Il 250° Papa, il secondo nella storia a morire in esilio. Il 15 febbraio 1775, durante il Giubileo, veniva eletto Papa il cesenate Giovanni Angelo Braschi, che prese il nome di Pio VI, detentore di quello che, all'epoca, arrivò ad essere il pontificato più lungo della storia.
Giovanni Angelo Braschi nacque 25 dicembre 1717, giorno di Natale, a Cesena. Era il primo figlio del conte Marco Aurelio Tommaso Braschi e dalla contessa Anna Teresa Bandi, che gli daranno altri 3 fratelli e 4 sorelle. Fu battezzato a Cesena 2 giorni dopo la nascita, il 27 dicembre, e gli fu dato come nome di battesimo Angelo Onofrio Melchiorre Natale Giovanni Antonio.
Come figlio primogenito, il suo compito sarebbe stato reggere le fila della casta nobiliare alla morte del padre Marco Aurelio. Giovanni Angelo studiò nel seminario di Cesena, retto dai Gesuiti, senza alcuna intenzione di diventare sacerdote, e a soli 18 anni si laureò in utroque iure (ossia in diritto civile e canonico) all'Università di Cesena e proseguendo gli studi all'Università di Ferrara, dove era docente lo zio, il conte Giovanni Carlo Bandi.
A Ferrara iniziò anche a il suo servizio alla Santa Sede, grazie alle amicizie della sua famiglia, come Segretario del cardinale Tommaso Ruffo, legato apostolico nella città, che accompagnò a Roma 1740, in occasione del conclave che elesse Papa Benedetto XIV, facendosi conoscere come giovane giurista alla Corte Pontificia.
Pochi mesi dopo, all'età di 56 anni, moriva improvvisamente, privo di figli maschi, l'Imperatore Carlo VI d'Asburgo, a cui succedette sul trono la figlia primogenita Maria Teresa, di soli 23 anni. Francia, Prussia e Elettorato di Baviera si coalizzarono dichiarando illegittimo che il trono imperiale andasse a una donna e dichiararono guerra all'Impero, che era sostenuto da Gran Bretagna, Paesi Bassi ed Elettorato di Hannover nella cosiddetta alleanza pragmatica. Inizialmente limitata al Nord Europa, la guerra di successione austriaca arrivò a coinvolgere Regno di Spagna, Regno di Sardegna, Elettorato di Sassonia, Svezia e Russia.
Francia e Spagna si allearono quindi allo scopo di rendere spagnoli i Ducati di Milano e di Parma, che sarebbero spettati a Filippo di Borbone, fratello minore del Re di Napoli e Sicilia Carlo di Borbone. L'11 agosto 1744 la città di Velletri venne strenuamente difesa dalle truppe pontificie respingendo l'assedio austriaco, e il comandante delle forze antiaustriache era proprio il giovane giurista Giovanni Angelo Braschi. Il Re Carlo VII di Napoli (che 15 anni dopo diventerà Re di Spagna col nome di Carlo III) ammirò la sua preparazione e lo raccomandò al Papa, che lo inviò quindi proprio a Napoli per risolvere dei conflitti sorti tra Roma e il Regno borbonico per la giurisdizione dei tribunali vescovili, vicenda che si risolse con le dimissioni dell'arcivescovo di Napoli, il cardinale Giuseppe Spinelli. Come ricompensa, ricevette il titolo di cappellano privato di Sua Santità.
Dopo la morte del cardinale Tommaso Ruffo, avvenuta il 16 febbraio 1753, Benedetto XIV decise di chiamarlo a Roma come proprio Segretario Particolare. Non essendo sacerdote, il Papa lo convinse a frequentare gli studi di preparazione a Roma e nel 1758, a 41 anni, Giovanni Angelo Braschi viene ordinato sacerdote. In quell'anno, alla morte di Benedetto XIV, il nuovo Papa Clemente XIII lo nominò referendario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e suo nipote, il cardinale Carlo Rezzonico, lo scelse come segretario particolare. Il 2 luglio 1759, infine, il padre Marco Aurelio morì, lasciandogli in eredità, a 42 anni, il titolo di Conte di Falcino.
