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130° - Morte di Louis Pasteur

Il fondatore della microbiologia, una delle principali figure in campo scientifico dell'Ottocento. Il 28 settembre 1895, a 72 anni, moriva Louis Pasteur, ideatore, tra le altre cose, del processo di pastorizzazione e  ideatore di vaccini contro colera, rabbia e carbonchio.

Il contributo di Louis Pasteur (1822 - 1895) alla scienza è stato enorme. È stato infatti l'ideatore della procedura di pastorizzazione degli alimenti per uccidere i patogeni senza deteriorare le sostanze e di vari vaccini contro malattie endemiche come colera, antrace e rabbia


Louis Pasteur nacque il 27 dicembre 1822 a Dole, in Francia, nella regione del Giura. Suo padre, Jean Pasteur, era un conciatore, veterano delle guerre napoleoniche, mentre la madre si chiamava Jeanne-Étiennette Roqui. Louis crebbe nella città di Arbois, dove iniziò gli studi ed espresse una predilezione per la filosofia. Siccome il piccolo collegio della città non disponeva di un professore di questa materia, Pasteur si trasferì a Besançon, dove si diplomò nel 1840 in lettere e in scienze. Il preside dell'istituto, viste le sue potenzialità, gli suggerì di fare domanda all'École Normale Supérieure di Parigi; all'esame risultò 14° e ammesso, ma non era soddisfatto del risultato. Si chiuse quindi in casa a studiare per un anno intero e l'anno successivo si classificò 3°.
Il 23 agosto 1847, dopo 7 anni all'Ecole, Pasteur sostenne due tesi in chimica e in fisica sul dimorfismo, ossia la capacità di alcune sostanze, come lo zolfo, di cristallizzare in due sistemi differenti, si laureò in entrambe e discipline e iniziò a insegnare fisica al liceo di Digione. Tuttavia, già l'anno successivo divenne professore di chimica all'Università di Strasburgo, dove incontrò Marie Laurent, figlia del direttore dell'università, che sposò e da cui ebbe 5 figli (solo 2 raggiungeranno l'età adulta).
Il suo primo studio accademico, datato 1854, si occupò della fermentazione delle bevande alcoliche e dei metodi per l'annientamento dei batteri talvolta presenti nei vini e nella birra, da cui iniziò a dedicarsi agli studi sulla generazione spontanea e sui microrganismi.
Il suo scopo, in realtà, non era scientifico ma patriottico: Pasteur sognava di dare, tramite il suo lavoro, una reputazione alla birra francese uguale se non superiore a quella tedesca. La birra, notò Pasteur, era molto più soggetta del vino a contrarre malattie: infatti mentre esistevano vini invecchiati a lungo, la birra doveva essere consumata in breve tempo, man mano che la si fabbricava, era meno acida e meno alcolica e aveva un maggior contenuto di zuccheri che l'esponevano a delle rapide alterazioni. Il problema stava dunque nella sua conservazione.
Nel processo di fabbricazione della birra, dopo l'infusione di malto e di luppolo si ottiene il "mosto di birra", raffreddato prima di essere distribuito in tini o in botti: a partire da questo momento, a una temperatura costante di circa 20 °C, inizia la fermentazione. Pasteur dimostrò che tutte le malattie della birra avevano come unica causa lo sviluppo di funghi microscopici, trasportati con la polvere nell'aria, che contaminavano le materie prime utilizzate per la fabbricazione.
Si poneva quindi il problema di trovare un metodo di conservazione alternativo. Pasteur provò con il calore, ma la birra era una bevanda carica di acido carbonico e il riscaldamento del liquido eliminava tale gas. Pasteur, tuttavia, fece ulteriori esperimenti che dimostravano che il problema veniva risolto quando la birra veniva imbottigliata: infatti, il riscaldamento a una temperatura di 50-55 °C non soltanto non toglie alla birra tutto il suo acido carbonico ma addirittura non blocca completamente la fermentazione. A questa operazione diede il nome di "pastorizzazione", che risultò in un nuovo tipo di birra "pastorizzata" .
Le malattie dei vini, secondo Pasteur, provenivano dai fermenti organizzati, dai piccoli vegetali microscopici da cui i germi si sviluppavano quando determinate circostanze di temperatura, variazioni atmosferiche o esposizione all'aria, permettevano la loro evoluzione. Dopo molti esperimenti, giunse alla conclusione che le alterazioni dei vini erano correlate con la presenza e moltiplicazione di queste vegetazioni microscopiche; il problema si riduceva quindi a opporsi allo sviluppo dei fermenti organizzati o vegetali parassiti, causa delle malattie dei vini e, per farlo, bastava portare il vino in pochi secondi a una temperatura dai 50 ai 60 gradi.

