L'unica democrazia sviluppata del Medio Oriente, ma anche uno stato dalle politiche controverse nei confronti delle minoranze arabe. Il 14 maggio 1948 Israele, unico stato al mondo a maggioranza ebraica, ottiene l'indipendenza.
Per circa 1300 anni il territorio dove sorge l'attuale stato di Israele era occupato dall'Impero Ottomano, che nel 1914, allo scoppio della Grande Guerra, era schierato con gli Imperi Centrali. La Campagna di Mesopotamia, scatenata dall'Inghilterra nel novembre 1914, riguardò infatti gli attuali Iraq e Quwait e, con la sconfitta e il crollo dell'Impero, francesi e inglesi si spartirono i territori mediorientali. In particolare, la Società delle Nazioni affidò Libano e Siria ome protettorato alla Francia mentre Palestina, Transgiordania, Iraq ed Egitto all'Inghilterra, con quest'ultimo che diventerà indipendente già nel 1922.
La corona inglese, in particolare, aveva intenzione di creare due Stati per le popolazioni araba e israeliana oppure, in alternativa, una zona sotto controllo internazionale, ma nei fatti la forma del protettorato rimase sempre invariata. Nel 1921, per volontà di Winston Churchill, la Transgiordania (attuale Giordania) venne affidata all'emiro Abd'Allah, che aveva fiancheggiato gli inglesi durante la guerra, che ne divenne il primo re, il quale però doveva rendere conto delle proprie decisioni a Londra.
Parallelamente, l'Agenzie Ebraica per Israele iniziò ad acquistare terreni in Palestina e a incoraggiare l'immigrazione nei territori di popolazioni ebraiche, che passarono da 84mila a 360mila nell'arco di 15 anni, per poi toccare le 900mila nel secondo dopoguerra. Di converso, gli arabi musulmani erano circa 760mila e gli arabi cristiani 90mila.
Fu in questo periodo che iniziarono violenti scontri tra la maggioranza araba e la minoranza ebraica a causa della maggiore disoccupazione dei primi e dell'assegnazione dei territori più fertili ai secondi. L'atto più grave fu il massacro di Hebron del 1929, in cui gli arabi uccisero 67 ebrei ed espulsero la secolare comunità ebraica della città. Il commissario inglese Walter Russell Shaw si schierò apertamente dalla parte dei coloni, giustificando le rappresaglie ebraiche.
A metà degli Anni '30 il Comitato Supremo Arabo dichiarò uno sciopero generale di 6 mesi per chiedere indipendenza e fine dell'immigrazione ebrea. La risposta violenta degli ebrei portò allo scoppio di una vera e propria guerra civile, terminata a marzo del 1939 con 5000 caduti arabi, 400 ebrei e 200 britannici. Gli inglesi condannarono a morte 120 arabi, espellendo quelli rimasti.
Dall'altra parte, però, l'Inghilterra pubblicò il libro bianco del 1939, in cui poneva dei limiti all'immigrazione, consentita solo per altri 5 anni e per un massimo di 75mila coloni, e, abbandonata la soluzione dei due Stati, si impegnava alla creazione di un unico Stato indipendente arabo/ebraico nel giro di 10 anni. Tale documento, inapplicato a causa dello scoppio della guerra di lì a poco, non venne apprezzato nè dagli arabi, che volevano uno Stato solo arabo e la fine dell'immigrazione fin da subito, nè dagli ebrei, che lo ritennero troppo penalizzante e incentivarono l'immigrazione clandestina.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, gli ebrei si schierarono con gli Alleati mentre i gruppi arabi strinsero accordi con l'Asse per essere liberati dal protettorato inglese. In particolare, il muftì di Gerusalemme Amin al-Husayni incontrò Hitler e si appellò ai musulmani perché si arruolassero a fianco dei tedeschi.
