Una temporanea soluzione dello scisma d'Oriente, che finirà in realtà per acuirlo ancora di più. Il 17 luglio 1274 Gregorio X chiudeva il Secondo Concilio di Lione, 14° Concilio ecumenico della Chiesa, in cui venne pronunciata la professione di fede che temporaneamente ricucì lo scisma.
Alla base del Secondo Concilio di Lione c'era soprattutto il tentativo di ristabilire l'unità religiosa con la Chiesa ortodossa, ricercata con vani tentativi lungo tutto il XIII secolo. Era infatti il 1054 quando Papa Leone IX lanciò la scomunica al patriarca Michele I Cerulario e quest'ultimo, a sua volta, rispose con un proprio anatema, dopo un lungo periodo di progressivo distanziamento fra le due Chiese.
Nel 1261, 13 anni prima del Concilio, l'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo aveva riconquistato la città di Costantinopoli e ristabilito contatti con il papato per motivi politici: rafforzare la sua posizione per evitare la reazione dei latini e la minaccia di una invasione angioina. Così, nella politica dell'Impero Romano d'Oriente, l'unità religiosa diventava strumento per raggiungere la pace con l'Occidente cattolico. Tuttavia, oltre alle motivazioni politiche, si cercò comunque di arrivare all'unità anche sul piano teologico/ecclesiale attraverso legazioni, scambi di lettere, discussioni, memoriali.
Il 4 marzo 1267 Papa Clemente IV (al secolo Guy Foucois, francese), in risposta alle richieste di unione e di pace da parte di Michele VIII, gli inviò una lunga lettera assieme a una professione di fede, che l'imperatore bizantino e tutta la Chiesa d'Oriente avrebbe dovuto sottoscrivere. Questa professione di fede prevedeva l'accettazione del Filioque (ossia della dottrina che prevede che lo Spirito Santo discende dal Padre e dal Figlio congiuntamente, pronunciata nel Credo) e del primato giurisdizionale del Papa di Roma sulla Chiesa orientale, la comunione con pane azzimo e l'inquadramento dei Patriarchi orientali come delegati del Papa di Roma.
Il 29 novembre 1268 Clemente IV ebbe un improvviso malore e morì in odore di santità dopo appena 3 anni di pontificato a Viterbo, dove aveva trasferito la corte pontificia. Tuttavia, gli appena 19 cardinali riuniti a Viterbo per eleggerne il successore si trovarono in grande disaccordo tra loro a causa di profonde divisioni politiche e nazionalistiche. Poiché dopo un anno e mezzo le votazioni continuavano a susseguirsi senza esito , esplosero lo sdegno e l'insofferenza dei viterbesi che, guidati dal Capitano del Popolo Raniero Gatti, segregarono i cardinali nella grande sala del Palazzo Papale senza contatti con l'esterno, quindi ridussero loro il vitto e infine addirittura scoperchiarono il tetto della sala pur di farli arrivare ad un accordo. La segregazione venne successivamente ridotta ma i cardinali impiegarono comunque altri 15 mesi, per un totale di ben 3 anni (la più lunga Sede Vacante di sempre), per accordarsi sul nome di Tedaldo Visconti, il 1° settembre 1271. Si trattava di un semplice frate domenicano che si trovava a San Giovanni d'Acri come predicatore, nell'ambito della Nona Crociata, al seguito di Re Edoardo I d'Inghilterra. Raggiunto dopo settimane dai messi papali, accettò l'elezione, assunse il nome di Gregorio X e tornò in Italia.
Non a caso, Gregorio X fu l'autore di norme precise che regoleranno l'elezione dei Papi, la cui ossatura resiste fino ad oggi nella forma del Conclave. Gregorio, ispirato da San Bonaventura da Bagnoregio, promulgò infatti la Costituzione Apostolica Ubi Periculum (16 luglio 1274), che prevedeva che, entro 10 giorni dalla morte del papa, i cardinali elettori si riunissero, ciascuno con un solo accompagnatore, in una sala del palazzo ove risiedeva il defunto pontefice e venissero lì segregati senza alcun contatto con l'esterno. Trascorsi 3 giorni, ai cardinali doveva essere ridotto il vitto ad una sola pietanza per pasto, passando dopo altri 5 giorni a pane, vino e acqua. Inoltre, durante l'elezione, tutti i redditi ecclesiastici dei cardinali venivano trattenuti dal cardinale Camerlengo, che li avrebbe poi messi a disposizione del nuovo Papa. La Ubi Periculum mirava quindi a impedire ai cardinali i contatti con l'esterno che avevano influenzato e alterato molte precedenti elezioni. Diversi cardinali mal digerirono le nuove norme, che verranno sospese da Adriano V nel 1276 e revocate dal successore Giovanni XXI pochi mesi dopo.