La svolta per la sua carriera arriva il 22 settembre 1766, quando, a 49 anni, viene nominato Tesoriere Generale della Camera Apostolica, con la responsabilità delle finanze dello Stato Pontificio. Il 10 maggio 1773, a 56 anni, viene creato cardinale presbitero di Sant'Onofrio da Clemente XIV e nominato abate commendatario di Subiaco, San Gregorio al Celio e di Santa Maria di Valdiponte, vicino a Perugia.
Clemente XIV, dopo 5 anni di pontificato, morì il 22 settembre in Vaticano per scorbuto all'età di 68 anni. Il Conclave ebbe inizio nella Manica Lunga del Quirinale il 5 ottobre 1774 alla presenza di appena 28 cardinali.
L'argomento all'ordine del giorno erano i gesuiti: Clemente XIV li aveva sciolti l'anno prima, dopo enormi pressioni, e il futuro Papa avrebbe dovuto decidere se proseguire su questa linea o riammetterli, visto che l'Ordine continuava a sopravvivere in alcuni Paesi, paradossalmente a maggioranza non cattolica. Le votazioni del conclave furono subito dominate dall'interpretazione, se liberale o restrittiva, del breve pontificio di soppressione dei Gesuiti. A favore di un'interpretazione moderata si schierarono i cardinali tedeschi e francesi, mentre quelli spagnoli e quelli portoghesi propendevano per un'interpretazione restrittiva. Il Conclave, visto l'esiguo numero di cardinali, si mostrò subito spaccato, con nessun candidato nemmeno lontanamente vicino al quorum. Le votazioni si trascinarono per mesi, nonostante il progressivo arrivo di altri cardinali stranieri, fino ad arrivare a 44.
Dopo due mesi di votazioni il Re Carlo III di Spagna pose il proprio veto contro il cardinale Giovanni Carlo Boschi, Penitenziere Maggiore, considerato troppo filogesuita e antispagnolo, eliminando l'unico candidato che aveva ricevuto un numero consistente di voti. Nessuno aprì quindi la Porta Santa il 24 dicembre 1774 per dare inizio al Giubileo, ma proprio quel giorno venne proposto per la prima volta il nome di Giovanni Angelo Braschi, respinto da Impero, Spagna e Portogallo perché troppo filogesuita. Da gennaio le due fazioni iniziarono a trattare su un cardinale comune, ma non si giunse ad alcun accordo.
Alla fine, il 12 febbraio 1775 venne offerta la candidatura al cardinale Braschi, a patto che mettesse per iscritto (come già aveva fatto 5 anni prima il cardinale Ganganelli nell'accettare la candidatura) la rinuncia a ogni possibilità di restaurazione della Compagnia di Gesù, revoca della bolla In Coena Domini di Pio V, che scomunicava i poteri secolari che cercassero di alienare diritti e proprietà della Chiesa e cessazione di ogni pretesa pontificia sul Ducato di Parma e Piacenza, passato ai Borbone.
Il 15 febbraio 1775, a 57 anni, Giovanni Angelo Braschi veniva eletto Papa all'unanimità (meno un voto, visto che non si può votare per sè stessi), assumendo il nome di Pio VI. Erano passati 134 giorni e 265 scrutini: non si ripeterà più un Conclave così lungo. Visto che non era ancora vescovo, una settimana dopo il Decano Giovanni Francesco Albani procederà alla consacrazione episcopale prima dell'incoronazione. Il giorno successivo, con 2 mesi di ritardo, il Papa aprì la Porta Santa della Basilica di San Pietro, dando inizio al Giubileo.
La geopolitica sarà sempre al centro del pontificato di Pio VI, che si trovò sempre più in difficoltà nei confronti della tendenza dei vari Stati a espropriare i beni della Chiesa o a entrare in questioni prettamente religiose. L'imperatore Giuseppe II d'Austria, ad esempio, scelse una politica che unificasse nelle sue mani la gestione del clero cattolico.