Dopo aver condotto i primi esperimenti sugli animali rabbiosi, il 6 luglio 1880 fu condotto da Pasteur un bimbo alsaziano di nove anni, Joseph Meister, morso 2 giorni prima da un cane rabbioso per 14 volte. Pasteur decise di provare a salvargli la vita con il suo trattamento e, dopo 13 giorni di iniezioni, Meister in effetti sopravvisse


L'8 dicembre 1862 fu nominato membro dell'Accademia delle Scienze e presentato all'Imperatore Napoleone III, divenendo assiduo frequentatore della corte di Parigi: due anni dopo, nel 1864, Pasteur vinse il premio dell'Accademia Francese delle Scienze per la dimostrazione della verità della teoria della biogenesi, a discapito della teoria della generazione spontanea. Gli organismi viventi, dimostrò Pasteur, si riproducono continuamente solo a partire da altri organismi viventi; tuttavia, la dimostrazione lasciava inspiegato (come lo è ancora oggi) l'unico caso certo di abiogenesi (creazione di materia vivente da materia non vivente), ossia quando la vita è comparsa sulla Terra. Se la membrana cellulare riusciva ad autoassemblarsi, era perché in realtà i mitocondri sono batteri con un proprio patrimonio genetico nonché si ipotizza e il nucleo è un virus assorbito a posteriori dalle cellule.
Qualche tempo dopo Pasteur, a soli 32 anni, viene colto dal primo di una serie di attacchi di ictus che lo tormenteranno per tutta la vita. Dopo un breve periodo di malattia, il governo della Francia gli chiese di abbandonare le ricerche teoriche e di concentrarsi su un problema concreto: una misteriosa malattia, avvistata per la prima volta in Italia nel 1850, che colpiva i bachi da seta con misteriose macchie nere, minacciando la produzione nazionale. La malattia si era estesa poi in Spagna e quindi in Europa, arrivando a toccare Egeo, Turchia e Grecia. Nel 1864 tutti i bachi da seta, da qualunque parte d'Europa venissero, venivano considerati malati o sospetti. Pasteur decise di sottoporre i corpuscoli dei bachi da seta a degli studi microscopici; il 26 giugno 1865 dichiarò di aver commesso un errore a cercare il male esclusivamente nelle uova o nei bachi, poiché potevano portare in sé il germe della malattia senza presentare dei corpuscoli distinti e visibili al microscopio. Si era infatti accorto che il male si sviluppava soprattutto nelle crisalidi e nelle farfalle e, per indagare ulteriormente, aveva bisogno di farfalle prive di corpuscoli. Per conoscere se fosse stato necessario soffocare i bozzoli e consegnarli per la filatura o conservarli per la riproduzione, Pasteur suggerì di applicare lo stesso metodo usato per birra e vino: elevare la temperatura di qualche grado per affrettare l'uscita delle farfalle ed esaminarle al microscopio.