Quando poi venne chiaramente alla luce l'enormità dell'Olocausto, il Regno Unito si espresse a favore di uno Stato ebraico per compensare il popolo ebreo dello sterminio e del sostegno delle popolazione ebraiche agli Alleati. Il 13 maggio 1947 le neonate Nazioni Unite decisero di istituire un Comitato Speciale per la Palestina (Uniscop), che comprendeva 11 nazioni senza includere i maggiori Paesi del mondo per garantire neutralità di giudizio: Canada, Cecoslovacchia, Guatemala, Paesi Bassi, Perù, Svezia, Uruguay, India, Iran, Jugoslavia e Australia. Alla fine, 7 membri votarono a favore di una soluzione con due Stati separati, 3 per uno Stato unitario federale e 1 si astenne. Il Comitato, tuttavia, riconobbe che era impossibile appoggiare solo una delle due fazioni in campo, così come trovare una soluzione che accontentasse entrambi. Le Nazioni Unite raccomandarono inoltre al Regno Unito di cessare il proprio mandato il prima possibile per non esacerbare ulteriormente la tensione, soprattutto dopo l'attentato al King David Hotel di Gerusalemme, sede del protettorato inglese e futura dimora di 3 monarchi esiliati, che aveva causato 91 morti. In totale, secondo il piano il 56% del territorio doveva essere assegnato agli ebrei, ossia quello dove si trovavano i maggiori insediamenti coloniali più una porzione di territorio desertico per una futura immigrazione.
Il 30 novembre 1947 la Risoluzione 181 delle Nazioni Unite approvò la spartizione della Palestina in due Stati, il controllo dell'Onu su Gerusalemme e la fine del mandato britannico entro il 1° agosto 1948. Le reazioni più indignate furono delle nazioni arabe, che lamentarono il fatto che a una minoranza venisse assegnata la maggioranza delle terre e fecero ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia, che respinse, ma anche gli ebrei non si dimostrarono soddisfatti a causa della discontinuità territoriale del loro Stato e della presenza araba in una terra considerata interamente ebraica.
Le tensioni iniziarono a salire alla vigilia della fine del mandato inglese, soprattutto perché gli ebrei mostravano di voler anticipare i tempi per consolidare i territori acquisiti, essendo in minoranza. Il 9 aprile 1948 l'attacco al villaggio palestinese di Deir Yassin, vicino a Gerusalemme, lasciò sul campo 107 civili arabi.
Il 14 maggio 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele. Il giorno successivo le truppe inglesi si ritirarono dai territori dei mandati e tutti gli Stati arabi circostanti (Egitto, Siria, Libano, Iraq e Giordania) attaccarono il neonato Stato, che riuscì a bloccare l'offensiva, fino all'armistizio del maggio 1949, con cui l'Egitto occupò la Striscia di Gaza, la Giordania la Cisgiordania e Israele la Galilea. Il 5 luglio 1950 Israele promulgò la Legge del Ritorno, con cui garantiva la cittadinanza israeliana a qualunque persona di discendenza ebraica nel mondo, purché vi si trasferisse con l'intenzione di rimanere.
Si aprì quindi una tensione mai sopita ancora oggi tra Israele e gli altri Stati arabi che lo accerchiavano. Nel 1952 Gamal Abd-El Nasser depose con un colpo di Stato il Re Faruk e divenne il primo Presidente dell'Egitto, nazionalizzando il Canale di Suez dagli inglesi, avviando la costruzione dell'enorme Diga di Assuan e l'avvicinamento politico all'Unione Sovietica. Israele, appoggiato da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, attaccò allora nel 1956 l'Egitto, annettendo Striscia di Gaza e Sinai.
Nel 1967 scoppiò un terzo conflitto, brevissimo, chiamato Guerra dei Sei Giorni: visto che Egitto, Siria e Giordania stavano ammassando truppe ai confini, Israele decise di intervenire preventivamente, occupando in brevissimo tempo Sinai, Golan, Gaza e Cisgiordania, oltre alla città di Gerusalemme e dei villaggi circostanti, con uno status speciale per Gerusalemme Est. La capitale di Israele ufficialmente è Gerusalemme, anche se tutte le principali nazioni hanno la propria ambasciata a Tel Aviv, principale centro finanziario del Paese.
Nel 1973 la quarta guerra scaturì da un attacco a sorpresa di Egitto e Siria durante la festività dello Yom Kippur, che Israele riuscì a ribaltare in breve tempo. Le ostilità tra Israele ed Egitto cessarono nel 1978 con gli Accordi di Camp David del 1978 sotto l'egida degli Stati Uniti, con cui Israele restituì il Sinai all'Egitto in cambio del formale riconoscimento del proprio Stato, che costò all'Egitto l'espulsione dalla Lega Araba. Nel 1993 gli Accordi di Oslo siglarono la pace (solo ufficiale) tra Israele e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, mentre nel 1994 fu la volta del trattato di pace con la Giordania. Nel 2005 Israele si è ritirato dalla Striscia di Gaza, lasciandone il controllo alle autorità palestinesi.
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