Pio VI prese quindi la straordinaria decisione di recarsi di persona a Vienna per chiedere personalmente la revoca dell'editto. Fu il primo papa dopo 250 anni a lasciare lo Stato Pontificio viaggiare all'estero (Clemente VII si era rifugiato per un breve periodo nel Regno delle Due Sicilie nel 1527 per sfuggire al Sacco di Roma di Carlo V). Dopo un mese di viaggio, Pio VI arrivò a Vienna e venne ospitato nel Palazzo Imperiale dell'Hofburg, celebrando i riti della Settimana Santa e la Messa di Pasqua nel Duomo di Santo Stefano a Vienna. È l'unica volta che un Pontefice ha celebrato la più importante festività cattolica lontano da Roma (escluso il periodo della Cattività Avignonese). Nonostante lo sforzo papale, la missione si risolse in un nulla di fatto.
L'anno successivo Giuseppe II ricambierà la visita recandosi a Roma e stipulò con la Santa Sede una Conventio amicabilis (termine scelto da Giuseppe II per evitare la parola concordato, che comportava la concessione di privilegi) con cui riconobbe al Papa la sovranità sul clero cattolico imperiale ma ottenne il diritto di approvare la nomina dei vescovi.
Il fronte più caldo, tuttavia, fu indubbiamente quello con la Francia. Accadde che tale Jeanne de Saint-Rémy de Valois, lontana discendente del Re Enrico II, si mise in contatto con il cardinale Louis De Rohan, ambasciatore papale in Francia. Il cardinale era detestato dalla Regina Maria Antonietta, poiché aveva intercettato una lettera in cui il cardinale parlava in modo leggero e offensivo di sua madre e rifiutava di riceverlo. Aspirando alla carica di Primo Ministro, De Rohan stava cercando di riconquistare una buona reputazione agli occhi della regina e la contessa de la Motte si offrì come intermediaria per ricucire, facendo da tramite per la corrispondenza tra il cardinale e la regina. In realtà era la contessa a scrivere: il tono delle lettere divenne sempre più caldo, finché De Rohan, convinto che la sovrana fosse innamorata di lui, chiese un appuntamento segreto nel giardino di Versailles. A quel punto una prostituta si finse Maria Antonietta, promettendo al cardinale di dimenticare le incomprensioni del passato in cambio di soldi, da destinare ad opere di carità. Tramite questo denaro, la contessa riuscì a ritagliarsi un ruolo nell'alta società. A questo punto due gioiellieri, Bohmer e Bassenge, si accordarono con la contessa de la Motte per vendere alla Regina Maria Antonietta una preziosissima collana appartenuta a Jeanne Du Barry, amante del Re Sole, e tornata in loro possesso alla morte del Re.
Il 21 gennaio 1785 la contessa disse al cardinale di scrivere alla finta Regina se fosse interessata all'acquisto della collana (Re Luigi XVI si era già offerto di comprarla in passato, ma Maria Antonietta aveva rifiutato) e la Regina accettò ma, per via del costo elevato, non lo avrebbe fatto apertamente, bensì tramite un intermediario. La contessa fornì anche al cardinale le condizioni dell'accordo, apparentemente firmate dalla Regina. I gioiellieri consegnarono quindi la collana al cardinale, che a sua volta la diede a un "incaricato" della Regina per un prezzo di favore, in realtà elevatissimo, che il cardinale si offrì di anticipare.
Quando la cosa giunse all'orecchio della Regina, il fatto che venisse usato impunemente il suo nome la fece infuriare. Il 15 agosto 1785, giorno dell'Assunzione e festa della Regina, mentre tutta la corte aspettava il Re e la Regina per recarsi alla cappella del Palazzo di Versailles, il cardinale De Rohan fu arrestato nella Galleria degli Specchi e portato alla Bastiglia insieme alla contessa. L'unico che rimase a piede libero fu il conte de la Motte, marito della contessa, che era nel frattempo fuggito in Inghilterra e aveva rivenduto singolarmente i diamanti, ricavandone una fortuna.