Saranno altri due Papi che avevano ben conosciuto e stimato Gregorio X a ripristinarle: il morigerato Celestino V le reintrodusse nel 1294 e papa Bonifacio VIII, nel 1298, inserì integralmente la Ubi Periculum nel Codice di diritto canonico.
Nel 1272 Gregorio X, dopo 5 anni di stop alle trattative, inviò una delegazione a Costantinopoli, composta da quattro frati francescani, manifestando la sua volontà di convocare un Concilio per l'aiuto alla Terra Santa, per la riforma dei costumi e per raggiungere l'unità. L'imperatore Michele VIII avrebbe tuttavia dovuto prima accettare la professione di fede inviatagli 5 anni prima da Papa Clemente IV con un solenne giuramento. Nel Concilio non sarebbe stata discussa né formulata alcuna professione di fede, ma semplicemente rafforzata pubblicamente l'unità delle due Chiese. Gregorio X scrisse anche al Patriarca di Costantinopoli Giuseppe I e ad altri prelati bizantini per spronarli all'unione e a sostenere l'intento dell'Imperatore.
A queste condizioni, tuttavia, un ritorno all'unione significava accettare in toto le prescrizioni di Roma, dimenticando tutta la tradizione ecclesiale, dottrinale e patristica orientale. Autorità ecclesiastiche, monaci e popolo bizantino, già mal disposti verso l'Occidente e la sua teologia, respinsero con forza la proposta papale. L'Imperatore Michele VIII, per calcolo politico, la impose quindi con la forza, autorizzando violenze e persecuzioni, che portarono a una radicalizzazione delle posizioni e a una forte opposizione antiunionista. L'Imperatore riuscì a convincere un folto gruppo di metropoliti e vescovi greci ad accettare la professione di fede di Papa Clemente IV, con il chiarimento che essa non significava per i bizantini alcun cambiamento ecclesiologico o nella vita ecclesiale concreta, né alcuna modifica o aggiunta al testo greco del Credo. Nel febbraio 1274, nel Palazzo Imperiale di Costantinopoli, l'Imperatore, i metropoliti e i vescovi giurarono e proclamarono la professione di fede di Papa Clemente IV. A questo punto, il papa Gregorio X convocò il Concilio scegliendo come sede Lione, in Francia, e invitando ufficialmente la delegazione bizantina.
La preparazione del concilio era stata affidata a San Bonaventura da Bagnoregio, il teologo più influente della Chiesa dell'epoca, che per questo incarico nel 1273 era stato creato cardinale vescovo della diocesi suburbicaria di Albano. Il Concilio sarebbe stato strutturato in modo che i pochi teologi ortodossi non avessero gran voce in capitolo, con una netta prevalenza della teologia occidentale.
Il pontefice invitò anche San Tommaso d'Aquino per presentare il suo trattato Contro gli errori dei Greci (composto su richiesta di Urbano IV) ed esprimersi anche sulla questione del Purgatorio, che aveva affrontato nella sua Summa Theologiae). Tommaso, tuttavia, partito da Roma, si ammalò ben presto e morì nell’abbazia cistercense di Fossanova, nel Lazio, il 7 marzo 1274, a circa 50 anni.
Gregorio X inaugurò quindi i lavori del Concilio il 7 maggio 1274, a distanza di 29 anni da quello tenutosi nella stessa città e convocato da Innocenzo IV, che aveva proclamato deposto Federico II e proclamato la Settima Crociata. Nella prima seduta il Papa aveva dichiarato i tre obiettivi del Concilio, già annunciati due anni prima all'imperatore Michele VIII: aiuto alla Terra Santa, unione con gli ortodossi e riforma dei costumi. La delegazione ortodossa era assente, sarebbe arrivata solamente quasi 3 mesi dopo.
