla necessità di evangelizzare le periferie e sulla necessità di evitare la malattia dell'autoreferenzialità. E' allora che la possibilità di una sua elezione inizia a venire presa sul serio.
Con il passare dei giorni, i network dietro ai principali 3 favoriti iniziano a sgretolarsi. Il primo candidato era l'arcivescovo di Milano Angelo Scola, 71 anni, il primo cardinale nella storia ad essersi seduto sia sulla sede ambrosiana che su quella patriarcale di Venezia. Era accreditato di almeno 50 voti, ma al primo scrutinio ne ricevette appena 30. E Bergoglio era subito dietro con 26.
Scola era sostenuto dal quotidiano La Repubblica e i vescovi italiani erano talmente sicuri del suo successo che dopo la fumata bianca inviarono un telegramma per felicitarsi della sua elezione a Papa.
Quello che all'esterno giornalisti ed esperti non potevano sapere era che i cardinali, dopo il risultato del primo scrutinio, iniziarono a pensare che Scola fosse troppo accademico - era stato Rettore del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia e della Pontificia Università Lateranense tra il 1995 e il 2002 - e che avrebbe avuto difficoltà a colpire umanamente i fedeli.
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Odilo Pedro Scherer, 69 anni, è arcivescovo di San Paolo dal 2007, dopo esserne stato vescovo ausiliare per 6 anni. E' cardinale dal 2007 |
La Curia Romana, invece, spingeva per il cardinale brasiliano Odilo Pedro Scherer, 63 anni, allora come oggi arcivescovo di San Paolo. Ma la sua personalità pastorale lo avrebbe portato, secondo molti italiani, a essere prigioniero della Curia e non riuscì a impressionare i colleghi nelle riunioni pre-Conclave.
Il terzo favorito era il canadese Marc Ouellet, 68 anni, sulpiziano, avvantaggiato dall'esperienza come arcivescovo di Québec (2002 - 2010) che da quella nella Curia Romana come Prefetto della Congregazione per i Vescovi, incarico che tuttora ricopre. Era visto come conservatore ma umanamente dotato. Molti però non erano convinti delle sue capacità manageriali e della sua inclinazione a fare sempre di testa propria, senza ascoltare i collaboratori.
La pietra tombale sulla sua candidatura fu un'intervista alla principale rete canadese il 12 marzo, il giorno prima del Conclave, in cui parlava apertamente della possibilità di diventare Papa. Gli altri cardinali la ritennero una mancanza di prudenza, dato il suo tempismo poco azzeccato. O'Connell ricorda come un'intervista il giorno prima del Conclave aveva già rovinato la candidatura del cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova, uno dei principali indiziati a succedere a Giovanni Paolo I durante il Conclave dell'ottobre 1978.
2. Il meccanismo del Conclave è disegnato appositamente per resistere alle pressioni esterne
Questa rigidità non è dovuta soltanto alle regole imposte da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma a precisi motivi storici. Durante il Conclave del 1903, a seguito della morte di Leone XIII, la battaglia era tra Mariano Rampolla del Tindaro, Arciprete della Basilica di San Pietro, e il Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto. Quando tutto sembrava indirizzato a favore del primo, il vescovo di Cracovia Jan Puzyna de Kosielsko rese noto che l'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe esercitava il diritto di veto, che gli spettava in quanto imperatore cattolico, nei confronti del cardinale Rampolla. Venne così eletto Sarto, che assunse il nome di Pio X, e tra i suoi primi provvedimenti ci fu l'abolizione del diritto di veto. Da quel momento ogni Papa prese provvedimenti affinché il Conclave fosse sempre più sigillato all'esterno.
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Pio X fu Papa dal 1903 al 1914. E' stato proclamato santo nel 1954 da Pio XII |
Oggi nessun Capo di Stato si sognerebbe di esercitare un qualsiasi diritto di veto nei confronti di un cardinale, ma esistono innumerevoli altre forme di condizionamento. Prima del Conclave 2013 Mario Cuomo, ex governatore dello Stato di New York, in un'intervista al Corriere della Sera magnificò le virtù del 63enne Timothy Michael Dolan, arcivescovo della città. Era "l'uomo giusto per questo straordinario momento storico", che "avrebbe portato a una primavera in Vaticano". Il libro spiega che l'intervista "non piacque neanche un po'" ai cardinali.