Il Parlamento di Parigi, tuttavia, assolse il cardinale, nonostante il grande disappunto della Regina, mentre la contessa de la Motte fu condannata al carcere a vita e venne flagellata, marchiata e rinchiusa nella prigione delle prostitute e manicomio, la Salpêtrière.
Luigi XVI tolse tuttavia a De Rohan le sue cariche e lo esiliò nell'abbazia di La Chaise-Dieu, Anche Pio VI scelse (fatto eccezionale) di sospendere il cardinale da tutti gli onori della sua carica: De Rohan tuttavia si presentò a Roma e, sette mesi dopo, venne perdonato e reintegrato.
Seguirà, nel 1789, la Rivoluzione Francese, improntata all'anticlericalismo: la Francia decise abolizione delle decime, nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, rifiuto di dichiarare il cattolicesimo religione di Stato e divieto di professione di nuovi voti religiosi. Anzi, l'intero clero venne obbligato a giurare fedeltà allo Stato per avere salva la vita. L'episcopato francese chiese l'intervento di Pio VI, che rimase in silenzio in un primo momento: metà dei sacerdoti giurarono, ma solo 7 vescovi, sostituiti da altri nominati dal Parlamento. Quando Pio VI, nel 1791, emise infine una bolla di condanna, i rivoluzionari, per rappresaglia, invasero Avignone, fino ad allora exclave pontificia, e uccisero 60 cittadini sostenitori del Papa in una delle torri del Palazzo dei Papi (il cosiddetto Massacro della Ghiacciaia). Francia e Santa Sede ruppero le relazioni diplomatiche e Avignone venne annessa.
Nel 1792 il Parlamento francese stabilì che i sacerdoti che non avevano prestato giuramento dovevano lasciare il Paese o essere esiliati in Guyana, costringendo 40mila sacerdoti all'esilio; la nuova legge sul matrimonio ne stabilì l'esclusivo valore civile, introducendo il divorzio; il nuovo calendario repubblicano stabilì che il centro della storia non era più la nascita di Cristo ma il 1792, che divenne il I anno della nuova era repubblicana, e abolì la settimana, sostituita con la decade, e quindi la domenica e la messa domenicale. Dopo l'esecuzione di Luigi XVI nel 1793, vennero ghigliottinati anche una ventina di sacerdoti che avevano rifiutato di giurare e lasciare la Francia. Nel 1797 il nuovo Direttorio pretese un nuovo giuramento di fedeltà: 1700 sacerdoti che rifiutarono vennero deportati e 41 fucilati.
Pio VI sostenne quindi la coalizione del 1792, che non riuscì a sconfiggere la Francia, e ben presto si ritrovò di fronte un nuovo protagonista della storia: Napoleone Bonaparte, nominato nel 1796 a capo dell'Armata d'Italia, che doveva assicurarsi il dominio francese sulla Penisola. Il 23 giugno 1796 impose a Pio VI l'Armistizio di Bologna, con cui la Santa Sede, per evitare l'invasione, doveva versare l'enorme somma di 21 milioni di scudi, consegnare numerose opere d'arte ed accettare l'occupazione militare delle Legazioni di Bologna e Ferrara e del porto di Ancona, che vennero annesse dalla Repubblica Cispadana.
Tuttavia, nel febbraio 1797, novemila soldati francesi invasero comunque la Romagna, sbaragliando le forze pontificie a Faenza e saccheggiando il Santuario di Loreto. Il 19 febbraio 1797 Napoleone impose una nuova pace, il Trattato di Tolentino, che stabiliva la definitiva rinuncia dei diritti papali su Avignone e il Contado Venassino, che da allora sono pienamente francesi, e contribuzioni finanziarie ancora più pesanti (25 milioni di scudi), una nuova spoliazione di opere d'arte e la cessione di Romagna, Bologna e Ferrara, che confluirono nella Repubblica Cisalpina.