Pasteur riuscì a individuare come causa un nuovo batterio, la pebrina, generato dalle spore di un mesozoo, ingerite dal baco con le foglie del gelso. La pebrina provocava l'atrofia del baco che non riusciva più a produrre  bava, il futuro filo di seta. Pasteur aveva quindi salvato la produzione europea di seta, che era sull'orlo del tracollo durante il periodo della diffusione del morbo, che aveva spinto gli europei a intraprendere viaggi e nuovi rapporti commerciali con Paesi asiatici come il Giappone alla ricerca di ceppi sani. Il governo italiano rimase colpito dalla genialità di Pasteur e, essendo un'industria strategica, gli offrì la direzione di un laboratorio e di un istituto di sericoltura a Milano, ottenendo un garbato rifiuto per il profondo attaccamento alla Francia.
Nel 1876 Pasteur si candidò alle elezioni per ottenere un seggio in Senato, ma a sorpresa, nonostante la sua fama, ottenne solo 62 voti e non venne eletto. Tornò quindi a dedicarsi ai suoi studi. Un altro problema che affliggeva l'economia francese era il colera, che dal 1880 si era esteso anche al pollame. Pasteur dimostrò che la virulenza di questo microbo era così grande che bastava la più piccola goccia di coltura, su qualche briciola di pane, per far morire i polli: il canale intestinale delle galline, infatti, era un eccellente mezzo di coltura per virus e l'animale si ritrovava senza forze, barcollante, con le piume sollevate, colpito da una sonnolenza invincibile, prima di morire. Pasteur, prendendo una vecchia coltura di qualche settimana prima e iniettandola alle galline, si accorse che esse portavano i sintomi della malattia, ma non morivano. Era la prima volta che un meccanismo simile al vaccino ideato da Edward Jenner contro il vaiolo nel 1796 per gli umani, veniva esteso agli animali.
Pasteur, sovvenzionato dal governo di Francia, visto il successo della sua idea si domandò se fosse possibile creare un vaccino anche per la malattia del carbonchio, che colpiva esclusivamente gli animali. Le spore del carbonchio, al contrario di quelle del colera, erano però assolutamente indifferenti all'aria atmosferica e conservavano una virulenza molto prolungata nel tempo. Anche Enric Toussaint, un giovane professore della Scuola veterinaria di Tolosa, stava conducendo esperimenti e aveva capito che si poteva indebolire il batterio grazie all'azione dell'acido fenico sul sangue infetto, ma il batterio, dopo un breve periodo, trasportato su altri animali, tornava alla virulenza originaria.
Pasteur quindi si mise alla ricerca di un vaccino che fermasse il batterio a tutti i gradi di virulenza e, dopo mesi di esperimenti, il 5 maggio 1881, nella fattoria di Pouilly-le-Fort organizzò il primo esperimento pubblico al mondo sull'efficacia di un vaccino. A 25 pecore vennero iniettate 5 gocce della coltura chiamata "primo vaccino"; 12 giorni dopo venne fatta la seconda inoculazione di un batterio attenuato, ma più virulento del primo e altri 12 giorni dopo, il 31 maggio, 50 pecore, tra cui le 25 precedentemente vaccinate, vennero inoculate con il liquido più virulento; queste ultime 25 furono le uniche a sopravvivere.