Già nella seconda sessione, il 18 maggio, apparve tuttavia chiaro il carattere "papale" del Concilio, che non prevedeva discussioni o interventi. Il pontefice presentò un testo già preparato in precedenza, la costituzione Zelus Fidei, con la richiesta di decime in favore della Terra Santa. Tale documento venne semplicemente letto, senza interventi o approvazioni da parte dei padri conciliari. In esso venivano fissate le somme che ogni Nazione doveva versare per aiutare la Terra Santa, ricordando che le vittorie degli infedeli rappresentavano uno scandalo per i cristiani e venivano stabilite norme per evitare problemi alla spedizione militare (ad esempio contro la pirateria o la mancanza di pace fra i Re cristiani.
Il 4 giugno si svolse la terza sessione del Concilio, durante la quale furono presentate e lette 12 costituzioni di riforma, rivolte soprattutto a clero e laici. Il 24 giugno arrivò a Lione la delegazione bizantina, accolta con solennità e fastosità, composta da due vescovi e dal segretario dell'Imperatore. Nella solenne messa papale del 29 giugno il simbolo di fede fu cantato nelle due lingue, latina e greca, e si cantò per tre volte il Filioque. Inoltre, la dottrina del Filioque fu inserita fra i pronunciamenti dottrinali del Concilio e da allora è ufficialmente una verità di fede appartenente al Magistero della Chiesa Cattolica.
Il 4 luglio giunse a Lione anche una delegazione dei Tartari e uno dei suoi membri il 16 luglio ricevette solennemente il battesimo. Il 6 luglio si svolse infine la quarta sessione del Concilio, dedicata all'unione con i greci. Papa Gregorio X, dopo aver riassunto tutti i negoziati precedenti, affermava che i greci "venivano liberamente all'obbedienza della Romana ecclesia". I delegati greci ripeterono l'atto di obbedienza e professione di fede, già formulato dall'imperatore a Costantinopoli nel mese di febbraio. Seguì il canto solenne del simbolo niceno/costantinopolitano con l'aggiunta del Filioque (cantato due volte). Lo Scisma d'Oriente del 1054 si ricomponeva dopo quasi due secoli, almeno per il momento.
Durante la quinta sessione, il 16 luglio, l'assemblea conciliare approvò la costituzione Ubi Periculum, che fissava nuove norme relative al Conclave. Il 17 luglio 1724 Gregorio X chiudeva ufficialmente il Concilio, trattenendosi però a Lione. Il Concilio successivo sarebbe stato aperto a Vienne da Papa Clemente V nel 1311.
Se il Concilio ebbe risultati rilevanti riguardo all'approvazione delle norme relative al Conclave e al sollecitare il sostegno verso la Terra Santa, fallì nell'unione tra ortodossi e cattolici. L'atto di unione, infatti, non poteva avere vita lunga, visto che venne calato dall'alto, senza il sostegno di clero e popolazione. In occasione dei 500 anni dal Concilio, Paolo VI nel 1974 ricorderà che l'unione fu siglata "senza dare alla Chiesa greca la facoltà di esprimere liberamente il proprio parere in questa materia. I latini infatti scelsero il testo e le formule che riproducevano la dottrina ecclesiologica elaborata e composta in Occidente".
L'atto di unione durò infatti finché vissero i suoi protagonisti. Gregorio X lasciò Lione solo a fine aprile 1275, a 9 mesi dalla chiusura del Concilio. Intraprese una lunga strada, passando per Beaucaire, dove chiese ad Alfonso X di Castiglia di desistere dal rivendicare le sue mire sulla corona imperiale, e da Losanna, dove incontrò l'Imperatore Rodolfo I d'Asburgo. Il suo stato di salute peggiorò sulla via del ritorno per colpa di un'ernia inguinale. Il Papa non poteva affaticarsi e, durante i viaggi, era costretto a periodiche soste come a Santa Croce al Mugello, ospite nel Castello degli Ubaldini. Tra il 19 e il 20 gennaio 1275 giunse ad Arezzo, dove le sue condizioni si aggravarono con febbri alte. Morì nel palazzo vescovile di Arezzo il 10 gennaio 1276, a 65 anni e le sue spoglie riposano in una pregevole arca sepolcrale nel duomo di Arezzo. È stato beatificato da papa Clemente XI nel 1713 e a suo nome è intitolato l'Istituto di Scienze Religiose di Arezzo.