Le critiche di Steve Bannon a papa Francesco, quindi, incontrano una strenua resistenza, così come il Red Hat Report, che pretende di scovare scheletri nell'armadio di tutti i cardinali elettori. Quando si tratta di scegliere il vescovo di Roma, spiega O'Connell, i cardinali ignorano qualsiasi lobbismo e cercano semplicemente leader credibili e con esperienza di governo.
Durante il suo pontificato Francesco ha creato cardinali da ogni angolo della Terra, a volte ignorando le cosiddette "prime linee" della Chiesa, ossia le tradizionali città cardinalizie. Quando verrà il momento, il campo di ricerca per il nuovo Papa sarà molto più ampio di prima.
3. La regola di continuità tra i Papi non viene mai meno
Questo vale anche per i casi diplomaticamente più complicati, come la recente lettera di Benedetto XVI che incolpa la liberalizzazione sessuale del '68 di aver creato la piaga degli abusi sessuali.
Tra i cardinali, secondo O'Connell, questa mossa è stata accolta come una tattica pre-Conclave, volta a mettere i due Papi viventi uno contro l'altro. E a spianare la strada a una candidatura in forte rottura con Francesco.
Nonostante la diversità di vedute su alcuni argomenti, Francesco e Benedetto, così come i cardinali elettori, hanno sempre ribadito la volontà di creare continutà. Nessun pontificato si costruisce da solo, ma sempre sulla base delle decisioni prese dall'immediato predecessore. E poi di tutti gli altri 264 vescovi che si sono seduti sul trono di Pietro negli ultimi Duemila anni.
Francesco ha posto le fondamenta del suo pontificato nel Concilio Vaticano II e sulla tradizione vivente della Chiesa, e in questo non è per nulla differente da Benedetto.
Questo non significa che un nuovo Papa non porti un elemento di novità al suo ruolo: le differenze di stile e di approccio tra il Papa regnante e l'emerito sono sotto gli occhi di tutti. Ma il libro di O'Connell spiega che i loro destini sono inevitabilmente intrecciati. A partire dal fatto che, senza la storica rinuncia di Benedetto, Jorge Mario Bergoglio non sarebbe mai stato eletto.
Questo è ancor più vero se si considera che il passo indietro di Bergoglio fu fondamentale per consentire l'elezione di Ratzinger nel 2005. L'argentino aveva 35 voti, abbastanza da andare allo scontro muro contro muro. Ma ha preferito agire diversamente. E' sempre O'Connell a scrivere che Bergoglio, nella convinzione che un Conclave lungo avrebbe danneggiato l'unità della Chiesa, ritirò la sua candidatura. E otto anni dopo Ratzinger rinunciò al pontificato proprio per permettere a un volto nuovo come Bergoglio di essere eletto.
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Questa foto degli anni '90 è la prima della storia a ritrarre 3 Pontefici insieme |
O'Connell poi racconta della sua personale conoscenza dell'arcivescovo di Buenos Aires, che impressionò gli altri cardinali non soltanto con il discorso del 12 marzo, ma anche con il suo stile di vita austero e la sua vicinanza agli esclusi.
In Argentina Bergoglio aveva convertito il maestoso ufficio del suo predecessore Quarracino in un magazzino per raccogliere cibo e vestiti da dare ai poveri. Lui, invece, viveva in una stanza singola.
Il vaticanista americano ha anche parlato con le religiose della Domus Paolo VI, la residenza romana dove Bergoglio aveva risieduto nei giorni precedenti al Conclave. Era stato l'unico ospite a rifarsi il letto da solo ed era poi tornato da Papa per pagare il conto.
La domenica precedente all'apertura del Conclave ogni cardinale, per tradizione, celebra una sfarzosa messa nella propria chiesa titolare a Roma. Lui, invece, aveva scelto di celebrare nella cappella della Domus privatamente, con un ristretto gruppo di amici, e poi di pranzare con la sorella 90enne dell'arcivescovo Ubaldo Calabresi, l'uomo che lo aveva scelto come vescovo da nunzio apostolico in Argentina.
Mercoledì 13 marzo quell'uomo ricevette 85 voti su 115, superando la maggioranza dei due terzi richiesta per l'elezione. E si presentò al mondo come il 266° successore di Pietro.
E' prevista battaglia in vista del prossimo Conclave, ma niente esclude, nel frattempo, nuove sorprese.
Articolo tradotto e rielaborato da The Tablet.
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