La pace non durò tuttavia a lungo. Il 28 dicembre 1797, in uno scontro tra giacobini e soldati pontifici, venne ucciso il generale francese Mathurin-Léonard Duphot, ospite a Roma dell'ambasciatore francese presso la Santa Sede Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di Napoleone. La morte di Duphot fu usata da Napoleone come casus belli per l'invasione definitiva dello Stato pontificio. Il 10 febbraio 1798 le truppe francesi entrarono a Roma senza incontrare resistenza, dandosi al saccheggio dei tesori d'arte del Vaticano, proclamando decaduto il potere temporale del Papa e proclamando la Repubblica Romana.
Pio VI, nonostante fosse già anziano (80 anni), malato e provato da vent'anni di pontificato, rifiutò di riconoscere l'occupazione. La Francia, su ordine di Napoleone, inizialmente lo spogliò di tutti i beni e le rendite e accerchiò il Palazzo Vaticano e infine, il 20 febbraio 1798, lo arrestò ed esiliò conducendolo a Siena, nel Granducato di Toscana, che era uno Stato neutrale. Pio VI soggiornò nel convento di Sant'Agostino, lo stesso dove aveva soggiornato nel 1411 Gregorio XII, anch'egli esule da Roma, sulla strada per Rimini.
Quando a Roma si diffuse la notizia che il Papa era stato deportato, il 25 febbraio 1798 scoppiò una rivolta, di cui la Francia diede la responsabilità al clero romano. Vennero quindi arrestati quasi tutti i cardinali e i prelati di Curia che erano ancora rimasti in città, che rifiutarono di prestare giuramento alla Repubblica, finendo imprigionati nel monastero delle Convertite al Corso, poi trasferiti a Civitavecchia e anch'essi costretti a lasciare lo Stato Pontificio alla volta della Toscana. L'anziano Decano Giovanni Francesco Albani, lo stesso che 25 anni prima aveva consacrato il Papa, si rifugiò invece a Napoli.
Da Siena Pio VI pubblicò una bolla nella quale prescrisse ai cardinali di tenere il futuro Conclave nel luogo da loro ritenuto più idoneo e sicuro, anche fuori Roma, ma il 26 maggio 1798 la Toscana fu colpita da un fortissimo terremoto e il Papa venne condotto alla Certosa di San Casciano, 3 km a sud di Firenze. Le sue condizioni di vita furono così modeste che Pio VI, non potendo uscire dalla sua cella, perse l'uso delle gambe.
La Francia, però, considerava il Papa ancora troppo autonomo nella sua azione e Napoleone fece pressioni sul Granduca affinché fosse trasferito altrove. Visto che Ferdinando III prendeva tempo, nel marzo 1799 i francesi invasero il Granducato ed esiliarono il Granduca. Il 27 marzo Pio VI venne condotto a Bologna, città appartenente al soppresso Stato Pontificio ma ritenuta dai francesi anticlericale. Al contrario, tuttavia, Pio VI, esasperata dall'occupazione, la folla iniziò ad acclamarlo. Quando la notizia giunse all'orecchio di Napoleone, l'Imperatore prese la decisione di detenerlo direttamente in Francia, nonostante le sue precarie condizioni di salute. Sostò 13 giorni a Parma per poi giungere, dopo 22 giorni di marcia, a Torino, senza sapere quale fosse la destinazione finale: quando gli venne comunicato che era diretto in Francia, divenne convinto che sarebbe stato ghigliottinato. Valicate le Alpi al Passo del Monginevro, otto giorni dopo (dopo 29 di marcia) arrivò a Briançon, dove vennero allontanati anche i membri della Corte pontificia che lo avevano assistito personalmente dall'inizio dell'esilio. Dopo 50 giorni Napoleone, giudicando che Briançon fosse troppo vicina al teatro della guerra, ordinò di trasportare il Pontefice a Valence, obbligandolo ad altri 17 giorni di marcia.