Dopo la sua morte, il papato visse un periodo di forte instabilità: Innocenzo V (il domenicano francese Pierre de Tarentaise) durò solo 5 mesi, seguito da Adriano V (Ottobono Fieschi), morto senza essere incoronato nè tantomeno ordinato sacerdote dopo soli 38 giorni. Anche il portoghese Pedro Julião Rebolo (unico Papa portoghese nella storia), eletto Papa come Giovanni XXI, morì nel crollo di un soffitto del Palazzo Papale di Viterbo dopo 8 mesi esatti dall'insediamento, a soli 57 anni. Porteranno stabilità solamente l'elezione di Niccolò III (Giovanni Gaetano Orsini), durato 3 anni (1277 - 1280), e il successore Martino IV (il francese Simon de Brion), eletto Papa il 22 febbraio 1281. Erano passati solo 7 anni dalla chiusura del Concilio e si erano avvicendati ben 6 Papi.
La situazione era critica anche nell'Impero Romano d'Oriente. L'imperatore Michele VIII, infatti, continuava a imporre con la forza la fede cattolica, in cui nessun suo suddito credeva e accettava, così come la maggior parte del clero. Martino IV, amico e alleato del Re francese Carlo d'Angiò, nemico dei bizantini, scomunicò Michele VIII il 18 ottobre 1281 per eresia e scisma senza alcun avvertimento, sostanzialmente cancellando l'Unione di Lione, con l'accusa di non saper imporre la riunificazione. Adottando come pretesto la scomunica papale, Carlo d'Angiò preparò un poderoso corpo di spedizione composto da una flotta di oltre 400 navi per invadere l'Impero Bizantino, che avrebbe potuto trasportare in Grecia oltre 8000 cavalieri. La Francia aveva come alleati Venezia, Serbia, Bulgaria, Epiro e Tessaglia, mentre i bizantini nessuno. Gli unici che risposero all'appello di Michele VIII furono il sultano mamelucco d'Egitto, che promise di noleggiare parte della sua flotta, e i mongoli del Khanato dell'Orda d'Oro, che promisero di intervenire se serbi e bulgari avessero invaso i confini imperiali. L'Imperatore Rodolfo d'Asburgo non volle intervenire, mentre alla fine il Regno d'Aragona accettò. Infatti, il Re d'Aragona Pietro III era sposato con Costanza di Sicilia, figlia di Manfredi (figlio di Federico II di Svevia) e pertanto considerava Carlo d'Angiò un usurpatore del Regno di Francia, che legittimamente sarebbe dovuto passare alla moglie.
Prima che Carlo d'Angiò potesse salpare, per Bisanzio, comunque, il 30 marzo 1282 scoppiò a Palermo la rivolta dei Vespri Siciliani. Dapprima il Re si limitò ad inviare quattro navi ma poi, quando i ribelli conquistarono Messina, diede ordine di utilizzare gli uomini ed i mezzi che aveva radunato per la spedizione contro Bisanzio. Poco dopo decise di partire lui stesso per assediare Messina ma si trovò di fronte allo sbarco dell'esercito aragonese di Pietro III il quale, grazie al denaro fornito dall'imperatore bizantino, aveva provveduto ad armare una flotta ed un esercito per conquistare la Sicilia. In risposta a ciò, Papa Martino IV, il 18 ottobre 1282 riscomunicò Michele VIII insieme a Pietro III.
Partito per il fronte per combattere serbi e macedoni dopo la perdita di Skopje, Michele VIII morì l'11 dicembre 1282, a 58 anni.
Gli succedette sul trono imperiale il figlio Andronico II. Inizialmente fautore della linea del padre, si trasformò ben presto in antiunionista quando il Martino IV si alleò con il nemico francese. Il nuovo Imperatore sconfessò la professione di fede pronunciata dal padre a Lione, rifiutando ogni contatto con l'Occidente e l'atto di Lione. Nel 1283 Andronico II convocò il Concilio di Brussa, a seguito del quale dispose il ripudio dell'unione e fece richiamare il popolare Patriarca Giuseppe I, esiliato alcuni anni prima in un monastero a causa della sua opposizione alla politica religiosa del padre.
Insomma, il Secondo Concilio di Lione avrebbe dovuto ricostruire l'unità ma finì invece per approfondire il solco politico e religioso, tra Oriente e Occidente cristiano.
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