Louis Pasteur morì il 28 settembre 1895, a 72 anni, dopo l'aggravarsi di una paralisi dovuta a una serie di ictus che aveva subito a partire dal 1868. Ãˆ sepolto a Parigi, in una magnifica cripta in stile neobizantino all'interno dell'Istituto Antirabbico Pasteur di Parigi, che lui stesso aveva contribuito a fondare. Inizialmente il governo propose la sepoltura nel Panthéon Nazionale di Francia, ma sua moglie Marie declinò l'offerta


Pasteur dimostrò anche che l'attenuazione del batterio osservata da Toussaint era causata dal contatto con l'ossigeno dell'aria e spiegò che, se si fosse presa ciascuna di queste colture di virulenze attenuate come punto di partenza di colture successive, anch'esse avrebbero riprodotto la virulenza attenuata. Diventava quindi possibile, mediante colture artificiali, ottenere vaccini contro le malattie virulente che provocavano grandi perdite agli allevamenti. Come riconoscimento, la Francia lo insignì del Gran Cordone della Legion d'Onore, la più alta onorificenza della Repubblica. Qualche settimana Pasteur si recò a Londra, al Congresso Medico Internazionale, come rappresentante della Francia.
Mancava però, secondo lui, un tassello per consegnarlo all'eternità tra gli scienziati più geniali di sempre. C'era ancora una malattia di cui si discuteva ancora l'origine e di cui si sapeva pochissimo: la rabbia. Tutto quello che era noto era che il virus era contenuto nella saliva degli animali infetti, che si diffondeva con morsi e che il periodo di incubazione poteva durare da qualche giorno a parecchi mesi.
Pasteur, dopo alcune ricerche, scoprì invece che la rabbia non risiedeva soltanto nella saliva. Dopo varie prove, infatti, constatò che l
a maggioranza degli animali che avevano ricevuto sotto la pelle una inoculazione di materia cerebrale di cani arrabbiati soccombeva alla rabbia che questa materia agiva quindi meglio della saliva. Dunque Pasteur capì che l'ambiente più favorevole al virus era il cervello e decise quindi di tentare di creare un vaccino utilizzando parti di midollo. Prelevato un frammento del midollo di un coniglio che era morto di rabbia, lo sospese con un filo in un flacone sterilizzato in cui l'aria era mantenuta allo stato secco con dei frammenti di potassa caustica posti in fondo al vaso e notò che, con il passare dei giorni, man mano che il midollo si disseccava perdeva sempre più la sua virulenza. Il virus, divenuto inattivo, venne quindi tritato nell'acqua pura e inoculato sotto la pelle di alcuni cani che, al contrario di quelli non vaccinati, sopravvissero. La mattina del 6 luglio 1880 venne condotto da Pasteur un bimbo di 9 anni, Joseph Meister, morso 2 giorni prima da un cane rabbioso per 14 volte. Valutando l'altissima probabilità che il bambino morisse, Pasteur decise di provare a curarlo con il suo siero sperimentale, facendogli 13 iniezioni in 10 giorni, ognuna più forte della precedente. L'ultima iniezione conteneva la forma più virulenta, in grado di uccidere un animale in 7 giorni. Joseph sopravvisse, dimostrando che il nuovo trattamento antirabbico funzionava se applicato in tempi rapidi. Dopo ulteriori ricerche, il 1º marzo 1886, Pasteur tenne una conferenza all'Accademia delle Scienze che, su 350 persone sottoposte al trattamento preventivo, c'era stata 1 sola morte. Il governo rimase talmente impressionato che costruì immediatamente un Istituto Antirabbico, il primo al mondo, inaugurato il 14 novembre 1888 e intitolato proprio a Louis Pasteur, evento rarissimo per una personalità vivente.
Ritenendo di aver ormai scoperto tutto quello che c'era da scoprire nella microbiologia, per le sue forze e risorse, Pasteur si dedicò a cercare di migliorare le condizioni igieniche della chirurgia, che a suo dire erano addirittura regredite nel corso dell'Ottocento. Nei secoli precedenti, infatti, si faceva, senza saperlo, quella che lui chiamerà antisepsi, ovvero cauterizzazione delle ferite con fuoco, liquidi bollenti e sostanze disinfettanti. Abbandonata questa pratica, nel 1868 la mortalità in seguito alle amputazioni sorpassava il 60%. Pasteur si batté per dimostrare che non bisognava solo guardarsi dai germi nell'atmosfera ma anche a quelli presenti sulle superfici come le mani o gli strumenti dei chirurghi, che secondo lui erano la causa della maggior parte delle infezioni. Pasteur ideò una semplice procedura basata su semplici lavaggi sulle piaghe e i casi d'infezione e di morte si ridussero gradualmente ma drasticamente. 
I suoi studi dimostrarono che l'acqua e le spugne con cui si lavavano gli oggetti chirurgici e le garze con cui si ricoprivano le piaghe depositavano germi che si propagavano nei tessuti con una facilità estrema, provocando la morte. Per Pasteur era quindi fondamentale una difesa contro i microbi, che lui chiamò antisepsi, ottenuta tramite sostanze come acido fenico, sublimato, iodoformio e salolo. Pasteur fece un ulteriore passo in avanti introducendo anche il concetto di asepsi, ossia la pulizia assoluta di strumenti, mani e tutto ciò che avrebbe avuto un contatto con il ferito.
Le sue ricerche avviarono un florido filone di ricerca sull'antisepsi. Il chirurgo inglese Joseph Lister nel 1874 affermava che da 9 anni stava perfezionando il sistema antisettico e diede tutto il merito della scoperta di questo campo a Pasteur, affermando che "la chirurgia le è grande debitrice".
Circondato da un'enorme fama, Louis Pasteur morì il 28 settembre 1895, a 72 anni, a seguito di un ennesimo attacco di ictus. Era un fervente cattolico e sulla sua tomba venne incisa la frase: "Ho la fede di un contadino bretone e per il momento in cui morirò spero di avere la fede della moglie del contadino bretone".

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