Pur essendo in Francia, le cronache francesi riportano che in ogni città in cui si fermava, Pio VI veniva acclamato dalla popolazione, nonostante le contromisure prese dagli ufficiali francesi e per questo venne portato a Grenoble in piena notte: nonostante ciò, migliaia di persone scesero in strada per vederlo. Pio VI giunse infine, dopo oltre tre mesi di peregrinazioni, a Valence, dove venne definito “prigioniero di Stato” e dichiarato detenuto, vietandogli ogni comunicazione con l'esterno.
Dopo appena 40 giorni, ritenendo Valence troppo vicina ad Avignone, ex città pontificia, Napoleone stabilì che Pio VI avrebbe dovuto essere trasportato a Digione, nella Francia centrale, ma il sindaco si rifiutò, vista la celebrità per la propria città e i contributi statali che riceveva per le spese di mantenimento della Corte pontificia.
Il 19 agosto 1799 Pio VI si ammalò di un'alta febbre, non riuscì più ad alzarsi dal letto e morì nel pomeriggio del 29 agosto 1799, a 81 anni. I cardinali si riunirono a Venezia, città appartenente all'Austria e luogo del futuro Conclave. Il pontificato di Pio VI, con 24 anni, 6 mesi e 14 giorni, all'epoca era il più lungo della storia della Chiesa (oggi è il 4°, 5° contando anche San Pietro).
Il corpo del Papa rimase insepolto nel convento dove era morto per ben esattamente 5 mesi, chiuso in una semplice cassa di legno, per ordine di Napoleone. Il 29 gennaio 1800 Pio VI fu infine sepolto senza funerale, come un comune cittadino, nel cimitero di Valence. Sulla cassa fu scritto: "Cittadino Giannangelo Braschi, in arte Papa".
Il 14 marzo 1800 a Venezia il Conclave eleggeva come nuovo Papa il cardinale Barnaba Chiaramonti, che assunse il nome di Pio VII. Dopo quasi due anni, egli riuscì a persuadere la Francia a riconsegnare le spoglie a Roma. Il corpo venne riesumato la vigilia di Natale del 1801, imbarcato a Marsiglia per Genova ed esposto durante il tragitto a Pisa e Civitavecchia. Il corpo di Pio VI raggiunse infine Roma dove, il 17 febbraio 1802, vennero celebrati i solenni funerali, presieduti dallo stesso Pio VII. Era la prima volta che il funerale di un Papa veniva celebrato dal suo successore e sarebbe rimasta l'unica fino al 2023, quando le esequie di Benedetto XVI sono state celebrate da Papa Francesco. Sepolto nella Basilica di San Pietro, nel 1949 il corpo di Pio VI venne spostato in un antico sarcofago romano di marmo ritrovato durante gli scavi che avevano portato alla luce la Necropoli Vaticana.
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Di seguito l'elenco dei cardinali che parteciparono al Conclave del 1774/75:
- Decano → Fabrizio Serbelloni, 79 anni, cardinale vescovo di Ostia e Velletri, Legato apostolico emerito a Bologna e nunzio apostolico emerito
- Sottodecano → Giovanni Francesco Albani, 54 anni, cardinale vescovo di Porto - Santa Rufina, Segretario emerito della Congregazione per l'Immunità Ecclesiastica
- Camerlengo → Carlo Rezzonico, 49 anni, cardinale vescovo di Sabina, Vice Cancelliere emerito
- Protodiacono → Alessandro Albani, 81 anni, Prefetto della Congregazione delle Acque
- Enrico Benedetto Stuart, 49 anni, cardinale vescovo di Frascati, Arciprete della Basilica di San Pietro
- Lodovico Calini, 78 anni, Prefetto della Congregazione per le Indulgenze e le Sacre Reliquie
- Ludovico Maria Torriggiani, 76 anni, Segretario di Stato emerito
- Antonio Sersale, 72 anni, arcivescovo di Napoli
- Paul D'Albert de Luynes, 71 anni, Francia, arcivescovo di Sens
- Benedetto Veterani, 70 anni, Prefetto della Congregazione per l'Indice dei Libri Proibiti
- Giuseppe Maria Castelli, 68 anni, Prefetto della Congregazione de Propaganda Fide
- Francesco D'Elci, 67 anni, Uditore Generale emerito
- Gaetano Fantuzzi, 66 anni, Prefetto della Congregazione dell'Immunità Ecclesiastica
- Simone Buonaccorsi, 64 anni, Prefetto della Congregazione per la Disciplina dei Regolari
- Giovanni Ottavio Bufalini, 65 anni, vescovo di Ancona - Numana
- Andrea Negroni, 64 anni, Segretario dei Brevi Apostolici
- Antonio Branciforte Colonna, 64 anni, Legato apostolico a Bologna
- Carlo Vittorio delle Lanze, 62 anni
- Francisco de Solìs Folch y Cardona, 61 anni, Spagna, arcivescovo di Siviglia
- Antonio Eugenio Visconti, 61 anni, nunzio apostolico emerito
- Girolamo Spinola, 61 anni, Legato apostolico emerito a Ferrara
- Mario Compagnoni Marefoschi, 60 anni, Prefetto della Congregazione per i Riti e Arciprete della Basilica di San Giovanni in Laterano
- Gennaro Antonio De Simone, 60 anni, vescovo di Pesaro
- Cristoforo Migazzi, 60 anni, Austria, arcivescovo di Vienna
- Vincenzo Malvezzi Bonfioli, 59 anni, arcivescovo di Bologna
- Urbano Paracciani Rutili, 59 anni, arcivescovo di Fermo
- Giovanni Carlo Boschi, 59 anni, Penitenziere Maggiore
- François de Bernis, 59 anni, Francia, arcivescovo di Albi
- Antonio Casali, 59 anni, Prefetto della Congregazione del Buon Governo
- Giovanni Costanzo Caracciolo, 59 anni, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura di Grazia
- Francesco Saverio de Zelada, 57 anni, Segretario emerito della Congregazione del Concilio
- Giovanni Angelo Braschi, 57 anni, eletto Papa con il nome di Pio VI
- Pasquale Acquaviva d'Aragona, 56 anni, Presidente della Legazione di Urbino
- Domenico Orsini D'Aragona, 55 anni
- Lazzaro Opizio Pallavicini, 55 anni, Segretario di Stato
- Vitaliano Borromeo, 54 anni, Legato apostolico in Romagna
- Bernardino Giraud, 53 anni, arcivescovo di Ferrara
- Francesco Carafa della Spina di Traetto, 52 anni, Segretario emerito della Congregazione dei Vescovi e Regolari
- Marcantonio Colonna, 50 anni, Vicario per Roma e Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore
- Pietro Colonna Pamphilj, 49 anni, nunzio apostolico emerito
- Innocenzo Conti, 42 anni, nunzio apostolico emerito
- Andrea Corsini, 39 anni, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
- Scipione Borghese, 34 anni, Legato apostolico a Ferrara
- Giovanni Battista Rezzonico, 34 anni, Gran Priore per Roma del Sovrano Militare Ordine di Malta
Assenti
- Giovanni Francesco Stoppani, 79 anni, cardinale vescovo di Palestrina, Segretario dell'Inquisizione
- Ferdinando Maria De' Rossi, 78 anni, Prefetto della Congregazione del Concilio
- Giuseppe Pozzobonelli, 78 anni, arcivescovo di Milano
- Charles Antoine de la Roche Aymon, 77 anni, Francia, arcivescovo di Reims
- Louis Constantin de Rohan, 77 anni, Francia, principe-vescovo di Strasburgo
- Franz Konrad von Rodt, 68 anni, Germania, vescovo di Costanza
- Jean François de Rochechouart, 66 anni, Francia, vescovo di Laon
- Leopold Ernest Firmian, 66 anni, Germania, principe-vescovo di Passau
- Joao Cosmè da Cunha, 59 anni, Portogallo, arcivescovo di Evora
- Buenaventura Espinosa de la Cerda, 50 anni, Spagna, abate di Alcalà la Real
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